Cecco era ancora a letto.
Si sentiva inutile e di troppo, ma anche volendo, non avrebbe potuto lavorare. Infatti, nonostante le fasciature faceva ancora molta fatica a muoversi con le costole rotte, le quali sembrava ci avrebbero messo molto a rinsaldarsi. Anche se tentava di non darlo a vedere, solo respirare era per lui un'autentica tortura.
Tuttavia, il volto si era per lo più sgonfiato e a testimonianza di quanto subìto stavano solo alcuni ematomi.
Ma c'era qualcosa che lo distruggeva dentro e gli provocava più dolore di ogni altra cosa cui fosse mai stato sottoposto.
Elisabetta non dovette aspettare molto per saperlo.
-Vedi, Betta (posso chiamarti così, vero?).... È strano, ma sembra che in famiglia non sia l'unico a stare male.
Ieri è venuta a trovarmi mia sorella e aveva una notizia con sé. Pare che mio fratello si sia gravemente ammalato, non si capisce bene di cosa... Mi hanno detto che ha la febbre molto alta, per la maggior parte del tempo delira e non riconosce nessuno.
Mio padre non c'è, è via per affari ma è stato avvertito e tornerà al più presto.
È il mio fratello maggiore, dovrà ereditare la mercatura di mio padre.... Se dovesse venire a mancare.... -.
Dovette tacere, scosso da un singhiozzo che lo fece gemere per il dolore alle costole.
Elisabetta soffriva profondamente per lui.
Nessuno, infatti, poteva capire meglio di lei il dolore di perdere chi si ama.
Oltretutto ricordava il modo in cui le era stato descritto Luca, il fratello maggiore di Cecco.
Dalla voce del ragazzo traspariva autentica ammirazione per il fratello, per il suo carattere e per la sua grande capacità negli affari, nei quali collaborava con il padre.
Sapeva che se fosse morto, a sostituirlo sarebbe stato Francesco, per il quale sarebbe stato durissimo: non si sentiva poi così bravo per le contrattazioni e le valutazioni, amava troppo la bottega di Botticelli per lasciarla e soprattutto non sarebbe stato capace di reggere il confronto con il fratello scomparso.
Per Elisabetta fu naturale stringere la mano dell'amico, in modo da infondergli nuova speranza.
Cecco sorrise, per quanto possibile, riconoscente.
-Sono stato un egoista. Non avrei dovuto scaricarti addosso i miei problemi.... Dimmi, come va a Palazzo de' Servi?-.
Betta si riscosse e iniziò a raccontargli tutto ciò che aveva visto, fatto e scoperto finora.
Fu un sollievo vederlo rasserenarsi al suo racconto e fu davvero un dispiacere per entrambi doversi separare a fine visita.
-Tornerai?
-Certamente, Francesco. Tanto a casa non ho niente da fare...
-Allora ti aspetterò. A domani.
-A domani!
Uscì in fretta, salutando i ragazzi e chiedendo loro di salutare in vece sua il Maestro, quel giorno assente.
Bia era sulla porta, composta, ad aspettare.
Volle subito sapere cosa fosse accaduto; aveva sentito qualcosa e l'aveva messa in allarme, voleva essere certa che fosse tutto a posto.
Quella sera alcuni minuti li spesero nella cappella di famiglia, dove pregarono per Luca e Francesco Savelli, per una pronta guarigione.
Uscendo, Betta ebbe la netta sensazione che qualcosa sarebbe accaduto, così tornò indietro e accese una candela sotto un piccolo trittico di squisita fattura, come a favorire le proprie preghiere.
Ciò che la colse a fine operazione però fu dolore e angoscia.
STAI LEGGENDO
La Dama Di Venere
Fiction HistoriqueAnno 1471. Elisabetta de' Servi è l'erede di una ricca e influente famiglia fiorentina, tuttavia abita e cresce a Pisa felice con i suoi genitori e la servitù. Tutto questo fino a che una notte dei sicari infrangono la calma della casa uccidendo a...