Capitolo ventidue

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Sulla macchina di Marie c'eravamo io, lei e Joey, i due si erano messi insieme.
Il giorno dopo sarebbe iniziata la scuola.
Dopo circa quaranta minuti arrivammo all'aeroporto e scendemmo dall'auto. Dunque entrammo e cercammo le file per l'imbarco dei bagagli.
«E a Edimburgo come farai?» le chiesi mentre andavamo a prendere qualcosa ad un bar lì vicino.
«Papà dice che avremo una cottage con un giardino in una zona un po' in campagna e per la scuola mi ha iscritta in una specie di istituto con un nome strano.» sospirai. Marie mi sarebbe mancata parecchio.
«Non sembra poi così male in fondo.» non ci credevo per niente.
La ragazza mi guardò male.
«Ehm... molto in fondo.» Joey ci ascoltava attentamente non staccando gli occhi dalla sua ragazza. Aveva uno sguardo molto dispiaciuto, si vedeva benissimo.
Quando tornammo alle file i genitori della mia amica non c'erano più.
«Hanno detto che sono al piano di sopra.» disse leggendo dal proprio cellulare.
Salimmo sulle scale mobili che ci portarono al secondo piano, un'enorme stanza con le pareti di vetro e la gente che andava in giro a zonzo o guardava gli aerei decollare. Ci sedemmo su delle sedie di ferro disposte verso la pista degli atterraggi. Marie poggiò la testa sulla spalla di Joey e lui le baciò la fronte. Feci loro una foto di nascosto e poi continuai a guardare gli aerei parcheggiati davanti a noi. Ce n'era uno che decollava proprio in quel momento. Prese velocità e sfrecciò sulla pista fino a decollare e sparire piano piano nel cielo annebbiato.
«Ragazzi, dobbiamo imbarcarci.» annunciò la mamma di Marie con la voce piatta.
«Mi mancherai da morire.» le ricordai mentre la abbracciavo forte. Lei mi strinse di più.
«Ti prometto che tornerò tutte le estati.» mi staccai e mi misi un po' sulla destra. Il ragazzo si avvicinò a lei e la abbracciò come avevo fatto io, ma poi le prese il viso fra le mani e la baciò in un modo che dava un po' nell'occhio. I genitori della ragazza spalancarono gli occhi e io feci lo stesso.
«Andrà tutto bene.» disse al ragazzo quando si staccò.
«Qual è il vostro aereo?» chiesi.
«Dovrebbe essere quello con la scritta azzurra, là in fondo.» me lo indicò. Annuii.
«Devo andare ora. Beh, ci vediamo.» disse a malincuore.
La guardammo scendere le scale e salire sul pulmino che la portò all'aeroplano con la scritta azzurra. Ci schiacciammo con la faccia sul vetro e la guardammo salire sull'enorme veicolo che in poco decollò e sparì nelle nubi grigie.
«Andiamo Joey.» gli poggiai una mano sulla spalla e lui si girò rivelando una lacrima sul suo viso.
«Non piangere, andrà tutto bene.» lo abbracciai, lui posò la testa sulla mia spalla e pianse ancora inumidendomi la felpa.
«Vuoi essere mia amica?» mi chiese mentre camminavamo verso l'uscita.
«Certo. Se vuoi possiamo anche scambiarci i braccialetti.» vidi l'ombra di un sorriso sul suo viso.
«Quelli con su il segno dell'infinito.» sorrisi e gli avvolsi un braccio attorno alle spalle.
«E potremmo darci dei soprannomi. Tu sarai fiocchetto rosa.» continuai. Ci sedemmo su due sedili piuttosto in fondo nel pullman.
«Non penso sia il caso di arrivare a tanto.» rispose. Poi chiuse gli occhi .
«Non dirmi che non ti piacerebbe che ti chiamassi fiocchetto rosa.» gli bisbigliai.
«Diciamo che preferisco Joey a fiocchetto rosa.» sorrise un'ultima volta e poi si addormentò.

«Fiocchetto rosa sveglia, siamo arrivati!» lo scossi e lui sobbalzò. Il ciuffo gli si era afflosciato sulla faccia.
«Ci siamo già?» aveva la voce impastata dal sonno.
«Esatto, datti una mossa, hop hop!» lo scavalcai e mi portai sul corridoio.
«Aspettami! Devi essere il mio bastone della vecchiaia, torna qui!» mi urlò quando ero arrivata quasi alla porta.
«Muoviti Fiocchetto!»
Lui corse verso di me e scese dal mezzo. Quando scesi anche io  si appoggiò a me con tutto il peso.
«Forza bastone, portami alla mia dimora!»
«Fiocchetto rosa stai delirando! E poi non so nemmeno dove abiti!»
«Tre case prima della tua. E ora va!» mi incamminai ridendo e dopo un po' finalmente decise di staccarsi.
«Dov'é finita tutta la tua vecchiaia nonnino?» lo presi in giro.
«In pensione.» camminammo fino a casa sua parlando di cose molto serie e poi ci salutammo.

#spaziospazioso
HERE COME DAT BOI SHIT WADDAP!
Baci vic🐞

Can a bully love? •Jacob Sartorius•Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora