Rivelazioni

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Riconobbi quasi subito il ragazzo che aveva urlato. Si trattava di Jake, uno della compagnia di Michael. Lo vidi avvicinarsi a me e gli chiesi:
<Scusa, ce l'hai con me?> chiesi io un po' stupita.
<Vedi qualcun altro?> disse lui col fiatone a causa della corsa fatta in precedenza. Mi guardai intorno e notai che oltre a me e a lui non c'era nessun altro in cortile:
<Beh...in effetti ci siamo solo noi.>
<Complimenti. Ottimo spirito di osservazione.> disse lui sarcastico.
<Bando alle ciance, tu devi venire con me.>
<E dove...> non feci in tempo a finire di formulare la domanda, che lui mi aveva presa per il polso e aveva cominciato a trascinarmi dentro la scuola. Dopo un tragitto che mi sembrò abbastanza breve, dal momento che avevamo corso per praticamente tutto il tempo, arrivammo in un corridoio dove un gruppetto di ragazzi intimava un coro la cui parola principale era "Botte". Mi avvicinai e mi feci largo fra i ragazzi per vedere cosa stesse succedendo. Quando arrivai davanti non potei fare altro che urlare:
<Mike!> Il ragazzo si voltò e appena incontrò i miei occhi, che stavano cominciando a riempirsi di lacrime, il suo volto cambiò immediatamente espressione. Da quella arrabbiata e piena di odio si era trasformata in un'espressione stupita e al contempo imbarazzata. Non potevo vedere il mio migliore amico, perché sì, lo consideravo il mio migliore amico nonostante lo conoscessi da solo due giorni, picchiare a sangue un ragazzo. Così scappai da quella scena orribile rifugiandomi nella prima aula libera e mi liberai in un pianto disperato. Rimasi lì per alcuni minuti, indecisa sul da farsi, ma fu la testa di Michael, che fece capolino dalla porta, a spianare tutti i miei dubbi.
<Eccoti... Senti, io volevo scusarmi per quello a cui hai assistito oggi.>
<Perché mai dovresti scusarti? Solo perché hai preso a pugni un ragazzo fino alla morte e l'espressione sul tuo volto faceva trasparire il fatto che, in quel momento, ci stavi provando gusto?> dissi io mentre cominciavo a sentire il sangue ribollire nelle vene.
<Lo so che ho sbagliato. Io non sono così, lo giuro. Non volevo fargli del male, ma lui mi ha provocato e...>
<Non ti ho chiesto di dirmi il perché del vostro litigio, ma io ti dico una cosa. Stai alla larga da me.> dissi io seria e con una sfumatura di delusione.
<Mi prendi in giro?! Per una cazzata che ho fatto, tu pensi di potermi già classificare come uno violento che risolve le cose con una bella scazzottata? Oh carina, se è così allora non mi conosci affatto.> disse lui sbraitando.
<La sai una cosa caro il mio signor non mi conosci affatto? Vaffanculo.> e detto questo uscii dalla classe lasciando Michael con la bocca aperta. In quel momento provai una scarica di adrenalina pura. Così, decisi di andare in palestra per scaricarmi un po'. Andai al punto info e chiesi a Patricia come sarei potuta arrivare in palestra. Seguii le indicazioni e arrivai davanti alla grande porta in ferro che portava alla palestra. La aprii ed entrai. Fortunatamente non c'era nessuno, o almeno così pensavo. Presi un pallone da pallavolo, che era uno sport che mi riusciva abbastanza bene, e cominciai a schiacciare, con tutta la forza che avevo, la palla contro il muro. Mi fermai solo quando il braccio mi fece troppo male per continuare. Mentre riprendevo fiato, sentii dei passi e poi una voce:
<Hey piccola. Quanta potenza in quel braccino così esile.>
Mi voltai e lo vidi. Era bellissimo. Indossava una maglietta bianca attillata e dei pantaloncini da basket. La maglietta, sudata, lasciava intravedere gli addominali rigorosamente scolpiti e le braccia incrociate gli facevano assumere una posa sensuale ed estremamente seria.
<Beh.. Ehm...> dissi io balbettando.
<Allora? Il gatto ti ha mangiato la lingua o non riesci a parlare perché sei rimasta abbagliata dalla mia bellezza?> disse lui altezzoso.
Mi ripresi e gli risposi a tono:
<Ti piacerebbe vero? Non ti ho risposto solo perché non avevo il fiato per farlo.>
Lui mi guardò prima stupito, poi, un sorriso beffardo gli comparve sulle labbra, sottili e rosee con un perimetro delineato perfettamente. Insomma, era dannatamente bello.
<Sei la prima ragazza che mi rifiuta.> disse ridacchiando.
<Sei molto intrigante. Una vera sfida.> disse lui leccandosi le labbra.
<Sì, ma ora smettila di sbavarmi dietro.> dissi io ridendo provocatoria.
<Ragazzina, stai cercando di provocarmi?>
<Cosa te lo fa pensare?> dissi io guardandolo fisso negli occhi.
<Mh... Mi piaci ragazzina.> poi si avvicinò a me e mi scompigliò i capelli.
<Bene, ora devo tornare ad allenarmi. Ci si vede ragazzina.> e poi se ne andò.
Non so cosa mi stesse succedendo in quei giorni, ma mi sentivo benissimo. Si era aggiunta anche la chiacchierata fatta con Dylan, e non potevo sentirmi meglio. Uscii dalla palestra e andai in camera mia. Mi misi nel letto e mi addormentai stremata.
La settimana passò normalmente. In classe, chiesi ad un mio compagno di fare cambio di posto in quanto, non volevo vedere Michael neanche in cartolina, figuriamoci se volevo averlo di fianco per sei ore a giorno. Sonia ed io non avevamo più parlato dal mio ingresso in stanza e, fortunatamente, non mi infastidì minimamente. Finalmente arrivò Sabato ed io ero esageratamente agitata. Sonia non era in stanza, così, chiesi a Elisabeth di venire da me per poi andare alla partita insieme, dal momento che non sapevo dove si trovasse il campo. Dopo esattamente due minuti, Elisabeth era in camera mia ad urlarmi di muovermi altrimenti avremmo fatto tardi. Presi il telefono e uscii dalla camera seguita a ruota da lei. Arrivammo al campo e notai immediatamente che gli spalti erano stracolmi di persone. Fra queste notai anche Sonia, così, chiesi a Elisabeth di sederci il più possibile lontane da lei. Dopo una ventina di minuti, la partita iniziò. I ragazzi entrarono in campo e appena vidi Dylan rimasi stupita. La divisa bordeaux della scuola gli donava moltissimo e la fascia del capitano sul braccio sinistro accentuava la sua importanza e la sua bravura. Vidi anche Michael, ma in quel momento non era altro che una macchiolina in confronto a Dylan. Mi voltai verso la mia amica e le chiesi:
<Allora... Come mai quel giorno mi hai chiesto di venire alla partita?>
<Ehm...Beh...Ecco...La verità è... È che sono innamorata di Dylan.> disse lei arrossendo come un peperone per l'imbarazzo.
Non riuscivo a parlare. Ero come bloccata da quelle parole. Non sapevo descrivere i miei sentimenti in quel momento. Volevo solo scappare.
<Non dici niente?> La domanda della mia amica mi riscosse dai miei pensieri e mi decisi a parlare.

Cruel || Dylan O'Brien Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora