A casa

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Elisabetta uscì dal laboratorio verso le sette del mattino, mentre l'apprendista del fornaio di fronte spazzava il pavimento prima dell'arrivo dei clienti.
Sapeva dove andare.
Palazzo de' Servi era in uno dei quartieri più ricchi della città.
Aveva avuto occasione di passarci davanti per alcune commissioni e di apprezzarne la stupenda facciata e la bella architettura.
Prima di andarsene il Maestro le aveva consigliato di indossare un abito femminile e di sciogliersi i capelli sulle spalle, in modo da rendere più semplice il riconoscimento, infine si era avvolta nel mantello del padre, tirando il cappuccio sul capo in modo da coprirsi parte del volto. Ciò che non doveva in alcun modo dimenticare era che i suoi misteriosi nemici erano ancora a piede libero e molto probabilmente intenzionati a toglierla di mezzo.
Tirò un sospiro per farsi forza prima di bussare al portone, che si aprì poco dopo.
-È presto per le visite- disse un uomo dietro la massiccia anta di legno scuro, con tono leggermente contrariato.
Elisabetta non si fece intimidire. Come avrebbe fatto a farsi valere dinanzi al nonno se bastava un servo a metterla fuori combattimento?!
-È una questione della massima importanza- tagliò corto, entrando a passo svelto.
L'anziano servo la guardò passare con una certa incredulità. Nessuno si era mai permesso tanto in casa del suo signore!
Ma gli ci volle poco per riprendere il suo atteggiamento rispettosamente battagliero.
-Chi devo annunciare?- domandò con leggera stizza.
-Madonna Elisabetta de' Servi- rispose la ragazza, abbassando il cappuccio e voltandosi verso lo stupefatto servitore, che, a bocca aperta, poté ammirarne la grande somiglianza con la fu Lucrezia Linardi.
Non c'erano dubbi che quella giovane dalla chioma ramata e ricciuta fosse la giovane e perduta padrona!
-Madonna... Come potevo immaginare..... Vogliate perdonarmi.... Corro subito ad avvertire messer de' Servi- balbettò l'uomo, abbozzando un inchino per poi accompagnarla in una lussuosa anticamera riservata agli ospiti e correre a chiamare il suo signore.
Elisabetta rabbrividiva per il piacere di essersi finalmente fatta riconoscere e per l'agitazione.
Ricordava abbastanza bene l'episodio della Messa di Mezzanotte, ma non le era bastato per farsi un'immagine precisa del vecchio nobiluomo.
Come l'avrebbe accolta? Sarebbe stato soffocante come la zia Cassandra? Era il cinico e freddo approfittatore che favoleggiava Giannotto?
Non ci volle molto per saperlo.
La ragazza poté sentirlo arrivare, annunciato da una serie di frasi ovattate dette in tono innervosito e beffardo, lo stesso che aveva usato a Natale.
-Augurati che sia davvero lei, Renzo, o ti assicuro che avrai di che pentirti!.... Vale proprio la pena di distrarmi dalle mie occupazioni?! Bah, vediamo- e con questo aprì la porta, trovando la nipote già in piedi, in segno di rispetto.
Il vecchio visto in faccia incuteva ancora più timore che non visto di sottecchi.
Era corpulento, robusto e ogni suo tratto esprimeva forza e severità. La vecchiaia non sembrava averlo scalfito se non nell'aspetto ed Elisabetta dovette trattenersi dallo sprofondare in un inchino, tanto era il rispetto che quella figura ispirava.
Il vecchio si avvicinò a grandi passi, osservandola con fare guardingo e analizzando ogni singola parte del suo aspetto, come aveva fatto poco prima Botticelli. Solo che Botticelli non l'aveva messa così a disagio.
Per qualche minuto, la ragazza ebbe la sgradevole sensazione di essere una merce da bancarella.
Infine, il vecchio sentenziò:- È vero, devi proprio essere la figlia di Andrea e di quella ragazza pisana.... Come si chiamava? Lorenza? Lauretta?-
-Lucrezia- lo corresse la nipote.
-Ah, sì, giusto.... Dopotutto, non era che la figlia di un mercante- fece lui con noncuranza.
Elisabetta sentì un moto di antipatia verso quell'uomo che, seppur velatamente, si prendeva gioco di sua madre. Che cattivo gusto, poi: parlar male di una morta.
-Non aveva colpa delle sue origini, da quel punto di vista non le si può dire nulla.- A quelle parole, gli occhi di messer Gian Piero brillarono di fastidio.
Fastidio che venne velocemente represso.
Si voltò verso Renzo, il servitore.
-Va' da Anna e dille di preparare la stanza di mio figlio. Da oggi accoglierà mia nipote Elisabetta.
E chiedile quanti anni ha sua figlia.
Elisabetta si stupì di quell'ultima frase. Ma che razza di domanda era?! Da rivolgere a una serva, poi...
Renzo si dileguò e i de' Servi rimasero soli.
Gian Piero guardò con aria critica la nipote.
-Togliti il mantello e avvicinati- le ordinò, spiccio.
La ragazza obbedì per poi sentirsi dire:- Questo vestito non è adatto a chi è del mio sangue. Di sopra forse c'è qualcosa, ma sarà bene farti fare un nuovo guardaroba. Domani si vedrà.-
La ragazza non si aspettava un'osservazione simile. L'abito che indossava era semplice, di panno blu scuro con sbuffi di tela bianca ai gomiti e alle spalle, ma molto dignitoso.
Oltretutto, non aveva mai fatto grande attenzione a cosa indossava.
Poco dopo giunse nella sala una donna vestita modestamente, la quale entrò con un inchino e fece cenno alla nuova madonna di seguirla.
La scortò al piano superiore, lungo un corridoio fino a una porta di legno scuro che aprì quasi cerimoniosamente, invitandola a entrare.
Elisabetta non si fece pregare.
Era una stanza grande e ordinata, sobria e confortevole.
Al centro troneggiava un alto letto protetto da cortine di stoffa pesante, il cui solo aspetto metteva voglia di dormirci.
Accanto vi era un inginocchiatoio di noce intagliato sui lati e sopra vi era posto un piccolo libro d'ore.
Non molto distante stava uno scrittoio accuratamente ordinato e corredato di una sedia.
Su un muro vi era una porta aperta su un locale lungo e stretto, con ogni probabilità un guardaroba.
Elisabetta non fece in tempo a finire di ammirare tutto ciò che la domestica attirò la sua attenzione su un bellissimo abito disteso sul letto.
Non era esattamente all'ultima moda, ma era meraviglioso, scollato e a vita alta con lunghe maniche ampie sulle spalle che scendendo verso i polsi andavano restringendosi.
La gonna era ampia e dotata di uno strascico appena accennato.
L'abito era verde salvia, delicatamente ricamato a motivi floreali.
A Elisabetta vennero le lacrime agli occhi pensando che quella meraviglia era certamente appartenuta a sua madre Lucrezia.
Lo indossò con l'aiuto della domestica, Anna, e le parve che assieme al vestito stesse indossando in modo definitivo il suo prestigioso nome.

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