Una sola domanda

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Non potevo credere alle mie orecchie. Davvero Dylan non aveva fatto altro che prendermi in giro per tutto quel tempo? Dio, mi sentivo così stupida ad aver creduto che potesse essersi realmente innamorato di me. Ero andata contro tutti cercando di convincerli che era cambiato, che non era più il playboy di prima, che non era un rubacuori, un Don Giovanni e invece sono rimasta fregata. Mi ha abbagliata con la sua bellezza, con il suo savoir faire, con il suo carattere di merda, con quei suoi occhi magnetici, con la sua voce. Non aveva fatto altro che tendermi una trappola ed io ci ero cascata come un pesce lesso.
Non sapevo cosa fare. Ero lì, immobile, davanti alla porta dello spogliatoio, indecisa sul da farsi: entrare e farmi valere di fronte ad entrambi o aspettare di trovare il momento giusto e rovinarlo davanti a tutti. Optai per la seconda e decisi di tornare sugli spalti per finire di vedere l'allenamento e aspettare Mike.
Dylan quel giorno non si allenò e io non pensai a lui.
Finito l'allenamento Mike ed io uscimmo a mangiare qualcosa in centro. Chiacchierammo tutta la serata e forse bevvi qualche bicchiere di troppo dal momento che, una volta alzati dal tavolo, non mi reggevo in piedi.
La testa mi girava e le gambe erano pesanti eppure mi sentivo così leggera, mi sembrava quasi di poter volare.
Mike mi cinse la vita e mi aiutò a camminare. Passammo per un parco.
Il cielo era limpido quella sera e il freddo contrastava con il bollore delle mie guance dovuto all'alcol. Non era tardi così chiesi a Michael se avessimo potuto sederci su una panchina.
Una volta seduti, mi sdraiai appoggiando la testa sulle sue gambe e guardai il cielo.
Mi persi nella calma annegante del blu profondo del cielo, rischiarato dalla luce paca della luna e intervallato qua e là da piccole stelle.
Cominciai a piangere. Ripensai a Dylan, a ciò che avevo sentito in precedenza, a tutto ciò che avevo passato con lui, tutto ciò che aveva fatto per poi rendermi conto che era tutta una bugia.
<Jessi, che succede?> chiese Michael con voce rassicurante.
<Ho beccato Dylan nello spogliatoio oggi. Non era solo.>
<Non dirmi che...>
<Era insieme a Sonia, Mike. E ho scoperto che non mi ama. Mi ha solo presa in giro. Lui ama solo lei. Ha sempre e solo amato lei. E io da brava ingenua sono cascata ai suoi piedi.>
<Quel bastardo. Lo sapevo che non era cambiato di una virgola. Giuro che lo ammazzo. Mi spiace piccola, non ti meritavi questo. Non tu.>
<Mike, tranquillo. Ho già pensato io ad una vendetta. Ora perché non torniamo in istituto. Sono abbastanza stanca e domani ricominciano le lezioni. Non sono assolutamente pronta a ricominciare.>
<A chi lo dici. Al solo pensiero di rivedere la faccia di quell'arpia della prof di filosofia mi sale la morte. Ce la fai a camminare?>
<Sì sì, tranquillo.>
Non appena arrivammo in istituto e dopo esserci salutati, il mio telefono vibrò. Sullo schermo c'era un messaggio di Dylan:
"Hey piccola, dove sei? Mi manchi. Ti va se ci vediamo stasera? O magari preferisci uscire a prendere qualcosa domani pomeriggio? E se facessimo colazione insieme domani? Ti amo, rispondimi asap."
Lessi e rilessi quel messaggio un'infinità di volte. Come poteva recitare in quel modo. Lo disprezzavo, mi faceva schifo. Con quale coraggio si permetteva di giocare con i miei sentimenti in quel modo.
Ovviamente non risposi e non visualizzai nemmeno. Corsi in camera e mi ci chiusi dentro, per poi sdraiarmi nel letto e addormentarmi.
Mi risvegliai la mattina seguente. Mi preparai con il mormorio della gente che usciva dalle proprie camere per incontrarsi o salutarsi dopo le vacanze.
Non mi dispiaceva sentire le voci soffuse e gioiose delle persone fuori dalla mia stanza. Mi trasmettevano una certa felicità ed era come se in un certo senso stessero parlando anche con me. Era come se mi facessero sentire partecipe delle loro vite frenetiche e piene di emozioni ed avventure.
Uscii dalla porta poco prima che Elisabeth bussasse.
<Buongiornissimo. Come stiamo stamattina? Caffè?> disse lei gioiosa porgendomi un bicchierino di plastica con il caffè delle macchinette.
<Buongiorno El, come mai così felice di prima mattina? Abbastanza bene dai. Un po' di mal di testa, ma nulla di che. Assolutamente, ne avevo proprio bisogno.> dissi io prendendo il caffè.
<Notiziona bomba. Apri bene le orecchie. Vacanze di primavera, villa al mare, noi e i ragazzi. Festa tutte le sere, grigliate e alcol a più non posso. Ci stai?>
<Assolutamente sì! Sai che dove c'è festa ci sono anch'io.> dissi euforica.
Il mio euforismo però scomparve non appena mi resi conto che ci sarebbe stato anche Dylan.
<Tutto bene Jessi? Come mai ti sei rabbuiata all'improvviso?>
<Oh, nulla El. Stavo solo pensando scusa. Andiamo in classe?>
<Certo.>
La mattinata passò tranquillamente ed io non feci altro che pensare a Dylan. Nonostante cercassi in tutti i modi di togliermelo dalla testa non riuscivo in alcun modo a non pensare a lui. Era come se la sua immagine si fosse impressa nella mia memoria e non si potesse dimenticare neanche volendo.
Subito dopo le lezioni mi chiusi in camera. Non volevo vederlo da nessuna parte. Volevo evitarlo, non affrontare la situazione, scappare e fare finta di nulla anche se sapevo perfettamente che avrei dovuto reagire e sputargli in faccia tutta la mia rabbia nei suoi confronti e dirgli quanto mi facesse schifo.
Eppure non feci altro che stare sdraiata sul letto piangendo disperatamente senza un minimo di ritegno.
Non sapevo cos'altro fare. Piangere mi sembrava l'unico modo per scaricare la tensione. L'unico modo per far sì che tutta la mia rabbia abbandonasse il mio corpo e la mia mente per far spazio alla mia parte razionale, ma ovviamente ciò non accadde.
La cosa andò avanti per due lunghe settimane. Mi chiudevo in camera e dicevo a tutti di non disturbarmi perché avevo molto da studiare e stavo lavorando ad un progetto al quale dovevo dedicarmi pienamente.
Non mangiavo, non bevevo. L'unica cosa che facevo era piangere e urlare.
C'era una sola domanda che mi fluttuava in testa per tutto il tempo:
"Non è che forse sono io la sbagliata?"

Cruel || Dylan O'Brien Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora