Capitolo 16

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Ero rinchiusa in quella stupida cella da quattro di giorni ormai, con la sola compagnia di un'adorabile peste di un leoncino che adorava giocare a nascondino. In una cella. Vuota. A nascondino.
Il suo divertimento consisteva nel costringermi a chiudere gli occhi e contare fino a dieci mentre si arrampicava su per un muro, saltava fuori dalla finestra che dava sul giardino e si accucciava dietro ad alcuni cespugli vicini.
Eppure non mi sfuggiva nemmeno una volta, perché se mi concentravo riuscivo a percepire qualsiasi suono, persino il battito del suo piccolo cuore. Ebbene si, i miei sensi e le mie percezioni erano notevolmente aumentate in quei pochi giorni: non solo l'udito, che oltretutto mi permetteva anche di capire la posizione esatta di una persona qualsiasi e la sua distanza da me anche ad occhi chiusi, ma anche l'olfatto, la vista, il tatto e qualsiasi altro senso. Notai inoltre che ero capace di distinguere un uomo dall'altro anche senza vederli, perché ognuno ha delle sottili differenze che caratterizzano il battito cardiaco, ma anche grazie al mio portentoso nasino.
Ogni giorno Cris e Nar mi facevano visita in orari diversi, entrambi molto affettuosi e preoccupati per me. Cris mi parlava spesso di tutti gli intrighi e pettegolezzi che succedevano al piano superiore del palazzo, del caos che avevamo scatenato tra i sacerdoti, di come Lena era tornata a tormentarla in mia assenza e di come quella puttana aveva sedotto e convinto Tuthmosi a lasciarmi marcire in quella lurida cella ancora per qualche giorno. A niente erano servite le sue proteste e quelle di Nar, e addirittura la regina aveva spezzato una lancia in mio favore, inutilmente purtroppo. Quell'oca starnazzante probabilmente aveva minacciato di non dargliela più se non mi tenevano in gabbia almeno una settimana. Fu invece con piacere che mi informò del successo che il balletto ideato da noi in quella giornata disastrosa aveva riscosso, di quanto tutte le ragazze fossero preoccupate per me e di come avesse assunto lei il comando del gruppo. Tutte non vedevano l'ora di ricominciare a lavorare insieme e di prendere a calci in culo la troia per eccellenza. Era proprio in quei momenti che mi chiedevo se non fosse il caso di raffinare la mia abilità nella castrazione dedicandomi alla ricerca del metodo più doloroso possibile per strappare le ovaie, possibilmente quelle dell'oca. In effetti non doveva essere male come cavia, se sorvoliamo sul fatto che la tortura peggiore l'avrebbero fatta le mie orecchie a sentirla starnazzare.
Narmer veniva a trovarmi tutte le notti invece, andandosene dopo qualche ora passata a parlare e a stuzzicarci. In quelle ore scoprii un lato di lui completamente diverso dal burbero arrogante che mi era sembrato all'inizio: certo, l'arroganza e l'ego smisurato restavano in ogni caso a livelli stellari, ma lui era molto più gentile, premuroso, scherzoso addirittura, e calmo e rilassato. Era assurdo pensarlo, ma sembrava stesse cercando di corteggiarmi e sottomettermi nel modo più naturale e spontaneo che esiste; a volte restavamo per una buona mezz'ora in silenzio, ma parlando con un incessante gioco di sguardi che finivano sempre con una bella dose di passione che scaturiva dalle nostre labbra affamate di morsi, e di baci. E ovviamente tutte le volte si finiva con un mio calcio che lo spediva dall'altra parte della cella quando iniziava a mettere le mani dove non doveva: sullo sterno se si fermava in tempo, oppure nelle palle quando opponeva resistenza e non si staccava più.
Quella quarta notte che passavo in cella però, ero completamente sola: dopo innumerevoli proteste avevo convinto Kuma ad andare a sorvegliare Cris per assicurarci che nessuno le facesse del male in mia assenza; tuttavia nemmeno Nar si era fatto vivo, e intuivo che pure qui ci fosse lo zampino di quella testa di pennuto di suo padre. La notte precedente infatti una guardia di passaggio buttando l'occhio in quel tugurio ci aveva scovati nel bel mezzo di un bacio decisamente poco casto, e c'avrei scommesso ogni singolo pelo sulla testa di Bastet che quell'idiota era andato subito a riferirlo a qualsiasi membro della servitù, e vuoi che la regina dei pettegolezzi non venga a sapere di quell'evento decisamente piccante? Da Lena al faraone in persona il passo era breve.
All'ennesimo sospiro di frustrazione mi misi a gridare: mi annoiavo, mi faceva male il fondoschiena e ai polsi costantemente stretti dalle manette mi stavano venendo le piaghe. Iniziai a dimenarmi incessantemente e a pestare i piedi a terra furiosa, quando mi resi conto che delle crepe avevano iniziato a diramarsi a partire dai punti che avevo preso a pedate. Merda. Ero davvero diventata così forte? Oooh basta con questa farsa, non ce la faccio più a starmene qui a vedere l'acqua sgocciolare dal soffitto! E chissene frega se qualcuno scopre che mi sono liberata! Pensai mentre con due colpi secchi sfilavo facilmente i polsi dalle manette. Finalmente, che bella sensazione sentirsi di nuovo liberi, commentai mentre stiracchiavo i muscoli e le ferite semiguarite e scioglevo i polsi facendoli scrocchiare. Presi la rincorsa e con dei veloci balzi mi arrampicai sul muro affacciandomi alla piccola apertura. Sorrisi e chiusi gli occhi, beandomi dei raggi lunari che mi baciavano la pelle rinvigorendola. L'erba fresca che mi solletticava i piedi era un balsamo che mi donava pace, ancora di più quando infilai tra i leggeri steli anche le mani. Mi concentrai sforzandomi di accentuare i miei sensi, e in pochi secondi il mondo si rivelò a me: sentivo i pesci guizzare nel Nilo, i leggeri battiti degli aironi nascosti nei loro nidi, e di qualsiasi animale che si trovava nei dintorni. Con un ulteriore sforzo riuscii anche a riconoscere, tra i vari battiti delle persone addormentate che affollavano il palazzo, anche quello tranquillo e rilassato di Cris accanto a quello più flebile di Kuma, evidentemente i due dormivano sonni profondi e tranquilli, a differenza mia che ero sveglissima.

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