Diciassette.

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Sara Pov's
Stavo dormendo beatamente quando sento squillare il telefono. Mugolo girandomi nella direzione del telefono, apro gli occhi e guardo il comodiono sui cui poggia il telefono. Sospiro e lo afferro, leggo il nome e rispondo.
"Giada." dico sbadigliando.
"Sara sta sera c'è la festa e io non sono pronta." dice massacrandomi un timpano.
"Giada sono le dieci e mezza e mancano ancora dieci ore alla festa." dico poggiando la schiena contro il materasso morbido.
"Lo so, io intendo psicologicamente." dice lei urlando.
"Pensa che sia una festa come tutte le altre, dove si beve e si balla, dove si gioca al gioco della bottiglia e molti ragazzi finiscono col fare sesso nella camera dei genitori di Matteo." dico guardando fuori dalla finestra.
"Si è questo il problema. Il problema è Matteo, non so come comportarmi quando sto con lui." dice con tono calmo.
"Non devi fare niente, devi essere te stessa e basta." mi metto a sedere nel letto e incrocio le gambe.
"Hai ragione, devo essere me stessa e basta. Okay, devo stare calma." tira un respiro profondo e so cosa sta per fare. Tira un urlo e io maledico quel giorno in cui abbiamo cominciato a giocare insieme e poi non ci siamo più separate. "Adesso mi sento bene, grazie amica." dice lei sospirando felice.
"Di niente." dico massaggiandomi le tempie. Sono sole le undici di mattina e la testa mi fa già male.
"Passo da te prima di andare alla festa, mi faccio venire a prendere a casa tua." dice lei dopo poco.
"Va bene, adesso vado a farmi una doccia e poi vedo che fare." dico ridendo e lei fa lo stesso.
"Ciao." dice attaccando il telefono.
Mi alzo e metto le ciabatte, sbadiglio un'ultima volta e scendo in cucina.
"Giorno." dice mia madre con un sorriso a trentadue denti.
"Giorno." dico io sedendomi vicino a mio fratello che sta parlando con papà di calcio.
"Ho saputo che Matteo dà una festa stasera, tu non vai?" mi chiede mia madre sedendosi vicino a mio padre.
"È stata Giada, vero?" le chiedo bevendo il mio latte e cioccolato.
"Sì." dice lei sorridendo. "Allora, non vai?" mi chiede di nuovo.
"No, voglio solo vedere un film stasera." dico pulendomi le labbra. Fin da piccola ho l'abitudine di sporcarmi sempre con il latte e cioccolato.
"Va bene." dice lei annuendo.
"Vado a correre." dice Manu dopo due minuti di silenzio.
"Aspetta, vengo con te." dico sorridendo. Lui sorride e annuisce.
"Vai così, sorellona." dice lui dandomi una pacca su una spalla.
"Vado a cambiarmi e arrivo." dico salendo di corsa le scale.

Dopo circa tre quartieri che ci siamo fatti di corsa, ci sediamo su una panchina vicino ad un negozio di roba vecchia.
"È stato rilassante, era da tanto che non correvo così." dico tirando un respiro.
"Già." dice lui sorridendo e sorseggiando dalla bottiglia d'acqua.
"Come va con Maria?" gli chiedo e lui si gira di scatto nella mia direzione e solo ora noto che ha le occhiaie.
"È finita." dice massacrandosi le mani.
"Come finita? Stavate così bene insieme." dico sconvolta.
"Lo so, ieri mi ha detto che si sarebbe trasferita a Londra per il lavoro del padre. Ha aggiunto anche che la nostra storia a distanza non sarebbe durata e mi ha mollato lì, da solo." dice toccandosi i capelli.
"Oddio." dico mettendomi una mano sulla bocca. Ma non è possibile, si amavano tanto e non ci credo.
"Troppo bello per essere vero, in fondo dovevo aspettarmi una cosa del genere." mi sorride ma so che è tristissimo. Gli do una pacca sulla e lo costringo ad alzarsi.
"Dai, corriamo fino a casa." dico correndo e lasciandolo solo. Lui ride e mi raggiuge.

"Vado io." urlo dal piano di sopra sapendo che è Giada.
"Sara." urla Giada quando apro la porta. Mi abbraccia fortissimo e sorride come una malata.
"Stai benissimo." dico guardandola.
"Grazie mille." dice sorridendo.
"Come ti senti?" le chiedo.
"Benissimo, sa-" non finisce la frase che viene interrota dal clacson di Matteo. "Oh Sara devo andare, ti racconto tutto domani." dice scendendo le scale.
"Non fare cazzate, mi raccomando." le dico aprendo la porta di casa
"Certo, mamma." dice lei ridendo. Entra in auto e Matteo mi saluta con un cenno della testa. Ricambio e torno in casa. Mi siedo sul divano e accendo la TV, sbadiglio e metto una coperta addosso. Mi squilla il telefono e sono tentata dal non rispondere, continua a squillare e sbuffando leggo il nome. Mirko.
"Pronto?" dico facendo finta di niente.
"Sara." dice lui in lacrime.
"Mirko che succede?" gli chiedo preoccupata, mi alzo dal divano e guardo l'orologio in cucina. Dieci e venti.
"Puoi venire?" mi chiede tirando su con naso.
"Certo ma mi dici che succede?" gli chiedo di nuovo e spero di ricevere una risposta.
"È morto." dice e poi singhiozza. "Andrea è morto." dice cadendo in un pianto disperato. Sbarro gli occhi e rimango con la bocca semi aperta. Andrea, il suo migliore amico.
"Arrivo, dove sei?" gli chiedo ed esco di casa preoccupata.
"Al parco." dice lui tirando su col naso. "Arrivo, non fare cazzate, Mirko." gli dico e stacco il telefono.
Il freddo mi congela le mani e i denti cominciano a tremarmi in bocca, mi stringo nella felpa e respiro velocemente. Sentire Mirko piangere mi ha spezzato il cuore, mi ha fatto capire che anche il ragazzo più stronzo della terra prova dei sentimenti.
Arrivo al parco con il cuore in gola e la preoccupazione che mi uccide, è buio e non riesco a vedere quasi niente però riesco comunque a scorgere la sagoma di Mirko seduto vicino al muretto.
"Mirko." sussurro e lui si alza venendo nella mia direzione. Mi avvicino anche io e vedo che indossa solo una maglietta a maniche corte e che non riesce a parlare dal freddo. Mi abbraccia, io lo stringo fortissimo e carezzo la schiena.
"Non doveva morire." dice soffocando i singhiozzi nella mia magliatta.
"Mi dispiace." dico con ghi occhi lucidi.
"Non doveva." ripete e piange ancora.
"Ehi capisco ma lui non vorrebbe mai vederti in queste condizioni. Mirko guardami." dico e gli prendo la faccia tra le mani. "Ascoltami, non piangere, okay? Io credo che lui non voglia vederti piangere per lui." dico e lo costringo a mettere la sua fronte contro la mia.
"Hai ragiona ma-" lo stoppo subito.
"Niente ma. Tu sei forte da superare anche questa, chiaro?" dico mettendogli le mani dietro la nuca. Lui tira su col naso e mi guarda negli occhi. Non ho mai visto così Mirko, ha gli occhi rossi e il naso che cola, ha la pelle d'oca e ad ogni mio tocco rabbrividisce, trema in modo preoccupante e le sue parole sono spezzate da continui singhiozzi.
"Grazie." dice staccandosi da me, con la voce tremante e i capelli che svolazzano da ogni parte a causa del vento forte. Mi prende la mano e io gli carezzo il palmo formando dei piccoli cerchi.
"Non devi ringraziarmi. Ora tu vai a casa e riposi, scrollati da dosso la tristezza e so che le mie parole non serviranno a farti dimenticare Andrea ma ti prego, non abbatterti e continua ad essere il Mirko di sempre, ti prego." gli dico guardandolo negli occhi cercando di essere il più convincente possibile. So che sarà impossibile ma non deve arrendersi. All'improvviso mi ritrovo le sue morbide labbra sulle mie. Chiudo gli occhi e spero che non stia sognando e se è un sogno, vi prego non svegliatemi più.
"Perché?" gli chiedo non staccandomi da lui.
"Perché cosa?" lui guarda i miei occhi e continua ad accarezzarmi la guancia.
"Perché lo fai solo adesso." gli chiedo sorridendo.
"Perché non sapevo cosa provavo veramente per te." mi dice sorridendo anche lui.
"Adesso lo sai?" gli chiedo toccandogli i capelli.
"Sì, ti amo." dice lui guardandomi negli occhi.
"Anche io." sorride e mi abbraccia.

•Il cugino della mia migliore amica•Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora