Ritorno

161 15 1
                                    

Elisabetta dovette prendere un bel respiro prima di avere abbastanza coraggio da entrare.
Chiese a Bia di stare fuori o andare a farsi un giro in modo discreto. Preferiva affrontare i ragazzi da sola e la serva aveva capito subito le sue intenzioni, anche se aveva potuto leggere nello sguardo della padrona una preoccupazione in più.
Capì immediatamente che doveva trattarsi del figlio del mercante di cui le era stato detto, quel giovane Savelli.
Tuttavia tacque e si accontentò di obbedire agli ordini, dopotutto era pagata per questo e capiva quanto fosse importante per Betta (così chiamava tra sé e sé la giovane padrona) mantenere un certo riserbo sulla questione.
Quando Betta entrò, le parve di tornare indietro di secoli, nonostante fosse passata meno di una settimana dalla sua partenza. Il profumo dei pigmenti in polvere, del legno per telai, il rumore lieve dei pennelli e dei passi degli apprendisti furono come carezze che la accolsero scaldandole il cuore.
Ciò che soffocò questa sensazione fu la freddezza calata improvvisamente tra i ragazzi alla sua vista.
Elisabetta si sentì colpevole senza sapere attribuire bene questa sensazione a nulla di particolare.
Filippo fu il primo a farsi avanti, tentando di rompere il ghiaccio.
Le rivolse un sorriso impacciato prima di dirle:- Bentornata... - esitò - madonna de' Servi-.
-Per carità, non chiamatemi così! È sufficiente "Elisabetta" o "Betta", se preferite- intervenne lei frettolosamente.
-Sembrate stare bene... - provò a continuare, vedendo lo sguardo di qualcuno distendersi.
-Perché lo hai fatto?
Betta alzò lo sguardo. A parlare era stato Giannotto, lo sguardo duro e le braccia conserte, fermo in fondo al laboratorio.
La ragazza non se lo aspettava e scoprì di essere più ferita da queste parole che da ogni altra cosa. Che cosa avrebbe detto? Aveva messo in conto di doversi riconquistare la fiducia dei ragazzi, ma non pensava che le sarebbe risultato così difficile.
-Avevo paura. Non sapevo cosa aspettarmi dalla città, né tantomeno da mio nonno. Avevo bisogno di sicurezza e voi me l'avete data, senza nemmeno saperlo, primo di tutti Francesco.-
A quelle parole Giannotto arrossì leggermente, ricordando lo stato attuale del figlio del mercante e soprattutto ricordando chi ne era la causa.
-Sei sincera questa volta?
-Puoi scommetterci.- rispose la giovane, incassando l'accusa dietro quel "questa volta".
Guardò gli apprendisti e tanto bastò per capire che era stata definitivamente perdonata.
Stava giusto finendo di ricevere i saluti e le domande di tutti loro quando sentì che non sarebbe riuscita a sopportare oltre l'incertezza.
-Come sta Cecco?
Si maledisse tra sé e sé per l'apprensione di troppo che traspariva nel suo tono di voce.
Gli sguardi di tutti si fecero improvvisamente più gravi e tacquero, solo Giuliano ebbe il coraggio di accennare al corridoio che portava alle stanze degli apprendisti.
Il cuore di Betta mancò un battito.
Si lanciò di corsa verso la porta della stanza del suo più caro amico con una preoccupazione che sfiorava la paura vera e propria e quando entrò ebbe un sospiro di sollievo vedendo che il ragazzo stava meglio di quanto pensasse; ma assieme al sollievo arrivò anche un dolore muto.
Il ragazzo non sembrava nemmeno essere migliorato granché da quando lo aveva lasciato.
Oltretutto, il suo sguardo tradiva un dolore morale profondo e a poco servì la sorpresa della sua visita.
Sembrò fare un autentico sforzo per sorridere:- Allora sei tornata.....

La Dama Di Venere Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora