I ragazzi

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Andrea, felice sopra ogni cosa, si recò nel punto di lavoro più caldo, dove Francesco lo aspettava impaziente.
-Allora?
-Puoi presentarmi gli altri e insegnarmi qualcosa, che dici?
Bastò tanto perché Francesco si esibisse in uno dei suoi migliori sorrisi.
- E questo chi è?- chiese una voce alle loro spalle.
Francesco si voltò.
- È nuovo, si chiama Andrea.
- Ed è un novellino!- gridò dal fondo della stanza il bel Giannotto, per poi spostare sguardo e interesse su una coppia di ragazze che passavano in strada, lanciando occhiate all'interno e ridacchiando con fare civettuolo.
Motivo per cui Andrea dovette sorbirsi un fischio di apprezzamento da parte di qualche apprendista e una occhiata significativa dell'esuberante allievo dagli occhi neri.
Si voltò, vagamente nauseato da un così grezzo comportamento per fare la conoscenza di Paolo, un bruno piuttosto basso dallo sguardo annoiato.
Il ragazzo era, da come dedusse il pisano, un pigrone indolente dal grande ingegno, qualità apparentemente sprecata in una persona simile.
Poi, uno ad uno, vennero gli altri: Filippo, il simpaticone, Giuliano il laborioso e Marco, il timido.
Giannotto era il bel farfallone del gruppo, quello che dell'arte del corteggiamento ne faceva un vanto e Francesco quello responsabile, generoso, affidabile.
Da loro Andrea ricevette diverse dritte, ad esempio come impastare il colore senza formare grumi o incorporare troppa aria, conquistare al meglio una ragazza (questo era Giannotto) oppure come pulire al meglio un pennello senza danneggiarlo. Si diedero il cambio per fargli imparare a usare carboncino e sanguigna e a distinguerne la qualità, oppure per fargli sciogliere la mano.
Andrea avrebbe potuto osservare per ore Marco mentre con assoluta calma tracciava senza problemi linee perfettamente dritte o curve.
Alla fine della giornata il ragazzino si sentiva al colmo della felicità e della soddisfazione.
- Vieni, ti porto nella tua stanza.- disse Filippo, una volta pulitosi le mani.
Lo guidò attraverso un corridoio spoglio per arrivare a una minuscola stanzetta arredata con una branda e una sedia.
- Dovrò stare qui?- chiese Andrea interessato.
- Sì... Essendo apprendista e non avendo altro oltre a questa occupazione, dipendi dal Maestro. Quindi vivrai qui.
- Capisco.
- Sistemati pure, noi ceniamo di sotto. Ah, non aspettarti chissà cosa. Per cena, intendo.
Gli dedicò un affabile sorriso prima di andarsene.
Andrea entrò in camera.
L'ambiente era accogliente, sebbene un po' impolverato.
Si sedette sulla branda, corredata da una coperta ripiegata a mo' di cuscino e una coperta rattoppata e stropicciata. Doveva essere lì da un pezzo, per essere in quello stato.
Stette lì a pensare a quanto gli era successo nel giro di quell'ultima settimana.
Roba da non credere.
- È pronto!
Una voce echeggiò per il corridoio.
Andrea sospirò, si alzò e si accinse a raggiungere gli altri per consumare la cena.
Passò le dita sulla catenina che aveva al collo, carezzandola lievemente fino a raggiungere il ciondolo, formato da due semplici fedi nuziali d'oro, una più grande dell'altra.
- La pace sia con voi- sussurrò, chiudendo la porta.
- Proteggetemi sempre.-

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