Capitolo tredici

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Jacob's P.O.V.
«Cosa?» mi chiese disinvoltamente. Mi fermai un attimo ad osservarla: il peso spostato sul peso sinistro, le braccia incrociate al petto e le sopracciglia corrugate nell'espressione che riservava solo e soltanto a me. Indossava una maglia nera con il marchio dell'Adidas e dei jeans chiari con ampi strappi sulle ginocchia.
«Ti andrebbe di essere mia amica?» le domandai tutto d'un fiato.
La sua espressione si distese e le spuntò un sorriso.
«Certo.» rispose. Il mio cuore fece un balzo, non pensavo rispondesse di sì.
«Oh, beh, magnifico.»
«Già.» l'imbarazzo era nell'aria. Per rompere il ghiaccio la abbracciai avvolgendole la vita. Inizialmente stette ferma, ma poi si lasciò andare e ricambiò l'abbraccio.
Muriel's P.O.V.
Così, da zero, mi abbracciò. Devo dire che stare fra le sue braccia mi piaceva. Era come essere sotto una coperta quando fa freddo.
Durò un po' e quando ci staccammo restammo a guardarci negli occhi.
«Beh e ora che si fa?» gli chiesi.
«Iniziamo ad uscire da qui.» feci come aveva detto.
Eravamo una strana coppia di amici al vedersi. Insomma eravamo completamente diversi, sotto ogni punto di vista. Non avevamo nulla in comune, ma quel giorno non ci eravamo ancora messi a litigare, quindi pensavo che un po' sarebbe durata.
Stavamo camminando allegramente nel corridoio quando qualcuno ci ostacolò parandosi davanti a noi come un palo della luce. Jordyn Jones e Maddie Ziegler si erano fermate davanti a noi con degli sguardi disgustati.
«Jacob noi due dobbiamo parlare.» disse la bionda mentre si arrotolava i capelli ad un dito.
«In privato. Ora.» continuò.
«Se vuoi parlarmi lo farai qui. Oppure te ne vai e mi fai un favore.» rispose il ragazzo.
Le due "poco di buono" si parlarono nell'orecchio l'un l'altra.
«E va bene. Perché sei con questa troietta, tra l'altro un anno più piccola?» soggiunse guardandomi dall'alto in basso.
«Troia io? Spero tu stia scherzando.» ero sul punto di mettermi a gridare come un'ossessa.
«Nessuno ti ha chiesto di parlare.» mi rimbeccò Maddie.
«Aspetta che vado a misurare la vastità del gran cazzo che me ne frega di ciò che dici tu Ziegler.»
Lei spalancò la bocca e un'espressione sorpresa si formò sul culo che aveva al posto della faccia.
«Non rivolgerti così alla mia amica.» sghignazzò la Jones.
«Andate tutti affanculo. Non ho tempo da perdere con oche come voi due.» girai sui i tacchi e me ne andai nel giardino della scuola. Mi sedetti sull'erba sotto un'albero e appoggiai la schiena al tronco. Avevo freddo, essendo in maniche corte a Novembre. C'era un bel vento che mi faceva svolazzare i capelli davanti alla faccia.
Sentii la campanella suonare, non mi interessava. Quelle due mi avevano fatta innervosire di brutto. Non ce la facevo più, così mi misi a piangere.
Ero stufa di avere sempre qualcuno che mi trattasse come uno straccio sporco.
Piansi più forte, tanto non c'era nessuno.
Alzai gli occhi e vidi qualcuno correre dalla mia parte. Non capii chi fosse per via degli occhi annebbiati dalle lacrime, che subito mi affrettai ad asciugare. Chiunque intendesse venire da me non avrebbe mai dovuto vedermi in quello stato.
«Chi sei?» chiesi a testa bassa.
«Sono Jacob.» rispose.
«Perché sei qui?»
«Perché, in qualità di tuo nuovo amico più grande, ho il dovere di proteggerti e il diritto farmi i cazzi tuoi.» sorrisi guardando per terra. Si sedette vicino a me e appoggiò anche lui la schiena alla pianta.
«Fatti vedere.» disse prendendomi il viso fra le mani. Subito mi ritrassi.
«Non voglio che tu mi veda conciata così.»
«Pensi che non abbia mai visto nessuno piangere prima d'ora?»
«Non é quello il problema.»
«E qual é?»
«Mi vergogno. Non perché penso che piangendo diventi brutta, ma semplicemente preferisco non farmi vedere lacrimando come una stupida solo per il nervoso.»
Si avvicinò ulteriormente. Le nostre spalle si toccavano.
«Non c'é nulla di male nel piangere.»
«Sì invece.»
«Che cosa?»
«C'é di male che io devo essere forte e non piangere ma sto piangendo lo stesso.» iniziai a tremare. Il vento a contatto con le lacrime mi sferzava il viso.
«Rientriamo, vieni.» disse il ragazzo.
Feci come aveva detto e, una volta dentro, mi sedetti su una panca.
«Vieni qui che ti abbraccio.»
Mi alzai e gli buttai le braccia al collo alzandomi sulle punte dei piedi. Lui mi avvolse la vita stringendomi a sé. Per un momento mi domandai perché fosse diventato improvvisamente così dolce, ma poi subito dopo il dubbio mi sparì.
Inspirai.
Felice. Ecco come mi sentivo in quel momento.

#spaziospazioso
Ed eccomi di nuovo qui con un entusiasmante capitolo! Spero vi piaccia.
Baci vic🐞

Can a bully love? •Jacob Sartorius•Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora