Capitolo ventisei

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«Muriel non esci più con quel tuo amico?» mi chiese mia mamma.
«Quale amico?»
«Quello che ti è venuto a prendere l'altra mattina.»
«No.» non avevo voglia di parlarne.
«E perché?»
«Perché mi deve chiedere scusa. E lo odio.» risposi coprendomi la testa col cuscino.
«Che testa di legno che sei.»
«Piantala.» la zittii e corsi in camera mia. Chiusi la porta e fermai la maniglia con una sedia, poi mi sedetti sul letto con le gambe contro il muro. Cominciai a muovere i piedi a destra e a sinistra, poi il mio cellulare squillò. "Jacob" apparve sul display.
Gli misi giù senza pensarci e tornai alla mia attività.
Il cellulare squillò per altre tre volte e per altre tre volte misi giù.
Poi sentii bussare.
«Via.» la porta si aprì comunque facendo cadere la sedia.
«Cosa vuoi.» affermai.
«Voglio chiarire.» si sedette accanto a me.
«Vuoi ammettere che avevi torto e vuoi chiedermi scusa come è giusto che dovresti fare?»
«Non esattamente.» rispose.
«In tal caso vattene. Addio.»
«Muriel guardami in faccia per favore.» gli rivolsi uno sguardo di sfida.
«Hai un minuto.»
«Mi dispiace per averti detto quelle cose l'altro giorno e per averti toccato il sedere.» fece una piccola pausa. «Va bene così?»
«Voi maschi. Non sapete scusarvi sinceramente senza fare la scenetta dei bambini dell'asilo.» buttai gli occhi al cielo.
«Io ero sincero!»
«No non lo eri, tu volevi solo cercare di farmi dimenticare ciò che è successo.»
Sbuffò.
«Sua altezza mi dispiace moltissimo averla offesa in tal modo, il mio cuore si strugge al pensiero di tali situazioni; mi concederà mai il suo perdono?» mi prese in giro. «A parte gli scherzi, scusami davvero.» lo guardai male.
«Dai perdonami. So che lo farai. Oppure ti farò esasperare a tal punto da perdonarmi. Forza. Avanti. Ce la puoi fare. Perdonami. Dai. Ti prego. Muoviti. Su. Torniamo come prima. Da...»
«Ho capito, piantala ora! Ti perdono!» urlai. «Ti va bene così?»
«Certo che mi va bene. Ed ora usciamo a farti prendere un po' d'aria che sembri un'ameba.»
«No.»
«Sì invece.»
«No.» incrociai le braccia al petto.
«Forza.» con un violento strattone mi tirò giù.
Sbuffai e mi misi il cappotto; dunque scendemmo le scale e avvisai mia madre per poi uscire chiudendomi la porta alle spalle.
«Dove dobbiamo andare?»
«Ti piacerà.» annuii e mi misi le mani in tasca; camminammo per una buona mezz'ora fino ad arrivare davanti al luna park.
«Non posso.» dissi fermandomi di colpo. «Non ho portato i soldi.»
«Pago io. Ora andiamo.» senza che potessi contestare mi prese la mano e andò verso la cassa davanti ad una giostra.
«Un giro per due.» pagò ed insieme entrammo in una specie di sfera di plastica trasparente; una volta seduti su dei sedili ci assicurarono e chiusero la sfera. Mi guardai intorno: era agganciata a due grossi elastici e tenuta a terra da una specie di fionda.
«Pronta?» chiese Jacob. Scossi la testa.
La fionda tirò verso il basso la palla che subito dopo schizzò verso il cielo ad una velocità assurda. Urlammo per l'euforia e la paura che si fondevano diventando adrenalina pura. Quando la palla di plastica si fermò scendemmo e andammo verso un'altra attrazione.

«Sono distrutta.» mi lamentai avventandomi su una panchina.
«Ci sono rimasti cinque dollari. Ti va di fare qualcosa di riposante?» mi chiese. Feci di sì con la testa.
«Va bene. Resta un attimo qui.» mi misi a gambe incrociate e lo guardai allontanarsi.
Quando tornò indietro aveva in mano un enorme zucchero filato azzurro. Me lo porse.
«Grazie.» gli dissi.
«Andiamo a fare qualcosa di tranquillo.» piano piano si stava facendo buio.
Ci fermammo davanti ad una bella ruota panoramica sulla quale salimmo sedendoci uno accanto all'altra. Parlammo e finimmo il bastoncino di zucchero guardando ogni tanto fuori dalla finestra.
Ad un certo punto, quando eravamo esattamente sulla parte più alta, Jacob mi mise un braccio attorno alle spalle e poggiò la mano sulla mia guancia. Lo guardai negli occhi e sorrisi. Lui ricambiò e senza che niente fosse mi lasciò un innocuo bacio sulle labbra. Durò molto poco ma probabilmente fu il momento più bello della mia vita. Dopo quel gesto appoggiai la testa sulla sua spalla e guardai fuori. Non parlammo più finché non mi accompagnò a casa davanti alla quale mi salutò timidamente per poi andare via inghiottito dall'oscurità.

#spaziospazioso
Mi dispiace essere stata assente per molto tempo, perdonatemi😭 ho deciso che aggiornerò una volta a settimana, precisamente tutti i lunedì.
Baci vic🐞

Can a bully love? •Jacob Sartorius•Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora