L'Arena

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Il cuore le batteva all'impazzata. Poteva sentirlo nelle orecchie, nel petto, nelle dita, nelle gambe.
L'ansia e la paura di quello che sarebbe successo la stava attanagliando, mentre due Pacificatori la scortavano verso l'hovercraft.

Salì, affiancata da Euer, e vennero fatti accomodare su morbide poltroncine azzurre.

Annie gettò un'occhiata intorno e colse lo sguardo feroce della ragazza del Distretto 1. Non fece in tempo a dipingersi in volto un'espressione di sfida, che qualcosa le punse il braccio. Sobbalzò, sorpresa ed osservò un Pacificatore iniettarle nell'avambraccio una capsula luminescente.

Un localizzatore, le suggerì una voce nella sua testa. In quel modo, non sarebbe mai sfuggita allo sguardo attento dei monitor degli Strateghi.

Dopo qualche minuto, l'hovercraft prese quota e si trovarono a fluttuare tra le nuvole bianchissime.

La ragazza chiuse gli occhi e tentò di concentrarsi esclusivamente sui battiti del suo cuore. Non c'era più tempo per aver paura: l'Arena l'aspettava, là davanti e avrebbe dovuto combattere per tenere in vita sia lei che l'amico.

D'improvviso, uno scossone annunciò loro la fine del viaggio. L'altoparlante illustrò l'ordine di discesa e, uno ad uno, raggiunsero le sale di preparazione sotto l'Arena.

Non appena varcò la porta della stanza, incontrò il volto conosciuto di Typhlos. La donna spalancò le braccia e l'avvolse in una stretta disperata.

"Stai tranquilla, Annie. Andrà tutto bene" le sussurrò.

La ragazza annuì, nell'incavo della sua spalla. Si accorse di star tremando: non era pronta per entrare nell'Arena; non era pronta per affrontare ventidue tributi; non era pronta per morire.

Typhlos le sistemò una ciocca sbarazzina dietro l'orecchio. "Ricorda" le disse "Non ti muovere fino allo scadere del minuto iniziale. Non correre a prendere le armi, se non sei assolutamente sicura di riuscire ad arrivare in tempo e scappare prima che qualcuno ti raggiunga. Capito?"

Annie mosse il capo automaticamente.
Era tutto gelido: dentro, fuori, intorno. Non sentiva più niente, se non l'attanagliante terrore che le avvolgeva le membra.
Avrebbe desiderato essere più forte; avrebbe voluto tranquillizzare Typhlos e sussurrarle delle parole di conforto, per dimostrarle il proprio autocontrollo, ma la verità era che pure la voce sembrava averla abbandonata.

Un rumore metallico risuonò tutto intorno a loro, annunciando la fine del tempo ed il tributo si mosse verso il tubo di vetro, che l'avrebbe condotta all'interno dell'Arena.

Quando la porta si fu richiusa, si voltò. "Typhlos" chiamò. "Se qualcosa dovesse andar male, ti prego, dì a mia sorella che le ho voluto bene. Per favore".

La Stilista rimase in silenzio, poi abbozzò un sorriso.

"Sono certa che potrai dirglielo a voce, quando tutto questo sarà finito".
E il tubo iniziò a salire.

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Il sole l'accecò per qualche istante e si riparò gli occhi con una mano.

Piano piano, si abituò all'ambiente circostante e poté finalmente controllare in che luogo si trovasse.

Rimase a bocca aperta: erano stati gettati in un prato magnifico, colorato da mille fiori differenti: primule, margherite, denti di leone. A circondare il prato sui tre lati, vi era una foresta rigogliosa, nella quale si udivano i cinguettii di uccelli, appollaiati sui rami più alti. Nell'ultimo spicchio di prato, ad est, si apriva un lago dalle acque cristalline, mentre in lontananza, oltre le fronde, si stagliava il profilo di una montagna dalla cima innevata e da un lato di questa cadeva una cascata di dimensioni spropositate, probabilmente che alimentava le acque del lago stesso.

I giochi di Annie CrestaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora