Mi afferra la mano e mi trascina verso l'entrata.
«Due paia, grazie» fa Jake, rivolto alla commessa dall'altro lato del bancone.
Sulla targhetta appesa alla camicetta blu, leggo il nome Lexy.
La commessa si abbassa, scomparendo dietro il banco, per poi riemergere con due paia di pattini tra le mani.
«Ecco qua. Spero che ti vadano bene», mi sorride.
Afferro i miei pattini e li giro per vedere il numero. Un 37. Perfetto.
«Grazie mille» e ci avviamo verso le panche.
Una volta indossati, ci metto un po' a prendere equilibrio. È da tantissimo che non pattino e credo che tutto questo tempo mi abbia un po' arrugginita. Infatti, appena entro in pista, i miei piedi partono andando in tutte le direzioni.
Jake, vedendomi in difficoltà, mi raggiunge all'istante posandomi una mano sul fianco e con l'altra mi prende la mano.
Ho la netta sensazione di cadere da un momento all'altro.
Le mie gambe tremano come una foglia e, appena sento allentare la presa sul fianco, il mio battito cardiaco inizia ad accelerare.
«Ora prova da sola» mi sussurra, lasciandomi andare.
Oddio. Non sarà poi così difficile. Devo solo immaginare di andare sui pattini a rotelle. Facile.
Prima un piede, poi l'altro. Dopo infiniti tentativi di avanzare di almeno pochi centimetri, alla fine inizio a muovermi.
Fisso costantemente il pavimento in ghiaccio scorrermi sotto i piedi, mentre sorrido come un ebete, soddisfatta di me stessa.
Sto andando alla grande, avrò fatto almeno quattro giri della pista. Alzo lo sguardo per vedere dov'è Jake, ma sfortunatamente perdo l'equilibrio. Inizio a dimenare in aria le mani, nel tentativo di fermarmi.
Senza neanche accorgermene, esco di pista, andandomi a scontrare contro qualcosa, o meglio, qualcuno.
Oh, mamma mia. Mi rialzo subito, massaggiandomi la testa per la brutta caduta.
Mi fiondo subito sulla persona sulla quale sono andata a finire. Appena volta la testa, riconosco subito quegli occhi nocciola che vedo ogni notte. Quegli occhi che ogni volta che me li ritrovo davanti, mi ci perdo definitivamente dentro.
«Leo! Che ci fai qui?» gli domando, aiutandolo ad alzarsi.
Ci sediamo sulla panca alla nostra sinistra. Lo guardo fisso negli occhi.
«Sono qui con mia cugina. È in visita da noi e ho pensato fosse carino andare a pattinare» risponde massaggiandosi la nuca.
«Ah. Mi dispiace moltissimo per la caduta.»
«Oh, io? Non importa. L'importante è che tu non ti sia fatta niente.»
«Scherzi, vero? Non hai visto che volo hai fatto? Se non ci fossi stato tu, l'avrei fatto io.»
«Non preoccuparti per me. Sto bene, sul serio» risponde spostando lo sguardo da me a Jake che è in piedi dietro di noi.
Mi volto di scatto, per poi alzarmi.
«Ehm...scusami ancora» gli dico sorridendo. Ricambia abbracciandomi.
Raggiungo Jake a bordo pista. «Stai bene?» mi domanda posandomi una mano sulla schiena.
«Si, si. Ehm... non ho molta voglia di continuare a pattinare. Se vuoi, posso aspettarti qui. Va a farti un ultimo giro» dico facendogli l'occhiolino.
«Sicura che non ti dispiace?»
«Sicurissima!» affermo ridendo. «E ora vai.»
Jake ritorna in pista, mentre io mi guardo intorno in cerca di una panca libera.
Mi siedo e resto ad osservarlo a bocca aperta. Non credevo fosse così bravo. Esegue alla perfezione ogni giravolta, senza mai sbagliare. Sfreccia da un lato all'altro della pista, come se fosse l'unico presente su quel tappeto di ghiaccio.
Ad un certo punto, sento la panca muoversi. Mi volto e davanti a me, compare Gavin.
Che ci fa qui? Lo osservo, per capire quali sono le sue intenzioni.
«È bravo, vero?» mi sussurra, avvicinandosi.
Mi allontano e mi limito ad annuire.
«Che c'è? Hai per caso perso la voce?», scherza.
«No! È solo che non mi va di parlare con te» sbraito.
«Che ti ho fatto di male?» Tenta di abbracciarmi, ma mi scrollo subito le sue braccia di dosso.
«Smettila, ti prego!» grido.
Jake deve averci sentiti, perché fortunatamente esce di pista per salvarmi da Gavin.
«Che ci fai qui?» ringhia.
«Sono solo passato a fare un giro» spiega con un ghigno sulle labbra.
«Ma chi credi di prendere in giro? Ora levati dai piedi!» Detto ciò, mi afferra un braccio e insieme ci allontaniamo.
«È proprio un rompicoglioni, a volte!» commenta.
Riportiamo i pattini da Lexy, la commessa, e usciamo.
Jake cammina talmente veloce, che fatico a stargli dietro. All'improvviso un dolore lancinante mi colpisce la caviglia.
Mi fermo e mi accascio a terra.
«Sandy, stai bene?» mi domanda raggiungendomi.
«La caviglia. Credo che si sia rotta.» Una lacrima inizia a solcarmi il viso.
Mi fa malissimo. «Aspetta, lascia fare a me.»
Mi afferra il piede e inizia a sbottonarsi la camicia.
«Che intendi fare?» chiedo preoccupata.
«Voglio solo fasciartela. Niente di che.»
Se la sfila, e resto a bocca aperta alla vista dei suoi pettorali. Sono perfettamente modellati e plasmati. Non credevo che sotto quei vestiti si nascondesse un corpo così perfetto.
Mi solleva delicatamente la caviglia iniziando ad avvolgermela.
Completa il tutto facendo un nodo all'estremità. Mi mette una mano sotto le ginocchia e una sulla schiena sollevandomi e ci dirigiamo all'auto.
Apre la portiera e mi poggia delicatamente sul sedile del passeggero.
«Non hai freddo?» gli domando una volta partiti.
«Non preoccuparti per me. L'importante è che tu stia bene», mi sorride afferrandomi la mano.
Il viaggio prosegue in silenzio. Un silenzio tranquillo, non imbarazzante. Al contrario.
Prima di scendere dall'auto, inserisce il freno a mano. Mi prende in braccio e mi trasporta fino in camera mia. Una volta dentro mi poggia sul letto. Si siede accanto a me, prendendomi la mano.
«Grazie di tutto. È stata una serata stupenda» lo ringrazio rivolgendogli uno dei miei sorrisi migliori.
Due fossette gli nascono ai lati della bocca. «Di niente. Ora è meglio che ti riposi. Buona notte.»
Mi si avvicina e mi lascia un piccolo bacio all'angolo della bocca. Arrossisco.
Esce da camera mia, lasciandomi senza parole. In men che non si dica mi addormento con il sorriso.
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FINALLY YOU || Shawn Mendes
Novela Juvenil-Il mondo attorno a me sta cambiando. Lo percepisco. Sta succedendo qualcosa di strano che sta mettendo tutto sotto sopra.- Sandy, 16 anni, una vita davanti. Ogni singolo giorno per lei è una tortura. Sembra che il destino voglia impedirle di...