Parte 25 Anno 2015 Gianna

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Otto del mattino. Puntuali suoniamo al campanello vicino al portone della caserma.

Sono ventiquattro ore che Erika è scomparsa. Diciannove ore dal suo ultimo messaggio. E quattordici ore dal momento che mi sono resa conto che era scappata di casa. Le ore più lunghe e angoscianti della mia vita.

Il maggiore Galli ci riceve nello stesso ufficio di ieri sera. Ritrovo tutto esattamente come lo ricordavo. Le scartoffie sulla scrivania, la penna abbandonata su uno dei documenti, il computer coi pesciolini che nuotano tra le bollicine. Come se il tempo non fosse passato da questo angolo dell'universo.

Mi chiedo se il maggiore sia riuscito a dormire stanotte, ha delle brutte occhiaie. Probabilmente non è nemmeno tornato a casa. Indossa la stessa mise di ieri. L'unica differenza evidente è l'ombra della barba crescente che gli scurisce il viso.

"Buongiorno, signora Romeo. Vedo che è puntuale. E' riuscita a riposare qualche ora?"

"Non proprio"

"Allora siamo in due. E' stata una notte particolarmente impegnativa anche per noi"

Dette queste poche parole fissa con aria seria Stefano, al quale, fino ad ora, non aveva rivolto nemmeno un saluto.

"Lei è?"

"Stefano Mancini"

"Ah, il famoso Stefano Mancini. <Individuo irascibile e volubile dall'aria poco affidabile>. Così l'hanno descritta i colleghi di Pisa nel loro rapporto. Descrizione non esattamente rassicurante, non trova? Ci hanno riferito del comportamento poco consono che ha manifestato ieri sera. Ci ha raggiunto per creare scompiglio anche qui a Milano?"

"Le posso assicurare che le mie intenzioni erano tutt'altro che cattive Maggiore. A volte quando si è sotto shock, si agisce senza pensare"

"In molti casi, non ci si può permettere il lusso di non pensare, signor Mancini. Tanto più visti i suoi precedenti, ci si aspetterebbe che lei avesse imparato questa lezione già da tempo!"

Stefano lo guarda in cagnesco, ma non risponde nulla. Stanca dei loro battibecchi li interrompo:

"Ci dica Maggiore, ci sono novità?"

"Signora Romeo, parlerò con lei delle novità non appena il signor Mancini lascerà questa stanza"

"Come? Ma io sono il padre! Ho il diritto di sapere a che punto siete con le ricerche!"

"Signor Mancini, la notte è stata lunga e ho avuto tutto il tempo per fare ricerche sul suo conto. Immagino che non ci sia bisogno di aggiungere altro. Mi spieghi solo cosa ci fa lei qui?"

"Gliel'ho detto! Sono il padre di Erika ed è mio diritto..."

"Lei ha deciso di farmi arrabbiare questa mattina, vero? O forse ha perso la memoria?! Vuole che gliela rinfreschi?"

Vedo Stefano sudare freddo, mentre io mi sento soffocare da una morsa allo stomaco. 

Nel trambusto non ho minimamente pensato a...

Approfittando dell'attimo di silenzio, il maggiore legge dal computer a voce alta e risonante:

"<15 Settembre 2010. Divieto di avvicinamento alla signora Gianna Romeo e alla figlia Erika Mancini, con conseguente decadenza della potestà genitoriale nei confronti di Erika Mancini>. Si ricorda ora?"

Stefano ha lo sguardo perso nel vuoto. Non riesce più a dire nulla, mentre il maggiore con una certa meschinità gli inferisce il colpo di grazia:

"Nessuno può negare che lei sia stato il padre adottivo di Erika per un periodo, ma pare che lei abbia in seguito deciso di giocarsi quell'opportunità che la vita le aveva regalato nel modo peggiore! Dunque se non vuole che la faccia arrestare, le consiglio di lasciare immediatamente questa caserma, se non addirittura questa città!".

A quelle parole non posso fare a meno di ripensare al tono supplichevole di Stefano di ieri sera: <Permettimi di starti vicino Gianna> e all'exploit di questa mattina: <Non bevo più>.  E per la prima volta dopo anni, mi sento intervenire in sua difesa:

"Maggiore. Stefano ha fatto dei terribili errori in passato. E ne sta ancora pagando le conseguenze. Ma credo che in queste circostanze particolari si potrebbe fare un'eccezione alla regola. Non si potrebbe sospendere l'ingiunzione fino a nuovo ordine?"

"Signora Mancini, capisco che lei in questo momento si senta sola, ma non credo che sia il caso di lasciarsi abbindolare da quest'uomo. Non vede che si sta approfittando del suo momento di fragilità per infrangere impunemente un mandato?"

"Maggiore, davvero, non credo che sia questo il suo obiettivo. Direi piuttosto che siamo al cospetto di un uomo pentito che vuole sinceramente aiutare con le ricerche. Qualora dovesse rivelarsi necessario allontanarlo, può star certo che sarò la prima a dare l'allarme"

"In tutta onestà, io continuo a dissentire. Tuttavia essendo lei la parte offesa, se decidesse di ritrattare l'ingiunzione, sarebbe un suo diritto farlo"

"Vorrei una sospensione dell'ingiunzione, maggiore. Almeno fin quando non si rendesse necessario ripristinarla"

"Tenente metta a verbale. Non abbiamo altro tempo da perdere con questa storia. Veniamo al dunque.  Stanotte i nostri agenti hanno tenuto d'occhio sia la stazione di Pisa che di Milano e hanno setacciato le strade principali di entrambi le città.  Al momento non abbiamo ancora notizie.  Ma le ricerche stanno andando avanti.  Abbiamo diffuso la foto di Erika su tutto il territorio nazionale tra le forze dell'Arma.  Per il momento non riteniamo necessario coinvolgere i media.  Ma la decisione sarà rivalutata tra quarantotto ore, se mai non dovessimo ritrovare la ragazza prima"

Le sue parole mi stordiscono. Non riesco a dire niente. Ho solo la forza di annuire, mentre lo osservo frastornata.

"Signora, lei dovrebbe mettersi in contatto con tutte le persone dove Erika potrebbe essersi rifugiata. Compagni di classe. Parenti. Amici. Eventuali fidanzatini. Dobbiamo cercare di ricostruire i suoi movimenti per capire dove possa essere in questo momento"

"Mi scusi maggiore", interviene Stefano, "Ieri sera Erika ha acceso il cellulare, potete risalire alla posizione?"

Di malavoglia, ancora infastidito con lui, gli risponde: "Potremo farlo solo nel caso in cui riaccenda nuovamente il telefono"

"Ok. Grazie" replica Stefano ammansito.

Lasciando la caserma mi dirigo decisa a scuola con Stefano al seguito, con il quale decidiamo di non riprendere l'argomento scottante del provvedimento giudiziario.

Chiedo alla segretaria di chiamarmi Floriana Morelli per una comunicazione urgente. Dopo una decina di minuti vedo Flo venire verso la segreteria con passo incerto. Non appena mi riconosce mi corre incontro e mi abbraccia scoppiando a piangere. Questo suo gesto commuove anche me e ci ritroviamo entrambe in lacrime.

"L'ha fatto davvero?" mi dice lei con voce tremante.

"Che cosa Flo? Che cosa sai che io non so?"

"E' andata a cercare suo padre?"

"Sì. Ma non è più tornata!"

Un desiderio dentro al cuoreDove le storie prendono vita. Scoprilo ora