Capitolo XVI°- Dove i sogni si avverano-parte prima

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L'aria fresca della notte mi accarezzava il corpo, mentre ero in piedi sul cornicione.

Confidavo completamente nella parola del Re, che amavo con tutta me stessa.

Affidai la mia vita alla promessa del suo ultimo dono per me.

Decisi di abbandonarmi tra le folate di vento, nel vuoto.

Mi accorsi di essere, perfettamente, in grado di volare.

Realizzai che un regalo più bello e più appagante non l' avevo mai ricevuto da nessuno.

Nessuno che ricordassi.

A dire il vero, non mi veniva in mente nessuno che mi avesse mai regalato qualcosa, in passato.

Era come se la mia memoria fosse leggera.

Leggera come il mio corpo, senza peso, che lasciavo vagare, senza freni.

Non avevo mai avvertito una tale sensazione di libertà.

Le nuvole cambiavano forma di continuo, rapidamente.

Ed io avevo la percezione di essere più veloce di loro.

Sembrava che le rincorressi.

Misi indietro le mani, lungo i fianchi, mentre la brezza mi faceva ondeggiare i capelli ed il mantello.

Non andai subito verso l'antro dove era tenuto il prigioniero.

Per me, volare era, senza dubbio, l'esperienza più inebriante che avessi mai provato, in tutta la mia squallida vita.

Ricordavo bene tutti i momenti legati al mio splendido re: avevo già sentito quel brivido, mentre ero abbracciata da Delirio, quando stavamo volando per giungere al Castello di Ghiaccio Scuro.

Ma, essere sospesa nel vuoto, da sola, era tutta un'altra cosa.

Ero io l'unica a decidere la direzione da prendere.

Mi sentivo invincibile... mi sentivo onnipotente.

Potevo seguire il volo degli uccelli rapaci, gareggiando con loro.

Insinuarmi tra le fronde alte degli alberi.

Sfiorare con le mani l'acqua dei ruscelli e vedere il mio riflesso fondersi e danzare con i flutti resi a tratti argentei dalla luna e luccicanti dai raggi del sole.

Potevo decidere di dirigermi verso le rocce della Montagna di Marmo Variegato e cambiare, all'ultimo momento, direzione.

Evitando, in quel modo, di schiantarmi contro di esse.

Sfidando la morte stessa.

Dimostrando a me stessa di poter decidere sulla mia stessa vita.

Alla mia vista, bellissimi luoghi mi si paravano davanti.

Non avevo mai visto nulla di tanto bello.

Ma quale Voragine Nera ?

Chi aveva chiamato così, quel luogo meraviglioso ?

Un folle, senza dubbio.

Una creatura che aveva perso l'occasione di vedere quel panorama dall'alto.

Per me, era quello, l'ideale immaginario, dove tutti i sogni possono avverarsi.

In quel momento, pensai che qualunque desiderio avessi mai avuto, in quel momento o in futuro, non avrebbe potuto realizzarsi, se non in quel posto meraviglioso.

Non avevo proprio voglia di andare a vedere che cosa stesse succedendo al prigioniero.

In fondo chi lo conosceva ?

Non volevo interrompere quel fantastico volo, solamente, per uno sconosciuto.

Ma mi ricordai che lo avevo promesso al mio unico, stupendo, magnifico amore.

Il mio bellissimo ed affascinante Delirio.

Colui che mi aveva offerto il dono più grande e meraviglioso che si potesse mai desiderare.

Era solo grazie a lui, se potevo assaporare un piacere così intenso.

Dovevo dimostrargli che poteva contare su di me, in qualunque circostanza.

Per cui mi forzai a tornare sulla terra.

Ero giunta quasi vicino all'antro.

Mi venne incontro una bambinetta dai boccoli biondi.

Sentii tirarmi da un lato.

La piccola aveva preso tra le sue manine un lembo del mio mantello.

Mi gridava, con la sua vocina innocente:

"Angie, svegliati, forza !

Questa non sei tu !

Ritorna in te.

Tu sei molto più di quello che sei ora...".

Quindi abbassò il tono della voce, quasi supplicante:

" Angie, ma non mi riconosci ?

Ti prego... ".

Mi guardò con aria disperata, mentre le stavo rispondendo, insofferente:

" Ma chi sei ?

Piccolo, noioso ed insulso esserino.

E poi, chi è questa Angie ?

Togliti di torno o ti schiaccio come una lucciola.".

Finalmente si nascose alla mia vista.

Corse via, piangendo.

Come si era permessa di strattonarmi ?

Che cosa voleva da me ?

Chi era ?

E chi era, poi, questa Angie ?

Senz'altro una creatura insignificante come lei.

Ero, nel frattempo, giunta all' entrata della caverna.

Vidi, in lontananza, un vecchio malandato, in compagnia di un cane.

Mi fissavano insistentemente.

Il cane, malconcio anch'esso, scodinzolava.

Li guardai, con orgoglio, con aria di sfida.

Lui non osò nemmeno rivolgermi la parola, per sua fortuna.

L'anziano signore si limitò a smettere di osservarmi, abbassando e scuotendo la testa.

Quindi, sospirando, se ne andò, accompagnato dall'unica creatura che ancora poteva sopportare un decrepito brontolone come lui.

Decisi di affrettarmi a svolgere il compito che mi aveva affidato Delirio.

Sentivo, dentro di me, una forza che si opponeva, tenace e potentissima, al nostro, seppur momentaneo, distacco.

Non potevo aspettare di rivedere il mio Re.


Antiqua -  Res Obsoletae 2° libro della saga di  "Antiqua"Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora