Elisabetta de' Servi, l'erede

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Era l'alba e la città si stava svegliando.
Elisabetta aveva vestito un'ultima volta i panni di Andrea da Pisa e si apprestava a raggiungere lo studio privato del Maestro con il cuore in gola.
Si accorse che le tremavano le mani mentre si avvicinava alla porta e avrebbe dato qualunque cosa pur di cacciare via il senso di nausea che si stava impadronendo sempre più di lei.
Nausea verso se stessa, verso i suoi inganni, verso i pericoli che correva, verso la sua situazione.
"Coraggio, lo hai fatto per una buona causa... Era necessario per la tua incolumità... " continuava a ripetersi, ma senza convinzione.
Una voce alle sue spalle la fece sobbalzare.
-Andrea! Hai bisogno di qualcosa?
Elisabetta boccheggiò. Cosa poteva dire? "Perdonatemi Maestro, il mio vero nome è Elisabetta de' Servi e vi ho mentito per mesi, ma oggi ho deciso di farmi riconoscere e tornare a casa"?
-Ecco... Dovrei parlarvi.
Botticelli la guardò sorpreso.
-C'è qualche problema?- poi aprì la porta dello studio, invitandola con un cenno a sedersi.
Non appena chiuse la porta, la ragazza optò per una confessione veloce e pacata.
-Allora? Non dovevi parlarmi? E allora parla, non preoccuparti.
Elisabetta alzò lo sguardo.
-Appena avrò finito, mi odierete, esattamente come gli altri.
-Ma che dici? Nessuno potrebbe mai odiarti, men che meno fra queste mura.
La ragazza deglutì. Le sue dannatissime mani tremavano come non mai, se le strinse senza pietà per fermarle.
-Voi lo farete....
-Ragazzo, sei davvero strano ultimamente- continuò il Maestro, reso ormai sospettoso da quello strano atteggiamento.
- Io non sono chi ho detto di essere- sbottò lei, sciogliendosi i riccioli e lasciando che ricadessero sulle spalle.
Se ne pentì immediatamente. Oltretutto aveva usato la sua vera voce. Ma perché doveva essere così plateale?!
Botticelli nel frattempo era rimasto di stucco.
Gli ci volle un po' prima di riuscire a trovare le parole giuste.
Si avvicinò a lei con occhio indagatore, come ad analizzare ogni tratto del suo volto.
-Me ne sarei dovuto accorgere prima.... Il tuo volto ha tratti troppo delicati e le tue guance sono troppo lisce per essere un maschio.- sospirò stancamente.
- Immagino quale possa essere il tuo nome.
Elisabetta era incredibilmente sollevata e allo stesso tempo si sentiva crollare.
-Sei la giovane de' Servi, non è vero?
La ragazza sgranò gli occhi, stupita.
-Come avete fatto a capirlo?
Il Maestro la guardò nuovamente e sorrise prima di replicare:- Ho conosciuto i vostri genitori. A guardarvi meglio, avete molto di loro, soprattutto di madonna Lucrezia, vostra madre. Non me ne sono accorto prima, un po' perché vi schermivate molto, un po' perché, lo ammetto, non ho mai fatto troppa attenzione al novellino pisano appena arrivato.-.
Elisabetta ascoltò il Maestro prima di parlare.
-Se conoscevate i miei genitori, sapreste dirmi chi sarebbe il Fosco Messere? È un titolo che ha occupato la mia mente per cinque anni.
Botticelli si fermò, prima di voltarsi fin troppo repentinamente per non destare sospetti.
-Ci sono cose di cui è meglio tacere. Il Diavolo esiste, ma si tende a non nominarlo- rispose, tagliente.
Si fermò, prima di chiedere, più dolcemente:- Immagino vogliate tornare da messer Gian Piero. È legittimo. Partite oggi?
A Elisabetta non era sfuggito quel repentino cambio d'umore, tuttavia rispose:- Sì. Penso di andarmene adesso. Volevo che sapeste, Maestro.... Mi avete perdonata, dunque?
Botticelli la guardò con indulgenza.
-Non c'è motivo di odiarvi per questo inganno. Chiunque conosca la vostra storia vi avrebbe perdonata per molto peggio.
La giovane sorrise, riconoscente.
-Siete al sicuro, qui, a Firenze. Bentornata alle vostre radici.

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