Parte 2 Anno 2015

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GIANNA

"Centododici"

"Devo denunciare una scomparsa"

"Chi è scomparso?"

"Mia figlia. Mia figlia è scomparsa!" - sento la mia voce tremare. Il cuore mi batte all'impazzata.

"Si calmi signora. Quanti anni ha sua figlia?"

"Quindici"

"E da quante ore è scomparsa?"

"Non lo so. L'ultima volta che l'ho vista è stato ieri sera intorno alle ventidue. Mi ha detto che andava a dormire presto e si è chiusa in camera. Succede spesso. Quindi non ci ho dato molto peso. Ma stamattina non l'ho vista scendere per la colazione. Pensavo si fosse addormentata. Forse non aveva sentito suonare la sveglia. Sono andata a chiamarla. La stanza era vuota. Il letto in ordine, come se non ci avesse neanche dormito. Ho paura che se ne sia andata ieri sera senza che io me ne accorgessi".

"Sua figlia ha un cellulare? Ha provato a contattarla telefonicamente?"

"Ce l'ha spento! Ma lo tiene sempre spento quando è a scuola..."

"Signora, potrebbe essere che sua figlia sia uscita prima di casa senza avvisarla? Forse è semplicemente andata a scuola un po' prima"

"Non lo so. Ma le dico, che il letto era intatto, esattamente come lo avevo lasciato io ieri. Erika non è il tipo da rifarsi il letto e quando lo fa, non è mai perfetto. C'è sempre il lenzuolo che spunta da fuori il piumino o il cuscino messo storto. O qualcosa del genere. E' mia figlia. La conosco bene la differenza tra un letto rifatto da lei e un letto rifatto da me! Le dico che quel letto non è stato toccato la scorsa notte. Erika non ha dormito a casa!" - la mia agitazione è crescente, mentre dall'altra parte l'apatia, mascherata da moderazione, è sempre più snervante.

"Ad ogni modo non sono ancora passate le ventiquattro ore dalla scomparsa, quindi le consiglierei di aspettare e vedere se la ragazza torna. Potrebbe essere andata da qualche sua amica".

"E secondo lei io dovrei rimanere qui ad aspettare, mentre là fuori, forse c'è qualcuno che ha sequestrato mia figlia?"

"Ha trovato la serratura della porta forzata o qualche finestra danneggiata? Ci sono segni in casa che potrebbero darle ragione di credere che si tratti di un sequestro?"

"Uhm, no. No. Finestre chiuse e porte chiuse".

"Porta chiusa a chiave regolarmente, quindi?"

"Sì"

"Signora si tranquillizzi, sua figlia sarà uscita di casa prima del solito e presto la vedrà tornare. In caso contrario ci richiami".

Ok. Forse ha ragione il carabiniere. Forse è solo uscita di casa prima. Ma io potrei scommetterci che non ha dormito in quel letto. Potrei scommetterci. Non posso aspettare che passino ventiquattro ore. Devo andare a cercarla a scuola e assicurarmi che si sia "solo" dimenticata di avvisarmi che stamattina sarebbe uscita prima di casa.

Non ho idea di dove si trovi la sua classe, e comunque mi odierebbe per tutto il resto della sua vita, se piombassi nella sua classe all'improvviso durante l'orario di lezione. Chiederò in segreteria di farla chiamare.

"Buongiorno, posso esserle utile?"

"Sì, sono la mamma di Erika Mancini, della seconda B. Avrei bisogno di mettermi urgentemente in contatto con mia figlia per una questione familiare. Potrebbe farla chiamare per cortesia?"

"Certo. Aspetti un attimo"

Sono i dieci minuti più lunghi della mia vita. Quando vedo spuntare quella faccia di tolla di mia figlia, con un'espressione infastidita, vorrei avventarmi su di lei e dargliene tante... Quelle per questa volta, insieme a tutte quelle che non gli ho mai dato quando avrei dovuto.

Ha persino il coraggio di chiedermi:

"Che ci fai qui?"

"Che ci faccio qui?" - sono sul punto di esplodere, ma quando mi accorgo che la segretaria ci sta guardando con interesse attendendo curiosa il litigio, decido di non voler soddisfare le sue aspettative.

"Vieni un attimo fuori".

"Non posso. Devo tornare in classe. Siamo a scuola in caso non te ne fossi accorta!"

Al diavolo la segretaria curiosa, non posso non dirle nulla:

"Erika, hai idea dello spavento che mi hai fatto prendere sparendo senza avvisare? Perché non mi hai avvertito che saresti uscita prima stamattina?"

"Non volevo svegliarti"

"Grazie mille per la premura. Ma potevi almeno scrivere un biglietto!"

"Non ci ho pensato. Hai finito ora?"

"Certo. Ci vediamo più tardi. Torni al solito orario?"

"Ma cosa sei una carceriera che mi devi pure controllare a che ora esco e a che ora entro?"

"Certo che no! Ma se permetti vorrei avere dei parametri che mi permettano di capire se mia figlia sta bene oppure no".

"Sì vabbè. Devo andare. Ciao"

"Ciao" - dico esasperata.

Vedo la segretaria che mi guarda. Non posso fare a meno di chiederle:

"Lei ha figli?"

"Una. Di due anni"

"Si goda quell'età, perché non torna più"

ERIKA

Ieri sera quando sono uscita di casa, ero davvero intenzionata a non tornare. Volevo andare da lui. Volevo andarlo a cercare. Lo avrei guardato dritto negli occhi e gli avrei detto:

"Ora dimmelo in faccia papà! Dimmi che non mi vuoi bene"

Quando sono arrivata in stazione, ero pronta a partire. Ma l'ultimo treno per Pisa era alle 21.10 e io non sono riuscita a liberarmi dalla morsa di mia madre, fino alle 22. Non so che devo fare con quella donna! Mi sta sempre addosso! Non mi lascia libera di prendere le mie decisioni. Di fare la mia vita. Di andare a cercare mio padre. Dice che non è il caso. Ma che ne sai lei di quali sono i miei bisogni? Io ho bisogno di parlare con lui! Sono arrivata in stazione a pelo, prima che chiudesse la biglietteria, solo per scoprire che il treno successivo per Pisa, era quello delle 6.10 del mattino. Non avevo mai dormito in stazione. E non avrei mai immaginato ci fosse così tanta gente che ci dormisse! Ora capisco perché hanno messo i cancelli. Mi sembrava un'esagerazione. Ma stanotte sono stata grata a quei cancelli. Ho avuto paura. Non sono riuscita a chiudere occhio. Quante brutte facce si vedono in stazione di notte. Mi sono seduta vicino una famigliola felice che attendeva il treno per Napoli, facendo credere ai passanti, che facevo parte anche io di quel quadretto.

Alle 6.10 quando ho avuto davanti a me il treno, non ce l'ho fatta. Era come se i miei piedi si fossero incollati al pavimento. Non riuscivo a muoverli. Ho guardato il treno partire e ho immaginato di poter inviare a mio padre un messaggio telepatico attraverso quel treno. "Ti verrò a cercare" gli ho detto.

Poi sono andata a scuola come se nulla fosse, con delle occhiaie degne dei migliori rave.

Immaginavo che mia madre potesse essere in pensiero non trovandomi in stanza stamattina. Ma confidavo nel fatto che forse si sarebbe addormentata e io le avrei sempre potuto dire che sono uscita di casa senza far rumore, per non svegliarla. E invece quella ficcanaso, mi è persino venuta a cercare a scuola! Ringrazio il cielo che mi abbia fatto chiamare dalla bidella e non sia venuta di persona in classe, altrimenti non so come sarei sopravvissuta alla vergona davanti ai miei compagni!

Per fortuna si è bevuta la balla che sono uscita da casa prima che lei si svegliasse. Se sapesse che ho dormito in stazione, le verrebbe una sincope.

Un desiderio dentro al cuoreDove le storie prendono vita. Scoprilo ora