Ne ero innamorata

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Arrivammo alla centrale di polizia e Michael cominciò a spiegare ad un poliziotto tutta la situazione. L'unica risposta che ricevemmo fu "Tornate un'altra volta. Siamo troppo occupati ultimamente e non abbiamo tempo di preoccuparci di alcuni insulsi messaggi."
Ce ne andammo entrambi infuriati per il comportamento del poliziotto.
<Sono inutili.> disse Michael.
<Completamente d'accordo.> dissi io scuotendo la testa in senso di acconsenso.
<Beh, che si fa adesso?> chiese Michael.
<Direi che torniamo a scuola. Abbiamo da studiare per domani.>
Michael sbuffò, probabilmente infastidito dalla mia risposta, ma alla fine cedette e tornammo a scuola, dove ad attenderci c'era una pila di libri.
Entrammo nell'istituto e ci salutammo. Poi, ognuno si diresse alla propria stanza.
Entrai nella mia richiudendomi la porta alle spalle e lasciandomi scivolare su di essa fino a sedermi per terra. Rimasi così per un po'. Amavo il contatto con il freddo marmo del pavimento, mi faceva sentire viva.
Mi alzai e mi misi a studiare. Attaccai il mio telefono all'impianto stereo e feci partire la riproduzione casuale.
Amavo ascoltare la musica. Mi piaceva qualsiasi genere, dal classico al rock-punk. Ascoltavo musica a qualsiasi ora del giorno e della notte. Io e le mie cuffiette eravamo inseparabili. Erano una costante nella mia vita. Ogni volta che sentivo una nuova canzone assimilavo le parole e il ritmo, così, ero in grado di riprodurla modificandola a mio piacimento.
Passai un'ora tra lo studio ed il canto. Ero entrata nel mio mondo e nessuno poteva tirarmici fuori.
Non mi mancava molto per terminare i compiti. Così, decisi di prendermi una pausa e mi lanciai a peso morto sul divano. Appoggiai la testa sul morbido cuscino e accesi il televisore.
Come al solito non c'era nulla che mi interessasse e, così, decisi di mettermi a disegnare.
Amavo disegnare, in particolar modo la natura. Era un soggetto perfetto, secondo i miei gusti.
Presi il mio quaderno e mi affacciai alla finestra.
Davanti a me vi era un bellissimo faggio e decisi di riprodurre quello. Usavo principalmente gli acquerelli, ma a volte utilizzavo anche il carboncino. Mi è sempre piaciuto tenere in mano il pennello e muoverlo delicatamente sul foglio e adoravo sporcarmi le mani di nero quando dovevo sfumare il carboncino.
Mi sedetti per terra e cominciai a riprodurre il maestoso albero sulla carta. Non era una giornata particolarmente bella. Il cielo brullicava di nuvole e, da lì a qualche minuto, sarebbe cominciato a piovere e la questione mi preoccupava abbastanza. Non c'era mio fratello con me a proteggermi dal rumore dei tuoni e dalla luce dei lampi e le mie cuffiette non sarebbero bastate per distrarmi dal temporale.
Terminai il mio disegno che, tutto sommato, non venne neanche male. Misi tutto al proprio posto, mi cambiai ed indossai una tuta, uscii dalla camera e mi diressi verso quella di Michael.
Per i corridoi non volava una mosca. Probabilmente erano tutti dalle loro famiglie dal momento che era domenica.
Cominciò a piovere ed io affrettai il passo per raggiungere la camera di Michael che si trovava da tutt'altra parte rispetto alla mia. Stavo camminando il più velocemente possibile quando il rumore sordo di un tuono mi fece urlare per lo spavento. Cominciai a piangere per la paura e mi misi a correre il più velocemente possibile.
Stavo correndo come una disperata quando urtai contro qualcuno.
<Beh?! Non guardi dove vai? E poi nessuno ti ha insegnato che non si corre nei corridoi?> disse lui urlando evidentemente seccato.
<Io...S-scusa> dissi io alzando lo sguardo e incastonando i miei occhi marroni nei suoi color nocciola caratterizzati da quelle meravigliose pagliuzze dorate.
<Hey, perché stai piangendo?> disse lui addolcendo il tono e avvicinandosi a me.
<P-perché...>, ma non feci in tempo a terminare la frase che un altro tuono rimbombò nelle mie orecchie facendomi urlare nuovamente. Istintivamente mi strinsi a Dylan e lui ricambiò l'abbraccio passandomi una mano fra i capelli per rassicurarmi e tranquillizzarmi.
<Hai paura dei temporali.> disse lui.
Io scossi la testa, appoggiata al suo petto, in segno di affermazione.
<Non ti preoccupare. Andrà tutto bene vedrai. Tutti hanno paura di qualcosa.>
Spostai la testa dal suo petto e fissai i miei occhi nei suoi.
<E tu Dylan? Di cosa hai paura tu?> chiesi io sentendo le palpebre farsi pesanti.
Dylan aprì bocca per rispondere, ma non fece in tempo a proferire parola che io mi addormentai cullata dalle sue braccia e dalle sue carezze.
Mi risvegliai sotto delle calde coperte. Quando riuscii ad aprire gli occhi completamente, mi resi conto di non essere nella mia stanza. Mi ricordai di quello che successe e arrossii per l'imbarazzo. Mi alzai dal letto, scostando su un lato le coperte. La stanza era molto grande e moderna. Il letto era a due piazze e la stanza era particolarmente luminosa grazie alle pareti bianche.
Curiosai in giro per la stanza. Una mensola era piena di trofei, una scaffalatura era piena di libri e su un piccolo ripiano vi erano alcune sue foto. Rimasi a contemplarle per un po'. Alcune ritraevano lui da piccolo, altre lui con una coppa e una lo ritraeva con una ragazza. I due si somigliavano molto e ipotizzai che la ragazza fosse sua sorella.
Uscii dalla camera e mi diressi nel salotto dove, però, non c'era nessuno. Mi avvicinai all'immensa finestra da cui entrava moltissima luce. Rimasi imbambolata davanti alla visione della pioggia che continuava a scendere imperterrita.
Ero incantata quando sentii qualcuno alle mie spalle:
<Ben svegliata, ragazzina. Ero andato un attimo al bar per prenderti qualcosa da mangiare.>
Mi voltai nella sua direzione e cominciai ad avvicinarmi a lui. Il suo sguardo era fisso sulla mia figura e seguiva ogni mio movimento.
Una volta davanti a lui presi il sacchetto che aveva in mano e lo appoggiai a terra. Mi avvicinai ancora più a lui e lo abbracciai.
<Grazie. Di tutto.> dissi io.
Dylan sussultò leggermente a quel mio tocco, ma ricambiò l'abbraccio cingendomi la vita.
<Di nulla, ragazzina.> disse lui dolcemente.
A quelle parole sorrisi. Ne ero più che certa ormai. Ero innamorata di Dylan
O'Brien e nessuno mi avrebbe fatto cambiare idea.

Cruel || Dylan O'Brien Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora