Che stai facendo?

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Perché Dylan era lì? E, soprattutto, perché era con Sonia?
<Mike...>
<Mh? Dimmi.>
<Guarda lì.> dissi io indicando i due ragazzi seduti ad un tavolino.
<Cos...Oh. Ma quello...Quello è Dylan!>
<Già, e quella è Sonia.> dissi io continuando a fissare i due ragazzi che conversavano animatamente.
Aveva sempre avuto ragione Michael. Quel ragazzo faceva schifo. Come potevo essermi innamorata di lui.
Me lo aveva sempre detto, eppure io non gli avevo mai creduto.
<Possiamo andarcene, per favore?> dissi io.
<Certo. Torniamo a scuola?>
<Ok.>
Uscimmo dal negozio e tornammo a scuola. Nella mia mente era impressa solo l'immagine di quei due e i miei pensieri andarono tutti alla mia migliore amica. Se lo avesse scoperto sarebbe andata fuori di testa e avrebbe scatenato la terza guerra mondiale. Non potevo fare finta di niente e tenerla all'oscuro di tutto. Ero immersa nei miei pensieri quando Michael cominciò a parlare:
<Jessy, non dire niente ad Elisabeth. Vedrò di parlare con Dylan per capire cosa passa in quella sua testa bacata.>
<Ok Mike.> dissi io. Poi lo abbracciai e lui ricambiò stringendomi a sé e passandomi una mano fra i capelli.
Restammo così per alcuni minuti quando una voce mi fece gelare il sangue.
<Ma che bella coppietta. Siete perfetti.> disse lui con un tono di amarezza.
<Noi non stiamo insieme Dylan.> disse subito Michael staccandosi dall'abbraccio.
Io non riuscivo a parlare. Non volevo che Dylan pensasse al fatto di me e Michael come una coppia. Lui continuava a scrutarmi con sguardo assassino. Sembrava quasi...geloso, ma era impossibile.
<No. Non stiamo insieme. E poi, nel caso, non sono affari tuoi.> dissi io seria. Poi, presi Michael per un braccio e ce ne andammo, lasciando davanti al portone Dylan con una faccia ancora sconvolta dalla mia risposta.
<Non ti facevo così audace piccoletta.>
<Non chiamarmi così.> dissi io fingendomi offesa.
Era vero. Michael era molto più alto di me, ma, sinceramente, non ci voleva molto per superarmi.
<Come vuoi tu.>
<Bravo.> dissi io ridacchiando.
Camminammo fino alla mia stanza. Mi fermai davanti alla porta e cominciai a cercare le chiavi della camera, quando Michael prese a parlare:
<Jessy...>
<Mh?>
<Ti...>
<Ti...> dissi io spronandolo a continuare.
<Ti voglio bene.>
<Anch'io Mike.> dissi io sorridendo.
Trovai le chiavi e, finalmente, entrammo nella stanza. Lanciai la borsetta e le scarpe e mi tuffai a peso morto sul letto, seguita a ruota da Michael che per poco non mi uccise.
<Mike, alzati! Non respiro! Sei troppo pesante!> dissi io senza fiato.
Lo sentii sghignazzare. Si alzò e io riuscii a respirare.
<Aria! Vera e propria aria per i miei polmoni!>
<Come sei melodrammatica! Non sono poi così pesante.>
<Sarai anche leggero, ma sei comunque più pesante di me!> dissi io ridendo, contagiando anche lui.
Ci sedemmo sul divano e cominciammo a chiacchierare.
<Bene... Mike, cosa ti piace di me?> chiesi io. Era da un po' che volevo saperlo. Io e lui non ci eravamo mai detti il vero motivo della nascita della nostra amicizia e poi volevo sapere anche il suo parere nei miei confronti.
<Vediamo... Il primo giorno di scuola mi sei sembrata timida e fragile, così non ti parlai per evitare convenevoli. Poi, però, durante l'intervallo, ho deciso di parlarti e la tua voce mi è sembrata bellissima. Nel tragitto per andare al bar ho constatato che eri anche molto intelligente e soprattutto pura. Non eri e non sei come tutte le altre ragazze. Tu sei diversa. Tu sei speciale.>
A quelle parole il mio cuore perse un battito. Nessuno mi aveva mai fatto così tanti complimenti. Nemmeno mio fratello. Nessuno mi aveva mai calcolata a scuola. Nessuno mi aveva mai presentata alla sua compagnia. Nessuno era mai stato come lui. Ero grata a chiunque mi avesse mandato Michael. Gli occhi cominciarono ad inumidirsi e le lacrime cominciarono a rigare le mie guance.
<Hey, perché stai piangendo?>
<Perché nessuno mi aveva mai detto quelle cose.> dissi io tra un singhiozzo e l'altro.
<Beh, era ora che qualcuno te le dicesse e sono felice di essere io.> disse lui sorridendo. Lo abbracciai come facevo con mio fratello.
Restammo così per molto tempo fin quando io non mi addormentai fra le sue braccia.
Mi risvegliai a causa del lieve tocco di una mano sui miei capelli. Aprii lentamente gli occhi e mi ritrovai davanti il viso sorridente di Michael.
<Buongiorno.>
<Buongiorno.> mugugnai io.
<Dormito bene?>
<Sì. Sei comodo lo sai?>
Lui scoppiò in una risata che contagiò anche me.
<Sai, dovresti pagarmi per tutte le volte che hai dormito su di me.> disse lui ancora ridendo.
<Ma sono tantissime. E poi questa non sarà neanche l'ultima. Se ti pagassi per tutte le volte che ho dormito su di te diventerei povera!> esclamai io ridendo.
<E io diventerei ricco. Così, ti comprerei tutti i cuscini del mondo. Sai, li hanno inventati per un motivo.>
Scoppiai a ridere pensando al fatto che avesse ragione.
<Scemo.> dissi io tirandogli un pugno amichevole sul braccio.
<Hai osato tirarmi un pugno?> disse lui facendo il finto scandalizzato.
<Sì. Perché?> dissi io con aria di sfida.
<Oh oh. Non sai a cosa sei andata incontro.> e detto ciò si avventò su di me facendomi il solletico. Cominciai a ridere come una pazza e a muovermi nel tentativo di fuggire alla sua presa, ma era troppo forte per me.
<Ti prego! Ti prego! Tregua!> dissi io che non avevo più fiato a causa del continuo ridere. Lui si staccò da me e io ripresi fiato.
<Hai appreso la lezione?>
<Sì maestro.> dissi io prendendolo in giro.
<Bene alunna. Ora dimmi. Cosa vorresti fare?>
<Che ore sono?>
<Le sette e mezza.>
<Che ne dici di mangiare qualcosa.>
<Ci sto. Ci vediamo tra venti minuti in mensa. A dopo piccola Jess.>
<A dopo Mike.>
Dopo che Michael uscì dalla stanza mi rintanai in bagno e mi misi sotto l'acqua calda della doccia per lavarmi. Amavo il tepore dell'acqua sulla pelle e amavo sentire le goccioline scorrere sul mio corpo. Uscii dal bagno e mi preparai. Mi truccai un po',giusto per non sembrare uno zombie davanti a tutti gli altri alunni della scuola, e uscii dalla camera.
Stavo camminando per il corridoio, intenta a scrivere un messaggio a mio fratello, quando qualcuno mi tappò la bocca con una mano e mi trascinò in uno sgabuzzino lì vicino.
Il mio "aggressore" mi tolse la mano dalla bocca e appena lo riconobbi esclamai:
<Che cavolo stai facendo?!>

Cruel || Dylan O'Brien Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora