24. No News, Good News

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Approdammo al lago Mille Laghi, dove ci fermammo, in un irreale clima di tranquillità, a raccogliere le idee e a disperdere lo stress, forse a ritrovare noi stessi

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Approdammo al lago Mille Laghi, dove ci fermammo, in un irreale clima di tranquillità, a raccogliere le idee e a disperdere lo stress, forse a ritrovare noi stessi.

Lasciata la macchina vicino alla strada, andammo sul bordo erboso nel mezzo d'un niente che si perdeva in un filo unico fra verde e blu nelle due direzioni; ne scegliemmo una e procedemmo camminando e chiacchierando.

Raccontai ad Iskra quello che avevo imparato e cioè che concentrandomi potevo ottenere la percezione dei dintorni, la visione delle linee di energia e l'ultima scoperta, la visione di quelle magnetiche.

Le spiegai che potevo incidere su oggetti elettrici o influenzabili dal magnetismo. Quando mi chiese perché dopo ero uno straccio, la rassicurai che stavo imparando a non usare la mia energia, se possibile, e a cercare fonti alternative. E che c'erano sicuramente tante cose da imparare.

Ma evitai l'argomento alieno.

In realtà, soprattutto dopo gli ultimi scontri con i feroci guerrieri verdi, realmente pensavo che sarebbe stato meglio se fossi nato umano. Non riuscivo a trovare me stesso, perché avevo semplicemente paura di farlo. A volte mi guardavo le mani per riassicurarmi che non fossero squamate.

Iskra mi fece parlare senza interrompere. Il lago era molto ampio, il blu del cielo vi si specchiava senza interruzione, era così grande che non si vedeva l'altra sponda.

- Adesso mobiliteranno sicuramente l'esercito, Sean. Ci facciamo riconoscere? Andiamo con loro?
- No, Iskra, sono sempre l'esercito degli Stati Uniti, non è detto che abbiano ricevuto ordini con una visione, come dire, planetaria.

- Quindi andiamo a Chicago da soli?
- Direi di sì. Finché non vedo le navi da vicino non so se sarò in grado di controllarle o se avremo bisogno di aiuto.

- E non avviso la squadra di Washington?
- No per ora no. Lasciamoli padroni di quel campo, se li portiamo a Chicago dovrebbero reiniziare da capo a fare analisi della situazione. Almeno lì sono posizionati bene e stanno raccogliendo osservazioni.

Passeggiando lentamente lungo la riva arrivammo ad una curva dove c'era un piccolo pontile, di scuro legno vissuto, con una manciata di pittoreschi pescatori. Erano abbigliati nei modi più stravaganti, giacche larghe con un sacco di tasche, camicie di flanella a quadretti, berretti di diverse fogge. Addosso avevano appesi esche colorate, galleggianti ovoidali, ami dalle diverse punte e pinzette dalle strane forme.

C'era una specie di piccolo capanno, dove un vecchietto vendeva di tutto, da cibo per i pescatori a souvenir indiani, statuette, acchiappasogni, amuleti e poi attrezzi, corde, canne, mulinelli passando dall'etnico all'ipermoderno nell'arco di due metri quadri di spazio. Comprammo due enormi hotdog ricolmi di senape e un paio di lattine di birra.

Poi chiedemmo se potevamo noleggiare una delle barchette che erano lì in fila. Lui disse di prenderne pure una, ma mi guardò male:

- Cosa c'è?- chiesi, guardando se per caso la mia giacca fosse sporca di qualcosa.
- Non andiamo a pescare - fece Iskra ridendo - non abbiamo attrezzatura, facciamo solo un giro.

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