Capitolo trenta

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I miei avevano preso malissimo la faccenda di Jordyn.
Mi avevano anche messa in punizione: sarei potuta uscire di casa solo per andare a scuola. E così io mi ero chiusa in camera mia a chiave.
Per protesta di giorno non mangiavo, ma di notte, quando non guardavano, in punta di piedi andavo in cucina e sgraffignavo qualcosa.
Poi il lunedì tornai a scuola. Era arrivato un avviso per la gita di quell'anno che comprendeva sia le prime che le seconde.
«Mamma ti prego, almeno alla gita!» mi inginocchiai davanti a mia madre che leggeva attentamente il modulo.
«Vedremo.» sbuffai e me ne tornai nella mia stanza come al solito.

Quella sera decisi che la mia ribellione si sarebbe conclusa e mi unii ai miei per mangiare.
«Alla fine posso andarci in gita?» domandai in un momento di silenzio.
Mamma guardò papà. Poi sospirò.
«Va bene. Ma se fai un altro passo falso ti rinchiuderemo in un collegio.» mi ammonì.
«Ti amo mamma!» quasi saltai sulla sedia.
«Ora calmati e finisci di mangiare mangiare però.»

Il giorno dopo riportai a scuola l'autorizzazione firmata e la quota da pagare per il pullman.
Fu una giornata che trascorse velocemente, soprattutto perché mancavano due insegnanti e le ultime due ore ci diedero il permesso di andare a casa.
«Muriel!» sentii una voce maschile chiamarmi. Mi girai e, notando che si trattava di Jacob, corsi verso di lui e lo abbracciai.
«Andiamo a mangiare da in&out burger?» mi domandò.
«Ma in questa città non c'è in&out burger.» gli ricordai.
«L'hanno appena aperto a due passi da qui.» ci riflettei.
«Io sarei in punizione, non penso che i miei potranno essere d'accordo.» dissi a bassa voce.
Lui mi fece il labbruccio.
«E va bene.» chiamai mia madre che mi rispose che le andava bene ma comunque sarei dovuta tornare a casa presto per fare i compiti.
«Ad una condizione: devo tornare a casa per le tre.»
«Ce la possiamo fare.» ci avviammo verso il fast food e verso metà strada Jacob mi prese la mano facendomi arrossire.
Ancora non mi ero abituata a quei piccoli gesti che fra amici non ci si sogna nemmeno di scambiarsi; infatti ad ogni tocco migliaia di farfalle facevano wrestling nel mio stomaco e altrettanti brividi percorrevano la spina dorsale. Era una delle cose che amavo più di quel ragazzo. Ogni piccolo avvenimento, ogni nonnulla mi lasciava elettrizzata, incredibilmente felice  e in pace col mondo.
Sempre mano nella mano entrammo e facemmo le nostre ordinazioni.
«Cerca pure un tavolo, poi io arrivo.»
«Non ti serve aiuto?» gli chiesi.
«Tranquilla. Faccio io.» rispose.
«Che principe.» gli lasciai un bacio sulla guancia e partii alla ricerca di un posto vuoto.
In poco arrivò anche lui con un vassoio rosso fra le mani.
«Potrei morire di fame.» commentò sedendosid accanto a me. Io presi il mio panino e la coca cola che avevo comprato e cominciai a mangiare.
«Siamo affamate eh?»
«Parla lui.» entrambi stavamo divorando il nostro pranzo come se non avessimo mangiato per anni.
Passammo il tempo a scherzare in quel modo finché non arrivò il momento di andare ognuno a casa propria.

#spaziospazioso
Mi dispiace aver aggiornato in ritardo ma in questi giorni non sto molto bene e perciò... boh.
Scusate se il capitolo è un po' corto e scritto male ma è uno diciamo... "intermedio", visto che voglio far succedere al più presto qualcosa di... qualcososo.
Ed essendo che non posso farlo capitare a caso, altrimenti non sarebbe credibile, ci vuole qualche bel capitolo merdino in mezzo giusto? Giusto.
Baci vic🐞

Can a bully love? •Jacob Sartorius•Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora