Parte di me

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L'ultimo giorno prima degli Hunger Games si presentò in tutta la sua atrocità, la mattina, quando Annie si svegliò e non riconobbe la propria camera. Solo quando sentì un respiro lieve accanto a sé si rese conto di essere nel letto di un estraneo.

Si voltò, piano ed i suoi occhi si posarono sul volto sereno di Finnick, a qualche centimetro da lei.
Fece per svegliarlo, ma le dita si fermarono a qualche millimetro dalla sua pelle, sospese ed incerte se spezzare quell'insolita magia.

Prese un lungo respiro e si puntellò sui gomiti, tanto quanto bastava per poterlo fissare da una posizione comoda.

Il suo sguardo accarezzò ogni centimetro del viso di Finnick: il naso dritto, le sopracciglia chiare e arcuate, i capelli biondi che cadevano a ciocche sugli occhi chiusi. Le ciglia nere gli sfioravano gli zigomi rosei e labbra erano socchiuse, arricciate in una smorfia buffa. Ciò che stonava, sul corpo del Mentore, erano i segni scuri e macabri cosparsi sulla pelle abbronzata, ricordo di una notte d'inferno. Annie prese a tracciare con l'indice i contorni di ogni livido: sul collo, sullo sterno,  sul pettorale sinistro, un altro sul fianco destro e poi un altro ancora sull'addome. Mentre le dita tastavano lievemente il corpo del ragazzo, alzò gli occhi sul suo volto ed incontrò lo sguardo attento e rilassato di Finnick.

Il sangue le invase prepotentemente le guance e levò la mano di scatto, imbarazzata per essersi fatta cogliere con le mani nel sacco. "Scusa, non volevo svegliarti".

Lui le sorrise. "E' stato il risveglio più bello della mia vita".

Rimasero in silenzio, abbracciati in un intreccio di gambe, braccia e coperte, senza smettere di osservarsi, né di sorridere.

"Vorrei che non finisse mai" mormorò ad un tratto Finnick.

Annie sospirò, chiudendo gli occhi.
La realtà degli Hunger Games la schiaffeggiò violentemente, riportandola coi piedi per terra: il giorno seguente sarebbe stata condotta nell'Arena e lei sarebbe morta.

Fece leva sulle braccia e si staccò dal petto del Mentore, percependo immeditamente la mancanza del suo corpo caldo.

"Devo andare" sussurrò.

"Resta ancora un po', Annie" la pregò lui. "Non c'è nulla da fare oggi".

La ragazza scosse il capo, ma in fondo era consapevole che non era ciò che avrebbe voluto fare.

In quel preciso istante, tutto ciò che desiderava era rimanere nel letto con Finnick, abbracciata al suo corpo muscoloso, cullata dai respiri lenti e cadenziati del ragazzo, sperando invano che il tempo si fermasse e concedesse loro più tempo.

"Sei una persona viziata, Finnick Odair" sbuffò divertita, posando il mento sul suo petto.

Il Mentore sfoggiò un ghigno soddisfatto e tronfio. "Lo so, e con te è fin troppo semplice".

"Mi stai dando della debole?!".
Scattò agile come un felino e gli rifilò un pugno sulla spalla.

Il ragazzo cadde tra i cuscini, ridendo. "Sei una donna violenta, Annie Cresta".

D'improvviso, qualcuno bussò alla porta e i due si tirarono a sedere immediatamente.

"Finnick, per l'amor del cielo, sai che ore sono?" strillò Milly dall'altro lato. "Spero che tu non stia ancora dormendo, perché se così fosse, ti sveglierò nel peggiore dei modi" e cominciò ad armeggiare con la serratura.

I giochi di Annie CrestaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora