Ti ho notata stamattina

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<Ti tengo rinchiusa in uno sgabuzzino, non è ovvio?> disse lui ridacchiando.
<Fin lì ci ero arrivata Jake, ma perché lo stai facendo?>
<Sono stato incaricato da qualcuno.>
<E illuminami. Chi sarebbe questa persona?>
Jake si allontanò dalla porta a cui era appoggiato e si avvicinò a me. Una volta davanti, si piegò, avvicinò  la bocca al mio orecchio e cominciò a parlare provocandomi brividi in tutto il corpo.
<È stato il tuo migliore amico... Mike.> disse lui in un sussurro.
Non potevo crederci. Perché Michael mi avrebbe fatto una cosa del genere? Era lui che voleva cenare con me. Lui mi aveva detto tutte quelle cose dolci. Sempre lui aveva deciso di stare sempre al mio fianco. Perché mai avrebbe dovuto incaricare Jake di rinchiudermi in quello sgabuzzino?
<Michael non lo avrebbe mai fatto.>
<Come scusa? Stai insinuando che io ti abbia mentito?>
<Sì.>
<Allora ti faccio vedere le prove. Che ne dici?> disse lui con un sorriso beffardo.
Estrasse il suo telefono dalla tasca e mi mostrò il display, su cui vi erano scritti alcuni messaggi.
Gli strappai letteralmente il telefono dalle mani. Ero esterrefatta da quello che stavo leggendo. Era vero. Qualcuno lo aveva incaricato di rinchiudermi lì dentro, ma non potevo credere che fosse stato Michael. Così, mi venne un'idea. Schiacciai il contatto della persona e vidi il numero. Sapevo quello di Michael a memoria e quel numero non c'entrava per niente col suo.
<Pensavi di potermi prendere in giro? Ti dico solo una cosa...non lasciare mai che una ragazza prenda il tuo telefono.> dissi io sogghignando.
<Come prego?> disse lui stranito.
<Questo, non è il numero di Michael. Se devi mentire, fallo bene. Ora, se non ti spiace, avrei un appuntamento a cena. È stato un piacere smontare la tua convinzione di essere stato un genio, ma ora devo andare.>
Passai di fianco a Jake e raggiunsi la porta, ma non feci in tempo ad afferrare la maniglia che lui bloccò il mio corpo al freddo materiale della porta.
<Forse non ti è ben chiara una cosa. Tu non ti muovi da qui.>
Cercai in tutti i modi di divincolarmi da quella presa, ma era troppo forte. Così, non potei fare altro che giocare la carta della supplica.
<Ti prego, lasciami andare.> dissi io quasi piangendo.
<Pensi che così facendo io mi intenerirò e ti lascerò andare? Non sono così stupido sai.> disse lui duro.
Mi voltai verso di lui e ci ritrovammo faccia a faccia. Le lacrime cominciarono a scendere rigandomi le guance.
<Perché lo stai facendo? Lasciami andare. Ti prego.> dissi io continuando a piangere, ma tenendo gli occhi fissi nei suoi.
<Non mi incanti Jessica. Smettila di piangere come una bambina. Non sei una prigioniera di guerra e non mi sembra di starti trattando come una schiava. Anch'io avrei voluto fare altro questa sera, ma un favore è un favore. Quindi ora mettiti seduta e smettila di rompere.>
Feci come mi aveva detto e mi sedetti in un angolo.
Restai così per un tempo che mi parve infinito, quando improvvisamente mi ricordai del cellulare. Lo estrassi dalla tasca della giacca e scrissi un rapido messaggio a Michael evitando di farmi scoprire da Jake.
Riposi il telefono nella tasca e attesi l'arrivo di Michael.
Passai un tempo indeterminato in quello stanzino e di Michael neanche l'ombra. Stavo cominciando seriamente a preoccuparmi. Avevo una fame da lupi e il mio stomaco era in continuo subbuglio.
Jake restò impassibile appoggiato alla porta e non sembrava minimamente interessato al mio stato fisico e morale.
I minuti passarono e io mi arresi al fatto che nessuno sarebbe venuto a prendermi.
Stavo per addormentarmi quando improvvisamente la porta si aprì ed entrò lui.
Si avvicinò a Jake e gli tirò un pugno in piena faccia facendogli sanguinare il naso.
<Ma che? Sei scemo per caso? Mi hai rotto il naso!>
<Si può mettere a posto tranquillamente. Ora vedi di sparire dalla mia vista se no ti rompo qualcos'altro.>
Jake se ne andò e lui mi aiutò ad alzarmi.
<Perché sei qui?>
<Michael mi ha detto di venire a prenderti. Ha ricevuto il tuo messaggio, ma eravamo nel bel mezzo di una riunione della squadra e non potevamo muoverci. Non appena abbiamo finito il coach lo ha bloccato per parlargli un attimo e lui ha chiesto a me di venire a prenderti.>
<Ah...Allora grazie.> dissi io sorridendo un po' imbarazzata.
<Con Jake farò i conti più tardi. Ora che ne dici di andare a mangiare qualcosa?>
<Va bene.>
Ci dirigemmo in mensa. Prendemmo gli avanzi della cena di quella sera e ci sedemmo ad un tavolo. C'eravamo solo noi e gli addetti alla mensa. Era una situazione un po' imbarazzante, ma a lui sembrava non importare minimamente.
Stavamo mangiando, quando mi ricordai di ciò che avevo visto quella mattina e la forchetta mi cadde.
<Tutto bene?>
<S-sì. Non preoccuparti.>
<A cosa stai pensando?>
<A-a niente perché?>
<Ammettilo che stai pensando al fatto che non dovresti essere qui dopo quello che hai visto stamattina.>
Strabuzzai gli occhi a quella sua affermazione.
<Eh già. Ti ho notata stamattina allo Starbucks con il tuo amichetto. Siete inseparabili voi due.>
<Perché eri lì con quella.>
<Mi aveva invitato per un caffè. Nulla di ché.>
<Ma tu stai con Elisabeth. Non dovresti uscire con Sonia.>
<Oh, ma questo Elisabeth non lo deve sapere e tu dovrai tenere il segreto a meno che tu non ne voglia pagare le conseguenze, ma non te lo consiglio.> disse lui con una risata inquietante.
<Ma non posso non dirglielo. È la mia migliore amica.>
<Non sono affari miei i vostri legami. Tu, semplicemente, devi tenere la bocca chiusa. Non mi sembra una cosa difficile. No?> disse lui prendendomi una mano fra la sua e sorridendomi.
<N-no.> dissi io abbassando lo sguardo.
<Bene. Vedo che ci siamo capiti. Ora devo andare ragazzina. Ci si vede in giro. Ah, ho saputo che domani togli il gesso. Almeno potrai lavarti finalmente e smetterai di puzzare come un caprone.>
<Come scusa? Ma chi ti credi di essere. Sparisci dalla mia vista bastardo.> dissi io quasi urlando.
<Oh oh. Tranquilla ragazzina. Ora me ne vado.> e detto ciò scomparve dietro alla porta della mensa.
Non lo sopportavo. Era uno stupido, menefreghista col cuore di ghiaccio, ma, nonostante ciò, io l'amavo e ne ero sempre più convinta.
Lasciai la mensa e tornai alla mia camera.
Aprii la porta, entrai in camera dove trovai qualcuno ad attendermi.
<Dove diamine eri finita?>

Cruel || Dylan O'Brien Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora