La verità

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Tornò nel suo appartamento con le mani in tasca, davanti agli occhi l'immagine di una ragazza identica a lei che sferrava colpi micidiali ad un manichino.

Fu come assistere ad un film insonorizzato, nel quale la prima attrice era lei, distruttiva e impassibile, che trafiggeva la carne del manichino varie volte senza esitazione, finché lo abbatteva al suolo con un calcio alla cassa toracica.

Cos'era diventata? Si era lasciata alle spalle la dolce Annie Cresta del Distretto 4 ed era progressivamente emerso il lato crudele e gelido della sua personalità.

Capì che, per la prima volta in tutta la sua vita, si stava trovando faccia a faccia con un mondo che non riconosceva, con una vita che la disgustava. Tutto, al Distretto, era solo una simulazione, una finzione. La realtà si sperimentava a Capitol City, nelle Arene, nelle quali dei ragazzini venivano gettati come animali da circo, ad ammazzarsi a vicenda per puro spirito di sopravvivenza. Era durante gli Hunger Games che emergeva il lato oscuro e spietato di persone innocenti.

Quando aprì la porta dell'appartamento, tutti erano seduti sui divanetti davanti alla televisione ancora spenta. Non appena se la chiuse alle spalle, quattro paia di occhi la trafissero, in un misto di curiosità e preoccupazione.

"Com'è andata?" le chiese Euer.
Annie lo fissò un secondo, riflettendo sulle parole. "Abbastanza bene, spero. A te invece?".

Lui scrollò le spalle. "Non credo poi così male. Beh, immagino che lo scopriremo dopo cena".

Da quel momento in poi, parve che fosse calata una sorta di patina colma d'aspettativa e di ansia; nessuno fu in vena di parlare, né di scherzare. Annie si chiuse in camera e si distese sul letto, ad osservare il soffitto bianco, mentre ascoltava distrattamente le voci nella sala.

Finnick era scomparso appena dopo pranzo e nessuno, compresa Mags, era riuscita a rintracciarlo.

La ragazza rimase stesa fino all'ora di cena. Si alzò svogliata e si incamminò verso la porta. Non aveva fatto in tempo neppure a chiudersela alle spalle, che la voce del Mentore echeggiò nel corridoio vuoto.

"Non posso continuare così, lo sai bene" disse. Dal tono di voce sembrava irritato, ma nonostante ciò, non poté impedire che un velo di stanchezza permeasse le parole.
Ci fu un attimo di silenzio, per cui Annie dedusse che Finnick si stesse rivolgendo a Mags.

"Non puoi capire. C'è bisogno che io lo faccia.. è quello che vuole lei".

Stavano parlando di lei? Tese le orecchie il più possibile.

"Non è più un se voglio o non voglio farlo. Devo e basta".

Stavano discutendo della sua decisione?!

"Mags, non ti mettere in mezzo! È già difficile senza che tu mi faccia la predica. Come credi che mi senta io?!" esclamò.

Annie si sporse e scorse il ragazzo piazzato davanti alla donna, con le braccia larghe e il volto scuro.

Si morse il labbro, mentre il senso di colpa le corrodeva lo stomaco. Non aveva nemmeno pensato a come si sarebbe potuto sentire lui, in tutta quella faccenda. Il suo cervello si era impostato sulla frequenza "io, io, io" e mai una volta aveva riflettuto su quanto potesse essere difficile per Finnick dover assecondare le sue richieste suicide.

Silenziosamente, chiuse la porta con vigore, in modo che entrambi si accorgessero della sua presenza.

Le voci cessarono e quando svoltò l'angolo, gli occhi dei due erano puntati nella sua direzione.

"Tutto bene?" chiese. I due le fecero un cenno col capo e si spostarono in cucina, dove i cuochi avevano già posto i piatti per la cena.

Poco più tardi arrivò Euer con il suo stilista.

I giochi di Annie CrestaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora