Capitolo ventitrè

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La scuola era ricominciata da due giorni, la vita era tornata la stessa.
Era l'intervallo prima della terza ora e non avendo Marie con cui parlare mi diressi verso l'aula di musica e, come era mio solito, mi sedetti sullo sgabello del pianoforte e sistemai i fogli con gli spartiti e il testo di una canzone.
Suonai il primo accordo e sentii la porta aprirsi di colpo.
«Muriel ti devo chiedere una cosa.»  disse la voce affannosa dietro di me.
Girai lo sgabello dalla sua parte.
«Spara.»
«Ti va se dopo scuola usciamo a fare un giro?» mi chiese.
«A che ora?»
«Boh, quando ti vengo a prendere andiamo.» disse facendo spallucce.
«Vedo che hai un programma fissato nella mente.» considerai sarcasticamente.
«Organizzazione è il mio secondo nome.» rispose mentre la campanella suonava; mi alzai e raggiunsi la mia classe.

Ero stravaccata sul divano a mangiare patatine quando sentii il campanello suonare. Andai ad aprire.
«Ma non sei ancora pronta? Che lumaca!» mi prese in giro.
«Ci metto un attimo sua maestà.» lo lasciai lì e corsi in bagno; mi lavai i denti, mi legai i capelli in una coda alta e mi infilai delle scarpe.
«Eccomi.» indossai il parka ed uscii chiudendomi a chiave la porta alle spalle. Poi mandai un messaggio a mia mamma per avvisarla.
«Dove andiamo?» chiesi.
«Dove vuoi andare?»
«Andiamo nel mio posto segreto.» gli misi un braccio attorno alle spalle e lui mi avvolse la vita con il suo.
Gli alberi che circondavano lo spiazzo d'erba erano spogli ma i rami fitti riuscivano comunque a coprire la visuale. L'erba era umida ed il laghetto completamente ghiacciato. La panchina di legno che si trovava sul bordo vicino all'acqua era fredda. Il salice posava i rami sul ghiaccio ondeggiando lievemente con gli spifferi del vento.
«Vieni.» lo presi per mano e insieme salimmo sulla lastra gelida che era diventato il lago.
Provai ad andare un po' più verso il centro ma scivolai goffamente per terra.
Sentii Jacob scoppiare a ridere, così mi girai. Si stava tenendo la pancia e aveva gli occhi chiusi.
«Sembravi un elefante!» urlò fra le risate. Mi alzai e andai dietro di lui. Presi la rincorsa e gli saltai addosso facendolo cadere.
«E tu sembri una pantegana con il corpo da struzzo.» risposi trionfante.
«Cosa hai detto?» era ancora sdraiato.
«Che sembri una pantegana con il corpo da struzzo.»
«Ti conviene correre.»
Feci come aveva detto dirigendomi verso il salice su cui mi arrampicai.
«Vieni a prendermi struzzegana!» anche lui si arrampicò. Subito salii sul ramo più alto, ma anche lui era agile e in pochi secondi mi raggiunse.
«Non mi prenderai mai!» gli feci la linguaccia e mi sporsi su un ramo più in basso, poi mi lasciai cadere dalla parte dell'erba. In quattro e quattr'otto mi rimisi a correre per poi nascondermi dietro il tronco di un albero piuttosto largo.
Adrenalina e ansia mi scorrevano nelle vene. Guardai ai lati e non lo vidi. Feci un sospiro di sollievo e mi sedetti appoggiando la schiena alla corteccia.
«BU!» il mio cuore fece un tuffo; cercai di scappare ma ormai mi aveva chiuso fra le sue braccia.
Mi godetti il momento e lo abbracciai anche io.
«Sei in trappola Muriel.»
«Io non mi sento in trappola.» mi strinse più forte a sé.
Jacob's P.O.V
La strinsi forte a me, come se non la volessi far scappare.
Ero felice che finalmente quella sua amica se ne fosse andata, almeno non mi avrebbe messo i bastoni fra le ruote.
«Sei mia Muriel.» le ricordai infine.

#spaziospazioso
Questo capitolo non mi piace ma fa niente lol. Devo dirvi due robe:
Primo che ho pubblicata una fanfiction su Joey Sonofigo Birlem che si chiama Alaska e voi andrete a leggerla.
Secondo che ho trovato un nome per voi mie fedelissime fan: strezzegane. Che nome orribile.
Baci vic🐞

Can a bully love? •Jacob Sartorius•Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora