Capitolo sedici

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Passava il tempo e in poco si era fatto Dicembre, più precisamente il cinque, cioè il mio compleanno. Erano già passate quattro ore e trentadue minuti dal momento in cui avevo compiuto tredici anni quando mi svegliai. Come era mio solito presi il cellulare dal fondo del letto e vidi due chiamate perse da Marie, un messaggio sempre da lei e uno da un numero sconosciuto.
«Tanti auguri piccola.» lessi sussurrando. Un sorriso molto più simile ad una smorfia si formò sul mio viso. Sapevo benissimo chi era.
"Come fai a ricordartelo?" Scrissi svelta come risposta. Non volevo apparire acida, ma mi sembrava strano che uno come lui si ricordasse queste cose. Il cellulare non tardò ad illuminarsi nuovamente.
«Ho una buona memoria io.» lessi sussurrando quasi fra me e me.
"Grazie. Comunque mi hai svegliato." Digitai. Poi mi misi a pancia in giù con il piumone fin sopra la testa. Salvai il numero e mi raggomitolai abbracciando il cuscino. Speravo avesse capito che scherzavo con quel "mi hai svegliato". Strinsi a me il guanciale. Avevo bisogno di abbracci.
Rimasi così immobile per un bel po' perché a furia di rigirarmi arrivò l'ora di alzarsi.
Alle sei e mezza scesi in cucina a fare colazione e sul tavolo trovai una torta e un biglietto di auguri dei miei genitori. Lo lessi e poi mangiai una fetta di torta. Dunque preparai lo zaino e mi preparai.
Mi misi le cuffie e mi incamminai verso la scuola calciando un sassolino bianco che alla fine cadde in un tombino. Faceva tanto freddo e mi stringevo nel mio parka sbuffando nuvolette di aria calda. Mi piaceva quel clima, quei brividi dietro la schiena, le mani seccate dal gelo.
Entrai nell'edificio e mi diressi alla mia classe, nella quale la lezione si svolse velocemente.
Suonò la campanella e, come tutti, uscii fuori fermandomi alla macchinetta per prendere una cioccolata calda.
«Muriel!» mi chiamò Marie dal fondo del corridoio. Aveva in mano una specie di involucro verde con una forma piuttosto strana.
La raggiunsi.
«Tieni, é per te.» disse consegnandomi il pacchetto.
«Grazie.»
Lo aprii. Dentro c'era una felpa blu di qualche taglia più grande e delle polaroid che ci ritraevano entrambe. Mi colpì particolarmente una in cui avevamo più o meno cinque anni, giocavamo nell'erba del parco.
«Grazie mille Marie.» la abbracciai e aprii l'armadietto per metterci il regalo, ma un'altro piccolo pacchetto cadde per terra.
«E questo?» dissi, come se stessi parlando con me stessa.
Lo presi dal pavimento e strappai la carta.
Al suo interno c'era una piccola confezione rossa, di quelle per le cose preziose. Con mani tremanti l'aprii; c'era un bell' anello con sopra inciso la parola "piccola" in corsivo e un piccolo bigliettino.
"Di nuovo tanti auguri piccola." Lessi mentalmente.
«Di chi é?» chiese la ragazza vicino a me.
«Grazie per il regalo Marie, ora devo andare, ci vediamo.» e corsi via alla sua ricerca. Dopo un po' lo trovai vicino al suo armadietto. Quando lo raggiunsi avevo il fiato corto. Era con un suo amico, Joey credo si chiamasse.
«Scusate se vi disturbo ma mi serve un attimo Sartorius.»
L'altro ragazzo mi guardò storto.
«Tranquillo te lo riporto intero!» giurai. Poi presi per mano il diretto interessato e lo portai nell'aula di musica, chiudendo la porta alle spalle. Uno sguardo interrogativo era apparso sul suo viso.
«Che c'é? Volevo ringraziarti.»
«Per che cosa?» chiese.
«Questo.» dissi mostrandogli il dono che mi aveva fatto.
«Ah, ehm... prego.» disse poggiandosi una mano sulla nuca.
«Già.» mormorai annuendo. Ero nell'imbarazzo più totale.
«Abbraccio?» chiese guardandosi le scarpe, delle belle Vans.
Annuii e mi avvicinai timidamente; poi gli avvolsi la vita con le braccia e appoggiai la testa sul suo petto.
Stavo bene. Mi piaceva quella posizione, mi sentivo così piccola e così protetta.
Provai a staccarmi, ma non mi lasciò andare.
«Che cosa c'è?» domandai.
«La neve.» disse. Mi girai e andai alla finestra. Poi lui si mise vicino a me. Sembravamo due bambini, i nasi schiacciati al vetro.
«Nevica perché non ci siamo ancora urlati contro.» dissi.
«Allora sarà meglio non urlarci addosso per un po'» concluse.
Quando suonò la campanella lo ringraziai di nuovo e uscii.
Jacob's P.O.V.
Uscii dalla stanza dopo di lei e mi ritrovai davanti Joey.
«Hey cosa avete fatto chiusi là dentro per così tanto tempo? Non dirmi che...» mi prese in giro con uno sguardo perverso.
Gli tirai un pugno sulla spalla e gli risposi in modo aggressivo: «Abbiamo solo parlato.»
«Amico, stavo solo scherzando.» si difese.
«Ti conviene.» chiusi la discussione, poi me ne andai in classe.

#spaziospazioso
OLÉ eccomi qua! Here I am! Yeah! Dunque, ho aggiornato, quande medaglie mi merito?
Passate a leggere Alien o vi mangio. Seriamente, ho già messo l'olio per friggere nella padella.
Baci vic🐞

Can a bully love? •Jacob Sartorius•Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora