Capitolo III ° Addio-parte prima

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Dunque Gabriel non voleva me.

Non ero io l'oggetto dei suoi pensieri.

Quanto sola e stupida mi sentivo, in quel momento.

Mi aveva detto che avrebbe cercato di starmi lontano, per un po' di tempo.

Almeno per darmi il modo di riordinare le idee.

Ma...

Io non volevo riordinare nulla.

Non era nella mia natura.

Non avevo mai voluto fare ordine su niente e su nessuno.

Non avevo mai sentito il bisogno di dover pianificare ogni cosa.

Di prefissarmi piani stabiliti.

Avevo sempre vissuto nel mio completo disordine.

Quel disordine che cela, dentro di sé, l'assoluta libertà.

Quella libertà che permette di aprire le porte alla meraviglia e allo stupore.

Quella libertà che fa volare i sogni...

Ed io, fino ad allora, avevo solo sognato.

Semplicemente sognato...

Qualcosa che non esisteva.

E che non era mai esistito.

O meglio, che avevo inventato io e solamente io.

Un amore stupendo.

Ed avevo assistito, impotente, al dissolversi di quella mia creazione.

Come lo schiaffo violento di un' onda che muore, infrangendosi su uno scoglio.

Come quando raggiungi una meta che non è quella che stavi aspettando e... voltandoti indietro, ti accorgi che l' inizio del viaggio era molto più promettente della sua fine.

Ero rimasta fuori, nel giardino, accanto alle rose della zia Margie.

Mi venne istintivo di accarezzarle nello stesso punto in cui le aveva accarezzate Gabriel.

Era come sfiorare, di nuovo, le sue mani.

Chiusi gli occhi.

Il ricordo del suo profumo sembrò fondersi con quello dei fiori.

Respirai l'aria del tramonto.

Alzai lo sguardo verso il cielo.

Nuvole strane, rossastre, si rincorrevano e scorrevano via veloci.

Le associai ai miei sogni.

Li vedevo allontanarsi...

Sempre di più.

Desideri irreali per un uomo fantastico, che, ormai, non mi apparteneva più.

Anzi, che non era mai stato mio.

Quanto sconcerto provavo a quell'idea.

La sensazione che fosse stato tutto frutto della mia immaginazione mi lasciava esterrefatta.

Incredula, come tutto ciò che era accaduto nella mia vita, in quell'ultimo periodo.

Iniziavo a dubitare anche di quello.

Avevo costruito anche l' epica battaglia contro Isadora?

Non ero più sicura di nulla.

Ma, purtroppo, la morte della zia Margie mi imponeva di

credere a quello che era avvenuto.

Quante ore erano trascorse dalla lotta contro il Caos?

Non sapevo quantificarle.

E, francamente, non me ne importava.

Mi sembrava che fosse passato un secolo, da allora.

Avevo la sensazione come se tutto quanto fosse successo in un'altra vita.

Continuai a camminare fra le siepi.

Mi appariva tutto così irreale.

Come quando ci si sorprende a fantasticare sulla propria esistenza.

Ad ipotizzare come sarebbe potuto andare diversamente il

percorso che avevamo intrapreso.

E pensare, pensare ancora...

Pensieri continui, come un flusso di acqua stagnante.


Antiqua -  Res Obsoletae 2° libro della saga di  "Antiqua"Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora