-Niall
"E pensavo: forse mi ci abituerò. Ma qui, l'unica verità, è che non mi abituerò mai."
Arriva sempre un momento nella vita dove cominci seriamente a dubitare, a chiederti se veramente la strada intrapresa o sorvolata ti stia venendo incontro, o stia solamente alzando nuovi muri e nuovi pregiudizi dal mondo esterno o soltanto dalla malizia che travolge il mondo. Arriva sempre quel momento nella vita, dove tutto si ferma e quando riprende a girare, riprenda dal lato opposto, lasciandoti fregato, illuso, lasciandoti senza doti, senza mete, punto e accapo. E arriva anche quel fatidico momento dove cominci anche tu ad essere stanco di tutto questo, stanco di non essere capito, stanco di dover vivere con l'affanno, all'insaputa di ciò che veramente ti circonda, racchiuso in una bolla a guardare il mondo con occhi che non sono i tuoi, ma che sono altri a dover scegliere per te, e tu rimani lì, seduto su quella panchina, a chiederti il perché di tutta questa incomprensione, il perché della tua stessa perplessità, dei tuoi turbamenti, e per quanto tu possa pensarci, ripercorrendo ogni singolo flashback o striscione della tua vita, il nero si fa sempre più spazio e a perderci siete in due: te e nuovamente te stesso.
E sembra stupido dire o minimamente pensare una cosa del genere, perché è un po' come dire la stessa cosa, però, analizzando meglio questo concetto d'identità, non è affatto così. Perché tu, potresti essere una persona felice apparentemente, una persona con una maschera oggi ed un'altra subito dopo, una persona che singhiozza la notte per una singola cazzata, e a cui il giorno dopo, basti indossare una semplice copertura per mettere KO il dolore agli occhi degli altri, per far vedere che il tuo sorriso è più smagliante di ieri, per far vedere che non ti arrendi mai davanti ad un problema, che tutto scorre, scivola, si divulga. Ma te stesso.. ecco lui non può portare maschere. Lui non può sorridere alla gente, lui non potrebbe neanche piangere, ma è così trascurato, anche da te, che ha imparato a farlo, perché il suo "padrone" lo ha fatto così tante volte, in silenzio, al buio, al freddo, che l'unica cosa che il vero te ha mai sentito, erano i tuoi gemiti nella notte, le tue frustrazioni, i tuoi dolori, le tue pesantezze, le ribellioni mai venute al vento. E basterebbe poco per impazzire, però questa, forse è motivazione della nostra falsità, o forse le cause della nostra insicurezza, dei nostri valori persi, o di una profonda crisi di pazzia?
Insomma, diciamocelo chiaramente, chi oggi, ridendo sempre per cercare anche solo di voler tirare su di morale l'altro, non ha perso una battaglia in vita sua? Sfido chiunque in questo mondo, a voler ammettere il contrario. Perché non si può non soffrire in una battaglia, e non c'è bisogno di far riferimento ad una qualsiasi battaglia passata alla storia, con milioni di vittime per renderci conto della sofferenza, perché oggi, credo che un po' tutti siamo guerrieri, e conosciamo benissimo le battaglie di ognuno di noi.
Ed io sì, conoscevo la mia. La conoscevo anch'io.
Forse non bene, però ero a conoscenza anch'io, di questo trambusto nell'anima e di questo mio volermi dissolvere nell'aria, per essere a conoscenza del parere del vento, che nel suo silenzio, diceva tutto, più delle semplici parole. Tanto, volavano via anche quelle.
Ed trovavo sbagliata la risposta "Non potrei mai" alla domanda "Saresti in grado di farti mai del male da solo?" perché cazzo, se non fosse così, staresti sorridendo e persino smettendo di leggere queste fandonie, perché saresti offeso; ed invece no, sei ancora qui, perché senti questo strattone al cuore, lo senti anche tu quest'uragano di passioni, di emozioni, di paura, senti come tutto questo scorre nelle tue vene, e riesci a distinguere il pianto dell'anima dal pianto figurato, quello che non sei tu.
Quando ti guardi allo specchio e non riesci a sorridere per più di due secondi, devi sapere che la causa di tutto questo non può essere assecondata con la scusa "Oggi non è giornata", perché non sei tu a decidere se sorridere o meno, non è nemmeno il tuo cervello a volerlo né la tua volontà, ma il tuo io, quel famoso "te stesso" così banale ed ipocrita, colui che può distruggere le tue giornate in un battito di ciglia, colui che governa la tua mente, quel bastardino con il quale siamo quotidianamente in lotta.
STAI LEGGENDO
Forgive me » n.h
FanfictionIl perdono non era di certo il mio forte. Come si riusciva a perdonare delle persone che avevano letteralmente rovinato la tua vita? Come si poteva far finta che il dolore non fosse il responsabile delle scelte che ti erano state riservate? E com...