Capitolo 38- Come fa a sorridere, con un passato del genere?

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Impallidisco, portando entrambe le mani alla bocca.

Alis resta in silenzio, persa di nuovo nei suoi pensieri. La giornalista cambia argomento, passando a un disastro naturale negli stati a oriente, prima che lo schermo diventi completamente scuro.

-Ho il computer in camera.
Dice distrattamente, correndo su per le scale fino in mansarda, salendo i gradini a due a due e lasciando intendere il da farsi. La seguo senza finire la colazione; ho lo stomaco serrato. Arrivata al pianerottolo col batticuore la vedo digitare velocemente sulla tastiera; sta cercando alcune informazioni sull'uomo ucciso. "Era il vecchio dirigente di una fabbrica metallurgica, con moglie e figli." leggo sulla schermata "E' stato ucciso nel tardo pomeriggio con un'arma bianca, appena uscito dalla ditta. Il colpevole è stato ripreso dalle telecamere di un negozio lì vicino, mentre correva via. Si sospetta possa essere uno dei giovani licenziati dal direttore stesso". Alis cerca delle immagini, ma troviamo ben poco. L'immagine del corpo è parzialmente censurata, ma ci permette di vedere nuovamente il tatuaggio.

-Era la ditta di mio padre...
Dice in un soffio, chiudendo le pagine di Google. Si alza dalla sedia, per poi sdraiarsi sul letto; la seguo, e mi accoccolo sul suo petto.
-Il mio vero padre... Lavorava là dentro come operaio, fino all'anno scorso, quando è morto...
Prende un bel respiro, e comincia ad accarezzarmi la schiena, più per far forza a se stessa che per calmarmi.

-Avevo tre fratelli... Uno più vecchio, uno più giovane e una ancora più piccola. Al quarto figlio mia madre cominciò ad andare in depressione, e mio padre ebbe problemi a mantenerci... Frustrato, si diede all'alcolismo... Mamma dovette trovarsi un lavoro e lasciarci a casa da soli. Quando papà tornava ubriaco e trovava qualche disastro in casa...
Si interrompe per qualche secondo, scossa dai tremiti e col cuore in gola.

-Se la... Se la prendeva con noi... Chiedeva, urlando, di chi fosse la colpa... Ci spogliava e frustava usando la cintura...
Resto per un attimo senza respiro, immaginando dei bambini in lacrime, con la schiena sanguinante, aperta da profondi tagli e lividi su tutto il corpo.
-La maggior parte delle volte toccava a me... Mi prendevo la colpa per i miei fratelli più piccoli, ed ero spesso incolpata dal maggiore, che veniva preso in considerazione da nostro padre più di me...

Ho le guance rigate di lacrime, mentre ripenso alle cicatrici sulla schiena di Alis. Le stringo la felpa e affondo il viso sulla sua spalla, scoppiando in un pianto incontrollato. Mi abbraccia e tranquillizza, prima di tornare a spiegarmi la situazione. "Ora è tutto ok" dice, "sono quì con te".


-A scuola hanno notato i lividi e chiamato i servizi sociali quando ormai avevo 13 anni. Mio padre si infuriò quando per l'ennesima volta non mentii alle domande dei professori... La situazione era diventata insostenibile, quando mio fratello lasciò la scuola e cominciò a tornare a casa sbronzo, seguendo l'esempio di nostro padre e picchiandoci a sua volta. Ci portarono via, e io venni affidata a questa famiglia, impietosita dalla mia storia... Mio fratello era maggiorenne all'epoca, e restò con nostro padre fin che morì di Dio-solo-sa-cosa.

Non riesco a dire nulla, a domandarle cosa ha provato in tutti questi anni, come fa a sorridere con un passato del genere. Riesco solo a farmi sfuggire un'altra lacrima, di rabbia, per quella famiglia che doveva amarla, e che invece l'ha maltrattata.
-Anche mio padre aveva quel tatuaggio... Sul collo... Lo notavo ogni volta che ci ordinava di guardarlo, prima di picchiarci. Capisci perchè non volevo questo disegno nel mio tatuaggio?

Annuisco, con la gola in fiamme, stringendomi ancora di più a lei. Alis non dice altro, continuando ad abbracciarmi. Quando finalmente riesco a calmarmi, noto che si è addormentata.

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