Tu?

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Davanti alla porta c'era mio fratello. Aveva il volto sconvolto e gli occhi gonfi e rossi di chi aveva pianto per ore. Lo feci entrare in camera e si sedette sul letto. Poi picchiettò la mano sul materasso ad indicarmi di andare a sedermi vicino a lui. Feci come mi aveva chiesto e mi sedetti vicino a lui. Mi strinse le spalle con il suo braccio e io appoggiai la testa sulla sua spalla. Poi cominciò a parlare:
<Senti Jess, so che ti ho delusa moltissimo e ti giuro che ho pensato a di tutto per farmi perdonare. Sono arrivato alla conclusione che, per stare con te, rinuncerò alla borsa di studio.> disse lui, che nel frattempo aveva abbassato il volto e aveva cominciato a fissare il pavimento. A quelle sue ultime parole mi alzai di scatto e dissi quasi urlando:
<Mi prendi in giro?! Tu hai passato tutta la tua vita fermo in questa città a fare un lavoro che non ti piaceva per colpa mia. Non ti permetterò di rinunciare al sogno di una vita per me. Prima in cucina ho esagerato, ma erano troppe informazioni da assimilare in una volta sola. Ti prego Jo, non fare stupidaggini e insegui il tuo sogno.>
<Sorellina ti voglio così bene.> disse lui stringendomi in una morsa mortale.
<Sì, ma lasciami adesso. Rischio di soffocare.> Mi lasciò ed entrambi ci mettemmo a ridere.
<Dai. Ti aiuto a preparare le valigie.>
E così, passammo tutta la notte a lanciarci i miei vestiti, che poi magicamente finivano tutti ripiegati e in ordine nelle quattro valigie che avevo a disposizione. Alle quattro avevamo finito tutto e stanchi morti ci addormentammo per terra, io con le testa sulla sua spalla e lui con la testa sulla mia. Alle sette quel dannato aggeggio, che in molti chiamano sveglia, si mise a suonare interrompendo il nostro sonno. Andai in bagno e mi lavai la faccia. Feci una crocchia abbastanza disordinata con i capelli e poi mi truccai solo con del mascara, in quanto non avevo voglia di fare niente quella mattina. Scesi in cucina e trovai la tavola imbandita con un piccolo post-it nel centro che diceva: "Tesoro, so che sei arrabbiata con me e con tuo padre, ma noi ti vogliamo bene nonostante non te lo dimostriamo sempre. Questa sarà solo la prima di molte altre avventure. Vedrai che andrà tutto bene. Ti voglio un mondo di bene tesoro. Tua, mamma." A quelle parole mi commossi. Mia madre aveva ragione. Quella era solo una delle tante avventure che avrei vissuto nella mia vita. Chiamai Jonathan e ci mettemmo a fare colazione. Passammo tutto il tempo a parlare e non mi accorsi che si era fatto tardissimo. Misi le scarpe, infilai il giubotto, presi il telefono ed uscii di casa salutando prima mio fratello con un abbraccio fortissimo e un "In bocca al lupo" da parte sua e mi diressi alla fermata del pullman. Fortunatamente, arrivai giusto in tempo per salire sul pullman e fui felice nel vedere che non c'era nessuno, almeno non avrei dato fastidio con le mie quattro valigie. Arrivai a scuola e, con l'aiuto dell'autista, scesi dal pullman e mi diressi al portone della scuola che, stranamente, era aperto. Mi diressi al punto info e con mia grande sorpresa ritrovai la signora Patricia, che il giorno prima mi aveva accolta.
< Buongiorno Patricia.> dissi io cordialmente.
<Oh Jessica, buongiorno anche a te. Sei venuta qui per sapere tutto riguardo la tua stanza e come funziona giusto?> disse lei, che nel frattempo stava frugando in una pila di fogli nel vano tentativo di trovarne uno in particolare.
<Beh, in un certo senso sì.>
<Bene, dammi solo un minuto...ma dove diamine è finito quel foglio?> disse lei indaffarata. Poi ne notai uno per terra. Lo presi e richiamai Patricia:
<Patricia, per caso stava cercando questo foglio?>
<Oh, sì cara. Menomale che l'hai trovato, aspetta che ti do una penna. Bene ora devi compilarlo.> mi disse tutta contenta. Finito di compilare il foglio con la solita tiritera di domande personali, lo consegnai a Patricia e cominciò a spiegarmi brevemente qualcosina:
<Bene, ogni stanza ha un bagno incorporato, due letti separati, due scrivanie e due armadi. Da quello che ti ho appena detto avrai intuito sicuramente che avrai una coinquilina, ma non ti dico chi è. Voglio riservarti la sorpresa. Dopo le dieci e mezza le ragazze e i ragazzi devono essere nelle corrispettive camere se no si subirebbero  innumerevoli conseguenze. Per il resto non cambia nulla. La tua stanza è la numero 144. Se hai bisogno di altro sai dove trovarmi. Ah sì, che sbadata. Quasi dimenticavo. Questa è la chiave e la tua stanza si trova al quarto piano. Sali questa rampa di scale,> mi disse indicando la prima scala alla mia destra,<giri subito a sinistra, poi a destra e poi di nuovo a sinistra. La tua camera è l'ultima a destra infondo al corridoio.> Salutai Patricia e la ringraziai. Seguii alla lettera tutte le sue indicazioni, ma ad un certo punto mi persi e mi misi a vagare per i corridoi alla ricerca di qualcuno che mi potesse indicare dove si trovava la mia camera, ma non c'era un'anima. Così vagai per un tempo che mi parve interminabile, quando mi passò vicino una ragazza. La fermai e le chiesi dove si trovasse la stanza 144. Lei mi indicò l'ultima porta in fondo al corridoio che avevo di fianco. La ringraziai imbarazzata per la figuraccia appena fatta e mi diressi verso la porta. Suonai il campanello due o tre volte quando sentii una voce urlare al di là della porta:
<Arrivo! Un attimo!>
Qualche minuto dopo la porta si aprì e non potei credere ai miei occhi.
<Tu?> dicemmo in coro io e la persona davanti a me. Non potevo credere che lei sarebbe stata la mia coinquilina.

Cruel || Dylan O'Brien Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora