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<<New Story>>
Grace Scott: Madison Beer

Il letto ad acqua ondeggia quando mi ci butto sopra.
Sono le tre di mattina e puzzo di alcol come al solito.
Sono ormai tre anni che va avanti così e il mio corpo si è abituato a tutto; al clima caldo, alle sigarette, alla gente maleducata, al whisky.
Non ho nemmeno le forze di spogliarmi, quindi rimango con i jeans e la camicetta. Le scarpe sono abbandonate da qualche parte in giro per la stanza, così anche la mia borsetta.
Non è possibile; mi faccio forza e mi trascino in bagno, quando accendo la luce mi guardo allo specchio. Il trucco è ancora perfetto e anche i capelli non sono male. Quello che inganna questo strato di perfezione è una cosa che non puoi coprire con il fondotinta e il mascara.
Mi butto sotto la doccia e aspetto che i getti, che arrivano da tutti i lati, mi lavino lo sporco che mi sento addosso da tanto tempo.
Mi siedo per terra e aspetto che la pelle mi diventi rossa, a quel punto spengo l'acqua ma rimango lì seduta con le gambe attirate verso il petto e la faccia appoggiata sopra.
Questo si ripete da troppo tempo.

«Grace» mio padre entra nel salone e si versa una tazza di caffè con il sorriso. «Tra cinque giorni giorni parto per Miami, vieni?» me lo chiede con tranquillità. «No, grazie papà. Preferisco stare qui» sorseggio il mio tè depurante e mangiucchio il mango che la cameriera mi ha tagliato.
«D'accordo tesoro, sono in ufficio solo metà giornata. Ti va se andiamo a pranzo insieme?» detto così potrebbe sembrare una normale domanda che un padre fa alla figlia, ma il mio no, lui ha qualcosa in mente.
«Si, certo. Vengo sotto da te a l'una» detto questo prima di uscire mi bacia la fronte e mi lascia finire la mia colazione.
«Signorina Grace, dovreste smetterla di correre alle sette di mattina. Sembrate così stanca» la signora Ramirez mi sorride leggermente.
«Certo, quando tu la smetterai di chiamarmi in qual modo» sorridendo la supero e torno in camera mia.
Sono le nove e mezzo quindi ho tempo per chiamare Adam e per farmi un'altra doccia. Dopo due squilli la faccia di mio fratello appare sullo schermo.
«Oh mio dio! Grace sei sul punto di morte dato che mi stai chiamando?»
l'umorismo di mio fratello mi manca tanto.
«Scusa, avevo molte...»
«Cose da fare, si lo so» mi sorride un po' triste.
«Allora come mai una chiamata?»
«Boh volevo vederti. Mi manchi Adam.» abbasso lo sguardo e mi mordo il labbro «Papà va a Miami tra qualche giorno, tu?» cerco di sembrare allegra ma lui sa che fingo. «Davvero? E se venissi su qualche giorno a salutarti? O vieni tu, così vedi anche gli altri» è entusiasta come al solito. «Non serve, poi sai che se esco dalla città senza permesso papà lo viene a sapere.»
Lo sento imprecare e mi viene da ridere. «Fai ancora quel programma per essere in forma?» cambiare discorso è la cosa migliore.
«Certo, mangio e bevo frutta tutto il giorno. La mattina anche le tisane depurative. Così la sera bevo ma non ingrasso» faccio l'occhiolino.
«Potresti lanciare una linea di questo tipo, li funzionerebbe»
«Ahh Adam, qui lo fanno già tutti»
«Chi è?» sento una voce femminile, Meredith.
«Oh ciao Grace» si mette affianco ad Adam e mi sorride.
«Ehi, come stai?» i capelli rossi coprono metà schermo.
«Bene, tuo fratello è un rompi palle però. Stiamo discutendo per le vacanze estive come l'anno scorso» brontola.
«Davvero? Adam ti prego portala in un bel posto questa volta» lo rimprovero ripensando al campeggio nel Maine dove l'aveva trascinata.
Resto con loro al telefono per un po' e dopo mi faccio un'altra doccia. Mi trucco, metto un bel vestito e le louboutin nere, infine scendo in garage a prendere auto.
La mia audi corre per le strade poco affollate del mattino e mi dirigo sotto il palazzo dove lavora mio padre. Lui è già fuori che mi aspetta è appena sale in macchina sorride. All'inizio quando andavamo in giro insieme non mi lasciava guidare ma ora si è abituato e ha smesso di brontolare.
«Sushi?»
Stringo i denti e annuisco. Mangio sushi tutti i giorni da quando sono qui.
Pagherei oro solo per una crocchetta del fast food scadente.
«Grace» ecco ci siamo «So che non vuoi venire a Miami ma credo che verso la fine di gennaio ci trasferiremo lì. Gli affari qui sono partiti e non ha senso sprecare altro tempo a Las Vegas. Ho voglia di cambiare aria e credo che sia la cosa migliore anche per te.» mantieni la calma, mantieni la calma.
«Uh, Miami è molto...lontano» dico con voce gentile.
«Lontano da chi? Seattle? Ah Grace! Qualsiasi ragazza vorrebbe vivere a Miami piuttosto che Seattle» si gira sul sedile «La decisione comunque è stata presa. Se non vuoi venire giù con me ora lo capisco ma ci torno tra tre settimane e tu verrai con me. Questa settimana vado a scegliere la casa e credevo potesse farti piacere venire» scrolla le spalle.
Sono in trappola, di nuovo.«Va bene, vengo anche io. Solo...mi permetti di andare a trovare Adam e la mamma?»
Tossisce teso «Si, certo. Andiamo quando torniamo da Miami» mi sorride «Sono contento di vedere che sei d'accordo» parcheggio di fronte al suo ristorante preferito.
«Ah, ci sarà anche qualche mio collega.» lo immaginavo «E credo abbiano portato anche i figli, hanno circa la tua età, vedrai che sarà piacevole» detto questo esce dalla macchina e si dirige all'interno. Stringo i denti e faccio quello che ormai mi viene meglio.
Fingere innocenza, a questi uomini piace.

