Capitolo 4

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Il palazzo reale si stagliava imponente davanti a noi, protetto da enormi statue di pietra dipinte e dagli occhi di zaffiro che anticipavano un elegante portico sorretto da colonne blu e dorate, ma troppo occupata a preoccuparmi di come sarei potuta scappare senza dare nell'occhio diedi ben poca importanza a quell'espressione sfarzosa di potere.
Ci condussero nella sala del trono, e nonostante i miei sforzi non riuscii a non rimanere a bocca aperta: la meraviglia dell'esterno del palazzo non era nulla in confronto all'interno, illuminato da grandi aperture che facevano risplendere i metalli preziosi, le pietre e gli smalti che adornavano qualsiasi mobile o oggetto presente, per non parlare degli affreschi che coprivano tutte le pareti e ritraevano scene di caccia, di guerra, o "semplicemente" il faraone nell'atto di dettare leggi o partecipare a funzioni religiose sulle rive del Nilo.
Il faraone in persona era comodamente seduto su un trono di legno, e quasi mi stupii in quanto era l'unico a non essere coperto d'oro, ma dopo un'occhiata più attenta capii che si trattava di cedro del libano, che poteva benissimo competere con il prezzo dell'oro. Intuii quindi che la stanza, se così si poteva chiamare, era il posto in cui il re attorniato da sacerdoti, nobili, consiglieri e scribi riceveva e risolveva le questioni di minima importanza.
Tuttavia una volta posati gli occhi sul volto del faraone la sua espeessione ghignante e lussuriosa mi ricordò perché mi trovavo in quel posto e repressi l'ennesimo conato di vomito dettato dalla rabbia.
I mercanti attirarono subito la sua attenzione e ci fecero schierare davanti a lui come se fossimo carne da macello e lui in persona si degnasse di selezionare i tagli migliori. Sentivo il mio cuore battere all'impazzata e continuavo a pensare "Fa che non ti riconosca Fa che non ti riconosca Fa che non ti riconosca!!!!"
Intanto questi proseguiva nella sua cernita: ad ogni ragazza faceva sollevare il volto che osservava con minuzia, la interrogava sulle sue origini e infine chiedeva di esibirsi cantando, suonando qualche strumento o esibendosi in qualche passo di danza, e se colpito o soddisfatto la faceva mettere da parte e sorvegliare dalle proprie guardie personali. Fu una cernita molto attenta e scrupolosa, e parecchie ragazze si misero a piangere umiliate da un suo rifiuto. Purtroppo toccò anche a me, e nonostante cercassi disperatamente di nascondere il mio volto appena mi vide si illuminò di sorpresa e poi assunse il solito ghigno prima di sussurrarmi: -davvero pensavi che non ti avrei riconosciuta?- per poi esclamare: -Narmer!-
Pochi secondi dopo da un corridoio a lato apparve un ragazzo vestito da un semplice kilt bianco di lino semitrasparente stretta da una cinta dorata, che lasciava scoperto il petto asciutto e muscoloso ricoperto da una vellutata pelle ambrata; ma ciò che sconvolgeva di più era lo sguardo, talmente penetrante da leggerti l'anima e da farti desiderare di sprofondare in quegli occhi d'acquamarina. Doveva avere qualche anno in più di me al massimo, e non poche ragazze si sciolsero in sospiri alla sua voce roca e sensuale: -Avete chiamato padre?- e quest'ultimo rispose: -Che fine ha fatto la cara principessina?- -Bhe... non ha resistito ai miei assalti da quanto era fragile, e credo che le carogne l'abbiano già spolpata per bene!- concluse aprendosi in una macabra risata.
Le stesse ragazze che fino a cinque secondi prima avrebbero dato l'anima per infilarsi nel suo letto ora lo guardarono sconvolte, e repressi una risata alla vista dei loro volti presi dal panico; probabilmente i due si riferivano alla principessa del regno ormai conquistato, colei che si faceva odiare per la sua superbia da tutte le ancelle del palazzo e che io stessa sottoponevo a innumerevoli scherzi e tiri mancini, per fortuna senza essere scoperta. Al contrario delle altre ragazze infatti ghignai soddisfatta, il principe senza saperlo aveva contribuito a concludere la mia piccola vendetta personale; cammuffai velocemente la mia soddisfazione quando, indicandomi, il faraone continuò: -Allora credo di aver trovato pane per i tuoi denti...- a quelle parole il principe Narmer si avvicinò a me incuriosito, e la sua espressione mi fece capire che come io desideravo sprofondare in quelle pozze color acquamarina lui si era già perso nei miei occhi, che assumevano le stesse sfumature ambrate e tendenti al viola di un tramonto estivo, con screziature d'oro che brillavano a tratti. Fu questione di un attimo, poi la mia espressione tornò quella dura e scontrosa di sempre, mentre lui distoglieva lo sguardo dai miei occhi per posarli sui miei lineamenti, lo vidi seguire attentamente il mio profilo, quasi volesse divorare all'istante le mie curve. Districò tra le dita con più delicatezza di quanto pensassi alcune ciocche dei miei lisci capelli d'ebano, seguendoli fino alle punte e per sbaglio sfiorandomi un seno. In quel momento il mio corpo esplose in sensazioni sconosciute "Ma che cazzo stai facendo?!?!?" pensai "Non hai mai ceduto a nessun uomo, nemmeno al re, e adesso per una misera carezza ti infiammi così tanto?? Per un rozzo stupratore borioso che non sa tenere in mano nemmeno un pugnale?!? Sheila datti una calmata..."
Calmati i miei bollenti spiriti riportai la mia attenzione sulla mia futura vittima: voleva qualcuno che gli sapesse tenere testa? Voleva pane per i suoi denti? Voleva giocare? Bhe... Imparerà a sue spese che a giocare con il fuoco ci si scotta, specialmente se il fuoco sono io...

Contrariamente alle altre schiave che erano state scelte Narmer mi fece segno di seguirlo per lo stesso corridoio dal quale era venuto, ma appena svoltato l'angolo lontano da occhi indiscreti la brutalità che era in lui venne fuori, e sbattendomi al muro si fiondò sulle mie labbra.
Che spreco, pensai mentre gli impedivo di accedere alla mia bocca, uno schifo di uomo in un corpo così bello, direi che è ora di iniziare a giocare...
Prima che se ne potesse minimamente rendere conto la sua testa finì sbattuta violentemente contro il muro e mezzo secondo dopo era già immobilizzato a terra con le mie ginocchia sulle scapole, la faccia stupita a dir poco e la sua testa tra le mie mani. -Posso spezzarti il collo in un istante, e prima che mi possano scoprire e catturare sarò già scappata lontano... Forse non hai capito con chi hai a che fare bello mio, ma se mi hai presa per la solita schiavetta da ridurre in briciole con due scopate ti sbagli di grosso, tu non sai chi sono io e credimi, non ti conviene scoprirlo...-
E lo lasciai dietro di me ancora accasciato a terra, andandomene alla ricerca delle stanze riservate alle ancelle senza voltarmi, ignorando i suoi rantoli che mi imponevano di ritornare da lui.
Sarebbe stata una lunga notte...

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