Era passato all'incirca un mese dal banchetto e i Lanzarotto erano venuti in visita a Palazzo de' Servi altre volte, durante le quali Elisabetta e Lorenzo venivano (apparentemente per caso) fatti sedere vicini.
Nonostante tutto, tra loro non si era creato un vero e proprio rapporto, sostituito da una fredda cortesia aristocratica che non voleva oltrepassare i limiti.
Un giorno, poi, era giunto un messaggio speciale: un invito per una grande festa indetta dai Medici. Non che fosse una gran sorpresa, le voci su questo grande avvenimento giravano da un po',tuttavia l'invito fu accettato con grande entusiasmo e gratitudine da messer Gian Piero.
Troppa, per quello che era il carattere del vecchio.
Elisabetta venne immediatamente messa al corrente e si iniziò a progettare un nuovo e necessariamente splendido abito per lei: questa volta sarebbe stato bene scegliere qualcosa che omaggiasse i signori della città, in modo sottile ed elegante.
Lei, contagiata dall'entusiasmo generale, si mise subito all'opera con carta e carboncino per buttare giù qualche idea su modello e colori del vestito e non appena iniziò a tracciare le prime linee non poté fare a meno di pensare al tempo passato nella bottega di Botticelli.
Ricordò una volta di più il carattere e il volto di ogni apprendista e soprattutto di Francesco.
Ripensando alle circostanze in cui si erano lasciati l'ultima volta, le mani iniziarono a tremarle. Dov'era adesso il figlio del mercante?
Cosa stava facendo? Si ricordava di lei, ogni tanto?
La porta della stanza si aprì e dei passi veloci percorsero il pavimento ligneo fino alla scrivania.
-Disegnate, madonna?
Inutile dire che a parlare era stata Bia.
La ragazza era stata coinvolta fin da subito nei lavori di sartoria e ricamo che fervevano tra la servitù femminile di casa, lavori di cui tutti sapevano, ma di cui nessuno parlava.
A ogni domanda posta da Betta in proposito, o si faceva finta di niente o si sorrideva con bonarietà.
L'unica ad aver parlato era stata proprio Bia, la quale però era stata molto asciutta nelle spiegazioni: - Lo saprete a tempo debito, diciamo che è una specie di sorpresa. Speriamo tutte nella vostra felicità, quando sarà il momento..... - concludeva, con una lieve sfumatura di malinconia nella voce.
Betta allora era portata a pensare al peggio, ma cercava di farsi forza e pensare positivo.
La domestica uscì come era entrata, dopo aver deposto un cesto di biancheria appena lavata ai piedi del letto, ed Elisabetta riprese a disegnare.
In realtà il disegno lo faceva più per sfogo personale perché a quanto pareva sarebbe stato proprio messer Gian Piero a occuparsi di persona di tutto quanto.
Era più teso che mai e faceva sempre più domande alla nipote riguardo ai Lanzarotto, specialmente su Lorenzo, per capire quali fossero i suoi giudizi in merito.
La ragazza iniziava seriamente a temere che il vecchio stesse perdendo la ragione. Cosa c'era di così importante di quella famiglia da cercare continuamente in lei un giudizio?!
E poi, erano sempre più presenti nella sua vita quei benedetti Lanzarotto!
Non che li trovasse particolarmente fastidiosi o invadenti, da questo punto di vista padre e soprattutto figlio erano irreprensibili. Ciò che a Betta dava sui nervi era tutta questa incertezza, questa inconsapevolezza di cui lei sembrava essere l'unica vittima.
Nel frattempo il disegno era terminato e così la ragazza alzò il foglio, guardando il risultato senza vederlo, presa completamente dai suoi pensieri.
..............)(...............I giorni erano passati, scanditi dalle visite del sarto e dalla frenesia dei preparativi.
Tutto era pronto e mancava poco alla partenza per l'evento signore della serata.
Elisabetta dovette così indossare il vestito cucito per quella sera, aiutata da Bia.
L'abito era pesante, fatto di morbida stoffa bianca, trapunto di piccoli gigli bottonati rossi orlati di filo d'oro.
Le soprammaniche erano trattenute da una ripresa di stoffa sulle spalle, lasciando vedere le maniche strette della sottoveste rosso cupo, in tinta con i nastri che trattenevano i capelli lasciandoli ricadere morbidamente su una spalla, a sottolineare la scollatura quadra.
Vedendo il proprio riflesso nello specchio, Betta trattenne il fiato, sentendo al contempo di non riconoscersi.
Sapeva quanto la sua età fosse ambigua e incerta.
Quindici anni sono un'età di passaggio, dove non si è più bambini ma non si è ancora adulti, dove il corpo cambia e inganna, dove si può essere felici e un attimo dopo si è sopraffatti.
La persona che ricambiava il suo sguardo nello specchio aveva l'aspetto e lo sguardo di una donna e aveva perduto la beata inconsapevolezza dell'infanzia, cedendo il posto alla gravità degli adulti.
Betta si sedette sul letto, incapace di sostenere ancora quel confronto.
Era come se in quello specchio avesse visto una sfaccettatura ancora sconosciuta di sé stessa, l'immagine di una giovane donna inghiottita dagli intrighi di un mondo di instabile potere.
Era come se avesse visto il suo futuro.
"Firenze è come una spada.... " le sembrava di sentire le parole di Gian Piero risuonarle nella mente. Firenze l'avrebbe ferita o avrebbe accettato di essere impugnata anche da lei?
-Madonna, è ora.
Bia si era affacciata alla porta, pronta a scortare la padrona fino al salone dove messer Gian Piero l'aspettava.
Elisabetta si rialzò, facendosi forza.
Se avesse giocato le sue carte al meglio, quella sera sarebbe andato tutto per il verso giusto.............)(.............
La sala adibita ai festeggiamenti era illuminata da centinaia di candele e meravigliosamente arredata.
Appena arrivati, i de' Servi erano stati condotti lì da un paggio vestito dei colori dei signori di fatto della Dominante e una volta dentro avevano porto i propri omaggi al Magnifico, al di lui fratello Giuliano e a madonna Clarice.
Elisabetta aveva tenuto lo sguardo basso tutto il tempo possibile. Aveva sentito parlare tante volte dei Medici e in termini tali da farle tremare le mani dall'emozione al solo pensiero di incontrarli.
-Così voi sareste l'erede della famiglia de' Servi.- era stato il Magnifico a parlare, e a Betta mancò un battito al sentirsi interpellata.
-Sì, messere....
-Sono rimasto piuttosto colpito dalla vostra storia. Siete stata a Pisa, negli ultimi anni?
-Sì, messere. Ho vissuto nella casa di mia zia, sorella di mia madre. Sono venuta presso mio nonno dietro sua idea- mentì, non sapendo in realtà di dire il vero.
-Non sono con voi i vostri genitori?
Elisabetta strinse le labbra.
A parlare era stata madonna Clarice.
-Ecco.... Loro sono venuti a mancare sei anni fa- mormorò, torcendosi le mani.
Per quanto ci provasse, non riusciva a digerire quella storia e le immagini di quella lontana sera piovosa non facevano che tornarle in mente prepotenti e impietose come mai.
Calò fra loro un silenzio imbarazzato.
A intervenire fu messer Gian Piero, che con un affabile sorriso e tono caldo disse:- Sarà meglio che accompagni mia nipote al suo posto, altrimenti potremmo rimanere senza!
La spiritosaggine ebbe l'effetto di fare affiorare un sorriso divertito sul volto serio di Lorenzo de' Medici e un veloce ma cortese congedo.
Attraversarono la sala finché non trovarono i propri posti alla lunga tavolata che già iniziava a essere occupata dagli altri invitati.
Nonostante l'inizio incerto della serata, tutto proseguì senza intoppi.
Quando giunse il momento delle danze, Elisabetta non si stupì di ricevere l'invito di Lorenzo Lanzarotto, più elegante che mai. Accettò, come fosse tutto un rituale ormai codificato e la coppia si diresse verso lo spazio adibito nel salone, pronto per dare occasione di sfoggio e pettegolezzi per le dame presenti.
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La Dama Di Venere
Historical FictionAnno 1471. Elisabetta de' Servi è l'erede di una ricca e influente famiglia fiorentina, tuttavia abita e cresce a Pisa felice con i suoi genitori e la servitù. Tutto questo fino a che una notte dei sicari infrangono la calma della casa uccidendo a...