Ormai la sera era giunta.
La luna si era alzata in cielo, avvolgendo di un chiaro bagliore ogni cosa.
Ad un certo momento, intravidi qualcosa luccicare in terra, tra la ghiaia del cortile.
Qualcosa di trasparente.
Di affusolato.
Mi venne istintivo il gesto di afferrarlo, per vedere di che cosa si trattasse.
Riconobbi la penna rossa che mi aveva portato Juan, tempo addietro e che, con stizza, avevo gettato via, dandogli anche dell'idiota.
La sera in cui lui era nel mio giardino, solo per proteggermi da quel mostro di Isadora.
Quando, per non allarmarmi, non mi aveva voluto rivelare il vero motivo della sua presenza, a quell'ora tarda, nel bosco, di fronte a casa mia.
Ed allora, non trovando di meglio, aveva inventato, goffamente, la storia della penna rossa, perduta da me a scuola.
Mi aveva dichiarato quanto fosse stato importante per me, riaverla, altrimenti non avrei potuto fare i miei compiti...
Ed io l'avevo gettata chissà dove, pensando che nessuno uomo, sano di mente, avrebbe fatto tutta quella strada, di sera, per una stupida penna rossa, che non mi apparteneva nemmeno.
Quanto mi facevano tenerezza, ora, quelle scuse ridicole, accampate in aria, inventate solo per difendermi da un pericolo preciso ed imminente.
Quanto cara mi era quella penna...
Avevo compreso, solo in un secondo momento, che cosa rappresentasse, in realtà.
L'avrei dovuta mettere, senz'altro, nella mia collezione delle cose importantissime da "non gettare mai via per nessuna ragione...".
Ma non ero ancora riuscita a trovarla, da quella sera in cui mi era stata data da Juan.
Era una delle tante prove inequivocabili della sua dedizione...
Del suo amore.
Quanto avevo rimpianto di essermene disfatta, denigrandola.
Juan, che mi era stato sempre vicino, nell' ombra, senza mai rivelarsi, senza mai chiedere nulla in cambio, ancora una volta veniva in mio soccorso.
In un momento di estremo dolore, era, di nuovo, lui a farmi dimenticare la mia solitudine.
Anche se non di persona, ma attraverso la sua "sciocca" penna rossa.
Credevo di averla perduta per sempre.
Ed invece...
Come accade spesso, più ci si ostina a cercare qualcosa e più non si riesce a trovarla.
Ma, poi, quando ormai non hai più speranza...
Nel momento giusto, quello che tanto desideravi, si rivela a te, per confortarti...
Magicamente...
Era lui che, nella sua lettera meravigliosa, mi aveva scritto di iniziare a credere nella magia...
Da quando mi aveva incontrato.
Ero sempre stata convinta che, nella vita, mai nulla accadesse per caso.
Ed ancora ne avevo avuto la conferma.
Ed i suoi dolci ricordi iniziarono a colmare quel vuoto che aveva lasciato Gabriel.
Mi venne spontaneo di alzare la testa verso il più bel cielo stellato che avessi mai visto.
Osservai quelle stelle così brillanti.
Mi rammentai delle parole con cui Juan le aveva descritte, in quell' unica lettera, che non aveva mai avuto il coraggio di darmi e che mi era capitata fra le mani, sempre, per caso.
Quelle sue meravigliose parole d'amore, rimaste impresse sul foglio e nella mia mente.
Lette da me poco dopo aver visto gettare via la sua vita per salvare la mia.
Mi faceva male la sua lontananza.
Mi mancavano le sue attenzioni, le sue stupide battute di spirito.
E le sue risate.
"Juan dove sei, ora ?".
Pensai, senza riuscire a darmi una risposta.
Non potevo immaginare che cosa gli sarebbe successo, una volta abbandonato il nostro mondo.
Aveva ragione Gabriel, avremmo dovuto, al più presto
tirarlo fuori dalla Voragine Nera.
Era giunto il momento di salvare lui, adesso.
Lui che aveva dato tutto per me, perfino la sua vita.
Era lui, ora, ad avere bisogno di me.
Non avrei mai permesso che Gabriel andasse da solo in quel luogo maledetto.
Riflettei, per un attimo, rientrando in casa.
Non c'era più nulla che mi tratteneva ancora sulla terra.
Non lasciavo rimpianti, mi dissi, mentre osservavo la casa vuota della zia Margie.
La zia, ormai, non era più con me...
E mia madre era impazzita di dolore, da quella maledetta sera, in cui la sua mente non aveva potuto accettare l' idea della morte di mio padre, che credevo accidentale, ma che, ora, sapevo perfettamente essere stato un omicidio, ideato da Isadora, spinta dalla sua vendetta personale.
Ma prima di andare in quell'abisso oscuro, dal quale non sapevo, ancora, se ne avrei potuto fare ritorno, sentivo il dovere di fare ancora una cosa.
Avrei dovuto salutare mia madre.
Anche se lei, probabilmente non se ne sarebbe nemmeno accorta.
Era l'unico affetto ad essermi rimasto...
Era l'unico legame a trattenermi ancora sulla terra.
Prima di lasciare tutto.
Prima di quel salto nel vuoto.
Nell'agghiacciante ignoto.
Sarei anche sparita nel vortice della Voragine Nera, ma non senza averla rivista, di nuovo.
Sentivo la necessità di incontrarla.
Ancora per una sola volta.
Anche se fosse stata per l'ultima volta.
STAI LEGGENDO
Antiqua - Res Obsoletae 2° libro della saga di "Antiqua"
Fantastik1° vincitore assoluto 2017, nella categoria "Miglior Ambientazione" nel concorso "Italian Writers Awrads", vedi"And the winner is", nel capitolo Believe in Magic Award e 1°premio Ambientazione, dedicato a MDChiery, con intervista. 78° in classific...