Era ormai notte e un ragazzino si aggirava per le strade quasi deserte di Firenze.
Era appiedato, infatti il cavallo che lo aveva portato fin lì aveva deciso di scappare dinnanzi alle mura della città.
In cuor suo il ragazzino gli mandava tanti accidenti perché era la sua unica speranza di poter guadagnare qualcosa.
Era talmente assorto che non si accorse nemmeno che qualcuno lo seguiva.
Poco male, visto che avrebbe avuto tutto il tempo di comprendere il suo errore appena un attimo dopo.
Una mano gli afferrò il braccio e lo bloccò contro un muro.
Il ragazzino iniziò a sudare freddo sentendo il freddo bacio della lama di un pugnale contro la gola.
- Vediamo un po', giovanotto, quanto hai in tasca?
Non ci fu il tempo di rispondere, perché subito si sentì frugare da una mano evidentemente abile nel mestiere.
- Nulla?! Accidenti, sei messo proprio male... Mah, non è un gran problema. Vuol dire che mi accontenterò di questa.
Il ragazzino fremette di rabbia nel sentire quelle dita sfiorargli il collo mentre si accingevano a sfilargli la catenina dorata che rappresentava il suo tesoro più prezioso.
Con mossa fulminea ribaltò la situazione.
Ora era il delinquente a essere in trappola.
- Se hai cara la pelle, ricorda di non azzardarti mai più a toccare quella catenina, sono stato chiaro?
Quel sibilo minaccioso, accompagnato dalla pressione della lama sulla gola del ladro bastò a far sì che quest'ultimo scappasse a gambe levate.
-Evidentemente ti ha sottovalutato. Un errore che farebbero in tanti.
Il ragazzino si voltò per trovarsi davanti un giovane dai capelli castani e mossi, piuttosto alto e magro, vestito modestamente, ma bene.
Non doveva avere più di diciotto anni e aveva un volto affidabile.
O almeno era quello che si riusciva a vedere alla luce della luna.
- Tranquillo, non sono né un ladro, né un assassino.
Sto solo tornando a casa.
Il ragazzino non rispose. Sapeva cosa fosse la prudenza.
Il giovane capì che quanto detto prima non bastava per avere la fiducia di quel coraggioso sperduto.
-Mi chiamo Francesco Savelli, sono il figlio del mercante.
Qual'è il tuo nome? Non ti ho mai visto in città.
- Io sono Andrea. Andrea da Pisa.
Ad Andrea parve di leggere una certa simpatia negli occhi di Francesco.
-Sei appena arrivato qui?
- Sì... È tanto evidente?
- Già, soprattutto perché solo uno straniero o uno sciocco può aggirarsi disarmato in questa via a quest'ora- rispose il figlio del mercante ridendo.
Andrea arrossì, ringraziando il cielo che fosse buio.
- Immagino quindi che tu non sappia dove stare.... Vieni con me? Tranquillo, mio padre è via in questi giorni e sono a casa da solo. Ti garantisco un pasto caldo e un letto, almeno fino a domattina.
Il ragazzino ci pensò su. Francesco gli piaceva, era simpatico e disponibile e comunque non aveva niente da perdere.
- D'accordo. Grazie per l'offerta.
Francesco sorrise e si incamminarono verso la sua casa.
STAI LEGGENDO
La Dama Di Venere
Historical FictionAnno 1471. Elisabetta de' Servi è l'erede di una ricca e influente famiglia fiorentina, tuttavia abita e cresce a Pisa felice con i suoi genitori e la servitù. Tutto questo fino a che una notte dei sicari infrangono la calma della casa uccidendo a...