Il flûte sembra un sasso nella mia mano curata. Lo champagne piace tanto a mio padre...sarà perché ho diciotto anni ma preferisco la birra...
Sorrido a qualche socio e rispondo educatamente ad ogni stupida domanda che mi pongono. Vai a scuola? Oh tesoro, quanto adori tuo padre? Dovresti conoscere mio figlio, sareste bellissimi assieme!
Il vestito bianco senza spalline mi dà fastidio ma rimango composta e cerco di apparire comoda come se fossi in pigiama. Ah che bello sarebbe. Gioco con il braccialetto di tiffany che mio padre mi ha portato l'altro giorno da New York. L'iPhone mi vibra in tasca e contenta della distrazione lo tirò fuori. È Jasmine. È la persona più simile ad un'amica che ho. <<Allora, questa serata con i vecchi è finita? Vieni verso le scale>>
Il padre di Jasmine è un ricco imprenditore italiano che non fa altro che leccare il culo al mio, ormai da anni.
Mi avvio lentamente verso la scalinata che porta al casinò.
«Cazzo, odio queste cose» scuote la testa e si guarda intorno. È sempre stata più goffa e più maleducata di me. Per questo probabilmente siamo amiche; è tutto quello che vorrei essere.
Ha la carnagione più scura della mia e i capelli nocciola sono arricciati.
Ha gambe chilometriche e le curve nei posti giusti ma ogni tanto le partono una serie di imprecazioni degne delle prostitute dei bassi fondi.
«Andiamo a vincere i soldi per una borsa?» naturalmente la bellezza esotica di Jasmine si somma alla sua incredibile fortuna per gioco. Questa ce l'ho anche io, credo sia praticamente ereditaria. «Mio padre ha chiesto la mia presenza qui» le rivolgo un sorriso ma lei non cede «Dai, cazzo, non vorrai scoparti qualche rinsecchito» fa un cenno verso uno dei soci di suo padre.
«Si...quello è tutto fuorché rinsecchito, sai che la sua ultima fidanzata aveva un armadio solo per le borse. Così a caso, quella donna lo ha mollato e se ne è andata, non si hanno più sue notizie mesi.» gira gli occhi verdi «Sei esagerata. Questa gente ha solo bisogno di scompare» se ne va sculettando. Infastidita, la seguo su per le scale.

A tavolo con noi sono seduti dei ragazzi russi e qualche signore che vive qua dentro. «Grace Scott!» un ragazzo con i capelli biondi e lo sguardo freddo si avvicina. «Mio padre mi ha detto che sei bella, ma cazzo. Non ti ha reso giustizia» mi porge la mano «Dimitri Stalinig» gli spunta un sorriso cattivo. «Vieni con me se vuoi che papà non smetta di comprarti le louboutin.»
Ed ecco di nuovo, l'ennesimo ragazzo viziato che mio padre sfrutta per arricchirsi. Il figlio contento, il padre contento; Micheal Scott molto soddisfatto. Io? Io solo usata. Annuisco cercando di sembrare contenta e afferro la sua mano. Mi trascina fino all'ascensore e appena le porte si chiudono mi santa addosso, come se non ci fosse una telecamera.
Mi tiene ferma contro le pareti rifinite in oro e le sue mani sono ovunque. Ormai so come fare; fissa un punto a caso e concentrati su quello. Guardalo bene e studia tutti i particolari. Non pensare alle mani che ti accarezzano le cosce, i fianchi. Non ci sono baci e morsi sul suo collo e sul viso. Non ci sono insulti e non ci sono parole sporche. Solo un punto a caso, in un posto a caso, con uno stronzo a caso.

Il letto è comodo ma non posso stare qui, a loro non piace. Senza dire nulla mi alzo e indosso i miei vestiti. Mi lego i capelli e spero che l'acqua della doccia non smetta di scorrere. Vorrei anche io andare sotto il getto ma non posso, non qui. Sto aprendo la porta della stanza quando la voce mi ferma.
«Dove vai?» è completamente nudo e completamente bagnato. Dio che schifo.
«Vieni in doccia per il quarto round, troia che non sei altro. E se pensi di avermi soddisfatto ti sbagli di grosso» abbasso la testa e annuisco. In poco tempo mi sta stappando le mutandine e mi spinge dentro la doccia bollente. Le sue mani mi costringono in ginocchio e così ricomincia tutto da capo.

<<mine story>>

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