Capitolo quindici

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«Muriel io vado al lavoro, attenta a non fare cagate, mi raccomando, mi fido di te. A mezzogiorno verrà la vicina a controllare se sei viva.»
Mimai un "okay" con la mano nella direzione di mia madre e mi lanciai sul divano. Mi aveva dato una tachipirina e la febbre si era momentaneamente abbassata, perciò sudavo come un ghiacciolo nel forno.
Presi il telecomando e cominciai a fare zapping fra i canali in cerca di qualcosa da vedere.
Non mi ricordavo che avere la febbre fosse così noioso. Me lo aspettavo più... più.
Non c'era nulla che valesse la pena guardare, così spensi la televisione e andai in cucina. Stranamente mi era venuta fame. Aprii la credenza e presi il barattolo della Nutella; ci misi il dito dentro, ne presi una quantità industriale e la spalmai su un biscotto. Lo mangiai mentre camminavo cantando a squarciagola.
«In mezzo a questo cerchio c'é un broccolo, c'é un broccolo, in mezzo a questo cerchio c'é un broccolo e sei tu!» andavo in giro urlando, poi indicavo un oggetto a caso e ricominciavo a strillare.
«Basta così Muriel.» dissi ad alta voce. «Sembri una disperata.»
Salii le scale per andare in camera mia e, dopo grande riflessione, decisi di farmi una bella dormita.
«Ghi bela vuole abarire dando deve dormire.» dissi ad occhi chiusi cercando di imitare al meglio la voce di un vecchio monaco tibetano.

Quando mi svegliai la febbre mi era ritornata. Di lì a poco sarebbe dovuta arrivare la vicina, ma non si presentò. Al suo posto venne la persona che in quel momento avrei voluto vedere di più.
Il campanello suonò ed io andai ad aprire.
«Ciao Jacob.» dissi sollevata. «Come fai a sapere che ero a casa?» continuai.
«Beh, non ti ho vista a scuola.»
«Ah, giusto, domanda stupida. Vuoi entrare?»
«Va bene.» il ragazzo entrò ed io mi lasciai cadere sul divano, abbracciando un cuscino.
Si sedette con me e mi poggiò una mano sulla fronte.
«Devi mangiare qualcosa.» disse.
«No. Non ce la faccio.» ero stanca ma decisa.
«Muriel ti prego non obbligarmi a portarti in cucina di peso.» incrociai le braccia al petto e mi girai dall'altra parte. Non avrebbe vinto lui, non sta volta. Affondai la faccia in un angolo e mi misi a pancia in giù.
«Muriel conto fino a tre. Uno... due...» strinsi con forza il bracciolo.
«Tre.» le sue mani si posarono su di me prendendomi di peso con straordinaria facilità. Un brivido gelido mi percosse: la febbre colpiva ancora. Cominciai a tremare e mi attaccai a Jacob in cerca di calore.
«Cosa vuoi mangiare?» mi chiese.
«Mangiare? Mi viene la nausea all'idea di toccare del cibo in questo momento.» continuavo a tremare. Mi mise la sua felpa sulle spalle e io la sistemai in modo da coprirmi il più possibile.
«Facciamo così. Visto che non so cucinare, vado a prenderti un cappuccino da Starbucks e arrivo. Tu non muoverti, mi raccomando.»
«Come se dovessi andare chissà dove.» sbuffai buttando gli occhi al cielo. Mi sdraiai. Ero distrutta e avevo freddo.
Nel giro di dieci minuti, Jacob era tornato e aveva una macchia enorme di cappuccino sulla maglietta. Quando lo vdi scoppiai in una risata roca e piena di colpi di tosse. Sembrava mi fossi appena fumata un pacchetto intero di sigarette.
«Non ridere, mi sono ustionato per te.»
«Grazie» dissi. Dunque bevvi tutto d'un sorso e feci una smorfia alla fine. Presi una delle tachipirine che mia madre mi aveva lasciato sul tavolo della cucina e la sciolsi in un bicchiere d'acqua. Bevvi anche quella e tornai in sala.
«Visto che sei qui dobbiamo pur fare qualcosa no?» lo presi per mano e salii in camera mia.
Accesi il mio portatile e aprii le finestre. Intanto Jacob mise un film. Capii dalla colonna sonora a massimo volume che era Pirati dei Caraibi. Appoggiò il computer sulla scrivania e si scaraventò suo mio letto.
«Ed ora tutti zitti.» disse.
Mi misi di fianco a lui e insieme guardammo il film.

#spaziospazioso
Questo capitolo mi fa un po' cagarino, ma fa nienteh. Passate a leggere alien o vi lancio un Cameron Dallas allo stato brado.
Baci vic🐞

Can a bully love? •Jacob Sartorius•Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora