Capitolo ventinove

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Bussai a casa di Jacob e il ragazzo mi aprì.
«Saliamo così mi racconti.»
Percorremmo le scale fino alla sua stanza dove entrai e mi sedetti sul letto.
«Allora?»
«Eravamo in palestra e quella pazza schizofrenica mi ha insultata, così l'ho insultata anch'io e lei mi ha tirato uno schiaffo. Allora io le sono saltata addosso e abbiamo cominciato a fare a pugni finché la prof di ginnastica e la preside ci hanno separate e mandate in infermeria. E alla fine ha convocato i nostri genitori per un "colloquio di gruppo"» mimai le virgolette con le dita.
«Non é che puoi ospitarmi?» gli chiesi alla fine del racconto.
«In che senso?»
«Beh, quando i miei genitori torneranno dal colloquio saranno furiosi e magari potresti nascondermi qui finché beh... non placheranno la loro ira.» lui sorrise. Caspita che sorriso.
Feci una smorfia cercando di imitarlo ma ciò che uscì fu un sorrisetto amaro e un risolino sommesso.
«Che cagata che ho fatto.» ammisi a testa bassa quasi come se stessi parlando da sola. Poi sbuffai e appoggiai la testa alla sua spalla.
«Perché devo essere così stupida?» mi lamentai.
«Tu non sei stupida.»
«Se non fossi stata stupida non mi sarei abbassata al suo livello. Se non fossi stata stupida non l'avrei picchiata. Ma l'ho fatto. Perciò sono stupida.»
Mi strinse a sé e mi lasciò un bacio fra i capelli.
Aveva un tocco spaventosamente rilassante e delicato che mi faceva scorrere via tutte le preoccupazioni. Chiusi gli occhi e mi godetti il momento calmandomi leggermente.
«Non ti facevo così dolce.» gli sussurrai.
«Sono fantastico io. Dovresti saperlo.» rispose con tono orgoglioso.
«Ma piantala.»
«E sai cos'altro è fantastico?» scossi la testa lentamente stando sempre appoggiata a lui.
«Tu sei fantastica.» sorrisi arrossendo.
«Lo pensi davvero?» gli domandai.
«Certo che lo penso. E non ti cambierei nemmeno con mille meglio di te.»
«Sarebbe dura anche trovarne solo una meglio di me.» scherzai. Adoravo il nostro rapporto. Non facevamo altro che ridere, punzecchiarci e ridere ancora fino alle lacrime.
«E soprattutto apprezzo la tua modestia.» proseguì. Ridacchiai.
Poi mi suonò il cellulare.
Era mia madre.
Merda.
Guardai Jacob negli occhi. Avevo un nodo in gola, il fiato corto e il cuore che andava a mille.
«M-mamma?» cercai di assumere un tono più naturale e innocente possibile.
«Come ti è saltato in mente di picchiare una ragazza eh? Ma sei impazzita?!»
«Mamma io...»
«Dove sei?!» era furente come pochissime volte era stata.
«A casa di Jacob.» la mia voce si abbassava a poco a poco.
«Per stasera farai meglio a starci! Domani faremo i conti, sia chiaro!» mise giù senza che potessi rispondere. Jacob mi guardava dispiaciuto.
«Posso stare qui stasera?»
«Certo. Ti do un pigiama di mia sorella. Basta chiedere ai miei.»
Scese le scale e chiese a sua madre se potevo restare e lei acconsentì. Quando ritornò aveva un pigiama grigio fra le mani.
Lo appoggiò sul comodino accanto a lui.

Quella notte non dormii. Un po' avevo paura per il giorno successivo, un po' ero incantata dall'immagine davanti ai miei occhi: Jacob aveva gli occhi chiusi e respirava con il naso. Le guance rosee erano bianche e nere leggermente illuminate da un raggio di luna che faceva capolino dalla tapparella non completamente abbassata. Eravamo vicinissimi e riuscivo a sentire il calore del sul corpo. Cercai la sua mano sotto la coperta e la strinsi piano avendo cura di non svegliarlo.
Chiusi gli occhi ma rimasi sveglia ad ascoltare il suo respiro.

#spaziospazioso
Capitolo scritto oggi 📝. Un po' schifoso ma dettagli👌🏾
Baci vic🐞

Can a bully love? •Jacob Sartorius•Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora