La prova dei coltelli

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Dal primo giorno di allenamento in poi, le sessioni furono sempre più dure.

La mente di Annie non faceva altro che rimuginare sugli Hunger Games: come avrebbe potuto proteggere Euer? Se lo avesse perso, come lo avrebbe ritrovato? Sarebbe stata in grado di uccidere a sangue freddo? Se il Tributo maschio del 12 si fosse fatto avanti per far del male ad Euer, avrebbe davvero avuto il coraggio di colpirlo?

Per di più, i Favoriti si erano accaniti su di lei, con l'intenzione di metterla fuori gioco. Era risaputo che fosse severamente vietato ferire ad un Tributo, ma erano troppo intelligenti per farsi scoprire con le mani nel sacco. Erano riusciti ad immergerla in un continuo stato di paranoia: vedeva minacce ovunque e il solo pensiero che avesse potuto rimanere invalida, la faceva tremare.

Euer si era accorto dello stato d'animo dell'amica e cercava in continuazione di rassicurarla. Quando i Favoriti sembravano voler attaccar briga, lui subito era pronto a mettersi in mezzo e scoccar loro occhiate di avviso.

Era ormai chiaro che i nemici dell'1, 2 e 7, sarebbero stati loro. Il problema non era tanto nel saperlo e dover guardare ogni giorno in faccia la persona che moriva dalla voglia di conficcarle un pugnale in gola, ma la consapevolezza che si sarebbero dovuti difendere e dallo scontro ne sarebbe uscito solo un vincitore.

Finnick, dopo la loro discussione, non si era fatto più vivo. Per lo meno, non con Annie. Euer lo incontrava puntualmente ogni mattina, si scambiavano quattro chiacchiere e poi iniziavano l'addestramento.

Nonostante soffrisse per la mancanza, la giovane rispettava la decisione del Mentore: era innamorato di lei, gliel'aveva rivelato il giorno precedente e, nel cuore, anche Annie sapeva di ricambiare i sentimenti, ma in una situazione come quella, in bilico tra la vita e la morte, con la responsabilità dell'incolumità delle persone che amava, sarebbe stato meglio per entrambi vedersi il meno possibile.
Dopo la notte che avevano passato insieme, la mancanza del suo corpo si era trasformata in vero e proprio dolore fisico e, si accorse, aumentava man mano che i giorni passavano.

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Due giorni prima degli Hunger Games

Annie aprì gli occhi, lasciando che la luce del sole le accarezzasse il viso.

Rimase a letto ancora un attimo, gustandosi a fondo il piacere delle lenzuola calde e del cuscino soffice.

Non aveva voglia di alzarsi, non per affrontare un altro giorno di quell'immensa tortura. A volte, si ritrovava a sperare che quei dannati giochi arrivassero e finissero con altrettanta velocità. Non era la consapevolezza di un pericolo imminente a spaventarla, né la certezza che le sue mani si sarebbero imbevute del sangue degli altri tributi. Era l'attesa che uccideva.

Si alzò e si vestì come da regolamento.
Quel giorno avrebbe dovuto mostrare agli Strateghi ciò che sapeva fare e loro le avrebbero assegnato un punteggio, da 1 a 12.

Rifletté sul da farsi: avrebbe potuto fare la finta incompetente, in modo tale da ottenere un punteggio basso ed essere lasciata stare.

L'ipotesi venne subito scartata dal ricordo della Parata, in cui aveva sfilato vestita da Dea, temibile e pericolosa. Inoltre, ci sarebbe stato anche il problema dell'allenamento: tutti l'avevano vista lanciare i pugnali.

Decise di puntare tutto su una buona figura.

Se devo morire, si disse, voglio che si ricordino di me.

I giochi di Annie CrestaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora