Quelle labbra

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<Che c'è piccola. Non sei felice di vedermi?> disse con un sorriso beffardo.
<Primo non chiamarmi piccola, secondo ero solo stupita dal fatto che tu abbia scelto questo corso.> dissi tornando a sistemare gli ultimi libri.
<Ragazzina, non ho scelto io questo corso. Sono stato obbligato. Dal momento che a scuola non vado bene, rischio di essere cacciato dalla squadra e non ci tengo minimamente. Così, i professori, hanno deciso di farmi fare ore extra per ottenere alcuni crediti e dal momento che questo era l'unico corso praticamente vuoto mi hanno messo qui.>
<Povero Dylan. Per non essere cacciato dalla squadra e non
perdere il ruolo di capitano faresti davvero di tutto.> dissi io ridendo di gusto.
<È proprio così. Comunque, dimmi cosa devo fare.>
<Dovresti prendere la scala che si trova nel ripostiglio. Il signore ti ha fatto vedere dove è?>
<Sì sì. Vedi di non sparire.>
<Stai tranquillo. Aspetterò con ansia il tuo ritorno.> dissi ridendo.
Amavo sfotterlo e dargli fastidio. Non si arrabbiava mai e stava sempre al gioco, rispondendomi anche a tono quando gli capitava.
Qualche minuto dopo, Dylan tornò con la scala sulle spalle e intuii che fosse anche molto pesante dal momento che i muscoli delle sue braccia erano contratti il che lo rendeva ancora più sexy e attraente di quanto già non fosse.
<Hai finito di sbavarmi dietro? E dimmi dove devo mettere questa. È pesante.> disse lui distraendomi dai miei pensieri.
<Oh...Ehm...Sì certo. Mettila pure qui.> dissi io indicando una scaffalatura.
<E scommetto che tu vorresti salire su questa cosa, giusto?> disse lui indicando la scala.
<Sì, questo è il lavoro che dobbiamo fare. A proposito, non è che potresti tenermi ferma la scala e passarmi i libri? Faccio un po' fatica con la mano ingessata.>
Lui mi guardò, poi sorrise dolcemente e quel sorriso era in grado di scogliere anche il più grande degli iceberg.
Cominciai a salire i primi scalini e quando arrivai allo scaffale giusto Dylan cominciò a passarmi i libri che io gli richiedevo in base alla lista.
Dopo mezz'ora di lavoro, il telefono di Dylan cominciò a squillare.
<Scusami. Devo rispondere.>
<Tranquillo. Fa pure. Io finisco di mettere gli ultimi due libri e scendo.>
<Fa attenzione.>
<Tranquillo.> dissi io sorridendo.
Dylan si allontanò e nel frattempo io misi a posto il penultimo libro. L'ultimo, purtroppo, doveva essere messo in fondo allo scaffale, ma non potevo scendere e spostare la scala da sola. Così, mi sporsi più che potevo nel tentativo di arrivare alla fine dello scaffale. Ce la feci e misi a posto anche l'ultimo libro, ma in quel momento la scala si sbilanciò, cadde e io con lei.
Sentii un forte tonfo, provocato probabilmente dalla scala che aveva sbattuto a terra. Io, però, non sentii il freddo marmo del pavimento sotto di me, ma bensì due forti braccia. Alzai lo sguardo e vidi Dylan. Il suo volto era preoccupato, ma al contempo sollevato per aver fatto in tempo ad avermi salvata.
<Ragazzina, mi hai fatto prendere un colpo. Potevi aspettarmi non credi?>
<S-sì scusa. Hai ragione. Sono stata una sciocca.> dissi io con le lacrime che cominciarono a scendere lungo le mie guance, forse per lo shock dell'accaduto.
<Non piangere. Va tutto bene ora.> disse lui asciugando alcune lacrime con i suoi pollici. Quel gesto mi provocò una miriade di brividi che percorsero tutta la mia spina dorsale. Alzai di nuovo lo sguardo, fino ad incontrare il suo volto e poi i suoi occhi meravigliosi e dolci che mi guardavano.
Cercò di raggiungere una piccola scrivania lì vicino per farmi sdraiare, ma scivolò su un libro ed entrambi cademmo al suolo. Lui sopra e io sotto. Il mio sguardo si posò sulle sue labbra, sottili ma rosee e carnose e dannatamente invitanti. Il suo sguardo era fisso su di me. Potevo percepirlo e quella sensazione non mi dava fastidio, anzi, mi divertiva molto. Alzai lo sguardo e incastonai i miei occhi verdi nei suoi marroni con tutte le loro pagliuzze ambrate. Sarei potuta stare così per ore. Persa nei suoi occhi magnetici e dannatamente dolci.
Restammo così per alcuni minuti, fin quando Dylan fece una cosa per me assurda.
Cominciò ad avvicinare il suo viso sempre più al mio. I suoi occhi, ormai, non erano più nei miei, ma, bensì, continuavano a fissare la mia bocca, come a volerla divorare. Mi sentivo a disagio, infatti arrosii. Probabilmente ero diventata rossa com un peperone. Cercai di allontanarlo con la mano sana, ma lui mi bloccò.
Era ad un soffio dal mio viso. Riuscivo a sentire il suo respiro caldo sulle mie labbra. Poi l'assurdo. Le sue labbra si erano posate sulle mie, in un piccolo bacio a stampo. Ero incredula, ma rimasi immobile a godermi tutto quello, perché, in fondo, non mi dispiaceva affatto quello che stava succedendo. Stavo facendo un torto alla mia migliore amica, ma per una volta decisi di pensare a me. Al senso di colpa ci avrei pensato più tardi. In quel momento, ciò che mi importava erano le labbra di Dylan sulle mie, nient'altro. Stavamo per terminare il bacio, quando qualcuno tossicchiò per richiedere la nostra attenzione. Dylan si staccò da me e mi aiutò ad alzarmi. Davanti a noi c'era il signore anziano. Probabilmente aveva sentito il tonfo ed era venuto a vedere cos'era successo.
<Vedo che state bene. Ora mi dite cosa è successo, per favore?>
<Oh... Ehm... Sì certo. Stavo usando la scala e dovevo mettere a posto l'ultimo libro il quale posto si trovava in fondo allo scaffale. Dal momento che Dylan si era allontanato un attimo, ho deciso di fare di testa mia, ma la scala si è sbilanciata ed è caduta. Le chiedo umilmente scusa.> dissi io chinando il capo in segno di scuse.
<Mh, non importa. L'importante è che ora tu stia bene. Per oggi avete finito ragazzi. Potete andare.> disse il signore sorridendo.
Scendemmo la scalinata, ma una volta davanti al portone Dylan prese a parlare:
<Senti ragazzina, io non so cosa mi sia successo prima. Non volevo baciarti. Sono fidanzato e ti prego di non raccontare nulla a nessuno. Scommetto che per te non è stato nulla come lo è stato per me.>
Non potevo crederci. Quel bacio non aveva significato nulla per lui. Niente di niente.
<Sì, hai perfettamente ragione. Non ha significato nulla per me. È stato solo un errore. Comunque, non dirò nulla ad Elisabeth, tranquillo.>
<Bene, ci si vede ragazzina.> disse lui sorridendomi e uscendo dalla biblioteca. Dopo qualche minuto uscii anch'io, ancora scioccata dalle sue parole, quando qualcuno mi afferrò per un braccio e disse:
<Io e te dobbiamo assolutamente parlare.>

Cruel || Dylan O'Brien Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora