La verità

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L'ora dell'appuntamento con Jonathan arrivò. Mi sistemai in qualche modo e uscii dall'hotel. Mandai un messaggio a Dylan dicendogli che sarei andata a parlare con mio fratello e che non doveva preoccuparsi.
Fermai un taxi e dopo una ventina di minuti arrivai all'Empire.
Dopo qualche minuto vidi Jonathan avvicinarsi. Non sembrava neanche lui. Indossava una tuta, aveva i capelli spettinati e il viso scavato. Sembrava un cadavere. In un primo momento mi preoccupai seriamente per lui. Infondo era pur sempre la persona che si era fatta carico di me per tutta la mia vita, ma, dall'altra parte, era quella che mi aveva mentito insieme ai miei genitori.
Ero in mezzo a due fuochi. Non sapevo cosa fare.
Restai a pensarci fin quando non arrivò davanti a me e mi abbracciò stringendomi a sé togliendomi il respiro.
Cominciò a singhiozzare:
<Mi dispiace Jessi, perdonami ti prego.>
<Jo, io non lo so. Mi è crollato il mondo addosso quando ho sentito il vostro discorso. Era troppo da sopportare. E, sinceramente, non potevo neanche credere che tu mi avessi mentito così. Io mi fidavo di te. Tu eri il mio punto di riferimento, lo sai benissimo. Non ti sto dicendo che non ci parleremo mai più nella nostra vita, ma il nostro rapporto non sarà più quello di prima.>
<A me va bene. Mi basta solo sentirti alcune volte. Vorrei spiegarti tante cose...>
<Hai tutto il tempo del mondo. C'è un bar qui vicino. Ci sediamo, prendiamo un caffè e mi spieghi.>
Arrivati al bar ordinammo e Jonathan cominciò a spiegarmi:
<I miei genitori hanno sempre sognato una famiglia numerosa e felice. Cercarono disperatamente un figlio e, dopo qualche anno di matrimonio, nacqui io. Ai miei genitori non bastava un figlio solo, ne volevano almeno tre, ma mia madre non riuscì ad avere più figli. Era disperata, il suo sogno di famiglia perfetta era andato in frantumi. Fin quando, un giorno, qualcuno bussò alla porta. Mio padre andò ad aprire e tornò con un cestino. Dentro c'era una bambina bellissima arrotolata come un fagotto dentro una copertina rosa. Di fianco a lei c'era un biglietto che diceva "Per favore, prendetevi cura di mia figlia al posto mio. Lei è Jessica." E da quel giorno, il 31 Dicembre alle 23:59, tu sei entrata a far parte della nostra famiglia. Un anno dopo nostra madre e nostro padre adottarono Thomas e finalmente coronarono il loro sogno. Ti amavano come amavano me e Thomas e ti amano tutt'ora come se fossi la loro vera figlia. So che non sono stati molto presenti come genitori, ne ho sofferto anch'io, ma lo hanno fatto solo per permetterci una vita agiata. Ed io, sin da quando ti ho vista con gli zigomi arrossati per il freddo e il volto sorridente ti ho amata come una sorella e forse come qualcosa di più. Gli anni passavano, tu crescevi e diventavi sempre più bella. Era una tortura avere in casa una creatura così bella e rendersi conto che sarebbe stata per sempre la sorellina più piccola. Dopo la morte di Thomas eri sconvolta. Non sorridevi più, facevi continuamente incubi la notte e non parlavi più con nessuno. Così, decisi che da quel momento in poi avrei fatto di tutto pur di farti star bene. Rinunciai a tutti i miei sogni solo per vederti di nuovo felice, per rivedere quel sorriso smagliante che spuntava sul tuo viso quando eri felice e che illuminava le mie giornate. Dio Jessi, è vero. Sono innamorato di te, non posso negarlo, ma ti capisco. Capisco che non potrò mai essere ricambiato. Me ne sono fatto una ragione. Cercherò di reprimere questo sentimento per riuscire a sistemare le cose tra di noi. Io non voglio perderti, non potrei farcela. Non voglio diventare uno di quei poveri disperati il cui unico ricordo della propria famiglia sono delle foto sbiadite e strappate. No, io voglio passare il Natale con te, con il tuo ragazzo, con i miei nipoti nel futuro. Perciò Jessi, ti chiedo di perdonarmi. Perdonarmi per non averti detto prima la verità, perdonarmi per averti detto che ti amo e per averti scombussolato la vita.>
Finì il suo discorso fissandomi dritto negli occhi. Non li distolse mai da me.
Io adoravo Jonathan. Era un fratello perfetto e nessuno poteva portarmelo via. Nemmeno questa storia così assurda.
<Io ti chiedo solo del tempo Jo. Tempo per assimilare il tutto e per capire come comportarmi. Quando tornerò a casa ne parlerò con i tuoi genitori e mi farò spiegare anche da loro la storia, nonostante tu sia stato molto chiaro. Voglio solo sentire la verità da loro. Sentire cosa avranno da dirmi e come si comporteranno. Grazie di tutto Jo. Grazie per essere venuto a parlarmi e grazie per avermi spiegato tutto. Sei il mio fratellone e lo sarai per sempre.> dissi io, infine, abbracciandolo.
<Ti voglio bene sorellina.> disse lui singhiozzando.
<Non piangere. I veri uomini non lo fanno.> dissi io facendolo ridere.
Ci staccammo dall'abbraccio e in quel preciso momento cominciò a nevicare.
Era così bella Manhattan sotto la neve.
Sarei restata lì per sempre.
Mancavano due giorni al mio compleanno e non avevo ancora idea di cosa fare. L'avrei sicuramente passato con Dylan e magari anche con mio fratello. Non mi sarebbe spiaciuto vederli conversare insieme magari durante una partita a bowling.
Jonathan si offrì di riaccompagnarmi a casa visto che era venuto in macchina.
Arrivati all'hotel salutai mio fratello e tornai in camera decisa a farmi una doccia.
Entrai in camera e trovai Dylan addormentato sul letto. Era così tenero. Sembrava un bambino con i capelli spettinati e la bocca semichiusa, quella bocca che avrei baciato in continuazione.
Cercai di fare meno rumore possibile e mi infilai in doccia.
Cominciai ad insaponarmi quando sentii qualcuno toccarmi il fianco e baciarmi dolcemente il collo.
<Com'è andata con tuo fratello principessa?>
<Bene, mi ha spiegato come stanno le cose in verità.>
<Mh, sono felice che vi siate chiariti. Ora che ne dici di rilassarci un po' io e te?>
<Ci sto.> dissi io mordendomi il labbro.
E così facemmo la doccia più intensa della nostra vita.

Cruel || Dylan O'Brien Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora