-2. Mio fratello

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Rimasi di sasso

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Rimasi di sasso. Mio fratello stava morendo.

Oddio, è vero che non lo sopportavo sin da piccolo. Era stato sempre il più grande, il più bravo, il preferito dalla famiglia.  

E poi aveva sempre giocato a fregarmi. Quando ero adolescente non riuscivo a tenermi una ragazza per più di quindici giorni che già lui si faceva avanti e me la portava via con la sua auto, con la sua età maggiore, con la sua capacità di dire le cose giuste al momento giusto.

Era riuscito sempre a togliermi le cose facili lasciandomi a combattere per le più difficili; ad esempio, quando avevo trovato il mio primo lavoro grazie ad un amico, era stato lui a offrirsi per lo stesso posto, mostrando maggiore esperienza e obbligandomi a trovare altro.

La cosa era andata avanti per anni. Non mi aveva lasciato mai nulla di facile, mi aveva fatto sudare, combattere, stringere i denti, tutto sempre con un sorriso e una pacca sulle spalle.

Peraltro avrei dovuto anche ringraziarlo, perché grazie a lui mi ero dovuto fare strada con la forza della disperazione e con una tenacia di cui mi stupisco ancora ora.

Così si può dire che è anche grazie a lui che ero giunto ad occupare un posto di responsabilità mondiale. In realtà anche questa occupazione poteva prefigurare una sconfitta, pensai, vista la situazione in cui mi trovavo...

Poi, improvvisamente, seppi che stava morendo. Aveva sempre avuto una buona salute e un fisico prestante, e non mi sarei immaginato una cosa così. È vero che non lo vedevo da un paio d'anni, ma rimasi di sasso lo stesso sapendo che doveva morire per un male incurabile.

Il giorno dopo avevo preso il primo aereo per il Brasile, luogo in cui lui abitava da anni e aveva creato, dal nulla, un'intera industria. Ero andato direttamente in ospedale, precipitandomi nella sua camera con una foga inaspettata.

La sua stanza era in penombra; fuori il cielo era grigio di nuvoloni, la pioggia scivolava sui vetri e un leggero soffio di vento scuoteva incessantemente le foglie degli alti alberi attorno all'ospedale.

Avevo immaginato un Brasile soleggiato, una foresta amazzonica, un ospedale luminosissimo con mio fratello attorniato da infermiere bellissime, tutte adoranti e attratte come al solito dalla sua parlantina senza limiti.

Invece era solo, immerso in un'atmosfera triste e senza speranza; lui, fonte incontrollata di ottimismo e di forza quando mi parlava, in quel momento era sconfitto da un qualcosa di più grande e maligno. Ebbi un attimo di compassione, poi mi ripresi: lui si era girato di scatto lanciandomi una delle sue occhiate sardoniche.

Mi ero sbagliato pensando ad un uomo sconfitto. Quello aveva una faccia quasi divertita e compassionevole nei miei confronti! Ancora una volta mi aveva fregato.

Lo salutai un po' freddino, quando lui mi fece cenno di avvicinarmi.

- Ciao. Come stai?- mi disse lui.
- Figurati. Lui casca a pezzi e chiede a me come sto.

- Dai, non ti arrabbierai ancora. Ti devo dire una cosa.
- Ah lo so come finirà! Mi lascerai con un qualche problema da risolvere, uno dei tuoi enigmi da far girare la testa..

- Questo può sempre succedere, ma adesso più che altro sono io che ti devo una spiegazione.
- Cosa? - chiesi più curioso che mai. Lui mi doveva qualcosa. Questa era già una sua ammissione di sconfitta, pensai scherzosamente.

Aggrottò la fronte. Poi fece per mettersi a sedere e ci riuscì, senza tradire nessuno sforzo e senza farsi aiutare. Tutta scena, pensai.

- Come va al Governo Mondiale?

Rimasi sorpreso. Lui stava morendo. Mi doveva pure dire qualcosa di molto interessante e invece mi faceva domande oziose sul mio lavoro.

- Il Governo Mondiale sta bene. I rappresentanti delle varie nazioni sono quasi tutti d'accordo. La risposta del mondo sarà unanime...- mi fermai pensando che queste manfrine da raccontare ai giornalisti a lui potevano anche non interessare.

Infatti, appena mi fermai, lui fece una risata divertita, anche se visibilmente sofferente. Poi mi apostrofò:

- Uh uh. Tu saresti il diplomatico. Secondo me il cosiddetto Governo Mondiale non sa che pesci pigliare.

- È vero - capitolai. Anche se parlavo con lui, le notizie non si sarebbero diffuse. Tanto muore presto, pensai con un brivido. Mi meravigliai di essere diventato così cinico.

Poi gli chiesi:
- Cosa sai tu degli alieni?
- Ufficialmente questi alieni vogliono mettersi in contatto pacificamente con la terra. Hanno chiesto alle varie nazioni di superare le difficoltà nazionali e campanilistiche per affrontare una realtà universale. Affermano di far parte della parte migliore della Galassia e che ci devono proteggere dalla parte peggiore.

- Perché dici ufficialmente ? - feci, simulando un po' di sorpresa.
- Perché anche tu sai che quando è stato creato il Governo Mondiale sulla base della vecchia ONU, e tu sei stato designato come il Segretario Generale, allora i cari alieni hanno cominciato a fare minacce poco velate.

Cominciavo a capire che lui sapeva quanto me, anzi, forse di più. A questo punto, un po' indispettito, sbottai:
- Allora cosa vuoi sapere?
- Dimmi tutto quello che sai. Ti prometto che non lo dirò a nessuno, nessuno di questo mondo, almeno.

Aveva ancora voglia di prendermi in giro. Poi capitolai e rivelai:
- Questi alieni stanno inseguendo da decine di anni del nostro tempo un loro fuggiasco. Secondo la nostra idea costui dovrebbe essere un personaggio importante della parte della galassia che loro definiscono "peggiore". Ora essi suppongono di aver dedotto da molti indizi che il fuggiasco sia sulla Terra. E minacciano di mettere a ferro e a fuoco l'intero pianeta per non farselo sfuggire.

- Come fanno a sapere che non se ne è già andato?
- Perché il mezzo con cui è sfuggito a loro aveva un'autonomia limitata e loro in vent'anni hanno cercato in tutti i pianeti appartenenti all'area raggiungibile da questo. Hanno lasciato per ultima la terra e qualche altro pianeta senza mezzi interstellari. E da questi mondi non sarebbe potuto scappare. Poi due anni fa hanno trovato una traccia, a sentir loro inequivocabile, dell'arrivo del mezzo da queste parti.

Fece un respiro più profondo e sicuramente più doloroso, visto che delle rughe sottolinearono una smorfia di dolore. Contratto e con la mandibola trascinata riuscì a dire:

- E allora hanno minacciato la terra di invasione, se non glielo consegniamo...
- Il problema è che non riesco a mettere d'accordo i vari rappresentanti degli stati. Da una parte i Russi e alcuni Europei vorrebbero tentare di cacciare via gli alieni usando le armi, dall'altra gli Stati Uniti e gli Americani in genere hanno paura che la ritorsione degli alieni cominci da loro, visto che due delle loro astronavi sono atterrate negli aeroporti di Chicago e Washington, mentre quella che sembra l'ammiraglia sorvola New York.

- Magari i Russi ne vorrebbero approfittare per sperimentare qualcuna delle loro nuove bombe quantiche - fece alzando gli occhi al cielo.

- Invece i rappresentanti Cinesi e degli Africani vorrebbero dar loro questo alieno che secondo gli alieni dovrebbe vivere fra di noi. Ma la cosa mi sembra irrealizzabile, almeno finché la notizia non viene diffusa. Né possiamo farla diffondere, per evitare il panico.

- Cosa diresti, se io ti dicessi che questo alieno è morto?

- Uh? - un altro scherzo? saltai su sbalordito, pensai, che ne sapeva lui, di alieni?

- È morto. E se vuoi sapere la sua storia, ora te la racconto.

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