Un tassello della sua vita

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Mi svegliai lentamente. Non avevo alcuna voglia di alzarmi dal letto quella mattina, stavo così bene sotto le coperte. Mi girai e vidi che di fianco a me non c'era Elisabeth, ma.non mi feci domande. Mi alzai svogliatamente e mi diressi in bagno.
Mi sciacquai la faccia e mi cambiai. Finalmente mi sarei tolta il gesso e non avrei dovuto più convivere con quell'affare.
Mancavano ancora un paio d'ore all'appuntamento in ospedale. Così, decisi di andare a fare colazione al bar.
Presi il telefono, ma, quando sbloccai lo schermo, trovai un altro messaggio dallo stesso numero anonimo.
Buongiorno Jessica. Dormito bene? Spero vivamente di sì. Non voglio vedere sul tuo viso neanche un accenno di occhiaie. La tua amica se n'è andata qualche ora fa. Divertiti oggi.
Non sapevo come comportarmi. Non sapevo se andare alla polizia e denunciare il fatto o, semplicemente, fare finta di niente.
Scelsi la seconda opzione, anche perché il mio stomaco cominciò a brontolare incessantemente.
Scrissi un messaggio a Michael chiendendogli se avesse voglia di fare colazione con me. Mi rispose che per lui andava bene e che ci saremmo incontrati al bar entro cinque minuti.
Arrivai a destinazione e mi sedetti su un tavolino aspettando l'arrivo di Michael, che non tardò ad avvenire.
Si avvicinò a me lasciandomi un dolce bacio sulla guancia.
<Buongiorno dolcezza.>
<Buongiorno anche a te Mike. Ti vedo di buon umore oggi. È successo qualcosa?>
<In effetti. Ieri il coach mi ha invitato fuori a cena dicendomi che aveva un importante annuncio da farmi. E... Sono cocapitano! Ti rendi conto?! Era il mio sogno da sempre e, finalmente, si è avverato. Ancora non ci credo.>
Restai in silenzio. Non avevo ascoltato molto di quello che mi stava raccontando Michael, ero troppo presa dai messaggi della persona anonima.
<Beh, non dici nulla?>
<Uhm... Scusa Mike. Non stavo prestando molta attenzione.>
<L'ho notato. Che succede?>
<Vedi, ieri sera e questa mattina mi sono arrivati strani messaggi da un  numero anonimo. Ieri sera ho chiesto ad Elisabeth di restare a dormire da me, ma non posso chiederle questo favore sempre e di certo non posso chiederlo neanche a te, anche se so che saresti disposto a fare di tutto per me. Io non so cosa fare. Non so se andare dalla polizia e denunciare tutto o aspettare e scoprire qualcosa di più.>
<Fammi vedere immediatamente quei fottuti messaggi.>
Gli passai il telefono e lui cominciò a scrutarlo quasi fosse un'opera d'arte dal valore inestimabile.
<Non conosco questo numero.> esordì di punto in bianco lui.
<Lo immaginavo.>
<Bene. Ora dobbiamo andare in ospedale, subito dopo alla centrale di polizia e non voglio che tu dica niente. Faremo così e basta.>
<Ok. Mi affido a te allora.> dissi io sorridendogli.
Uscimmo da scuola e ci dirigemmo verso l'enorme struttura che ospitava l'ospedale. Non distava molto da scuola. Una decina di minuti a piedi.
Entrammo e ci dirigemmo in sala d'attesa. Aspettammo seduti per qualche minuto, quando arrivò la stessa infermiera che mi aveva accudita quando Sonia mi aveva distrutta.
<Oh, buongiorno Jessica. Anche oggi accompagnata dal signorino vedo.> disse lei facendo l'occhiolino a Michael che divenne paonazzo.
<Ehm... Sì. Non vedo l'ora di togliere il gesso.>
<Indubbiamente. Dev'essere un bel fardello da sopportare.>
<Già.>
<Bene. Seguitemi pure. Il dottore vi sta aspettando.>
Seguimmo l'infermiera fino ad una piccola stanza con un lettino e alcuni attrezzi.
<Accomodati pure sul lettino. Il dottore arriverà a breve.>
<Ok, grazie mille.> dissi io sorridendo.
Mi guardai intorno. La stanza era completamente bianca. Mi metteva un po' di ansia tutto quel bianco in una stanza così piccola.
Avevo cominciato a giocherellare con le dita per la noia, quando sentii due voci provenire da dietro la porta.
<No. Sei solo un vecchio decrepito. Non voglio vederti mai più! Sono stato abbastanza chiaro?>
<Dylan, ti prego. Lascia solo che ti spieghi.>
<Non voglio più sentire una parola da te. Addio, papà.>
E subito dopo si sentì il forte tonfo di una porta che sbatteva.
Non potevo credere che il dottore che stava per visitarmi era il padre di Dylan, ma, in quel momento, ciò che mi premeva principalmente era sapere il motivo del loro litigio.
La porta si aprì ed entrò un uomo sulla quarantina. Aveva i capelli marroni e leggermente brizzolati, gli occhi azzurri e un leggero accenno di rughe attorno ad essi. Sul naso portava un paio di occhiali che gli donavano un'aria molto intellettuale. Era molto alto e con le spalle larghe. Sembrava Dylan in versione adulta e matura.
<Buongiorno. Tu devi essere Jessica, se non vado errando.>
<Sì, sono io.>
<Bene. Io sono il dottor O'Brien e sarò io a toglierti il gesso oggi. Chiedo scusa per prima. Io e mio figlio ultimamente stiamo avendo molte divergenze e litighiamo spesso. Io vorrei che lui diventasse dottore come me, ma è sempre stato un testone e non gli è mai piaciuto il mio lavoro. Ha sempre preferito le lingue "Così almeno potrò viaggiare per il mondo e scoprire nuove culture" era solito dire quando era più piccolo. Ora non so neanche cosa stia facendo della sua vita. Si è allontanato sempre di più da me dopo la morte di sua madre. Da allora è cambiato molto. Prima era un bambino sorridente e sempre allegro. Ora, invece, saranno più di dieci anni che non lo vedo ridere come una volta.> disse l'uomo. I suoi occhi divennero lucidi e qualche lacrima rigò il suo volto.
<Scusatemi, non volevo annoiarvi con i miei problemi. Probabilmente non conoscerete neanche mio figlio.>
<Non si preoccupi. Conosco Dylan da qualche anno. Non ci sono problemi.> disse ad un tratto Michael.
<Oh, Michael. Che piacere vederti.>
<Lo è anche per me, signor O'Brien.> disse Michael stringendogli la mano.
<Io l'ho conosciuto grazie a Michael.> dissi io d'un tratto.
<Mi fa piacere che mio figlio abbia delle amicizie. Ora torniamo a noi. Ci metterò solo qualche minuto, poi sarai libera dal gesso.>
Dopo una decina di minuti il mio braccio era finalmente libero dal gesso e potevo muoverlo a mio piacimento.
<Grazie mille dottore. È stato un piacere fare la sua conoscenza.>
<Anche per me ragazzi. Arrivederci.>
<Arrivederci.> salutammo in coro io e Michael.
Uscimmo dall'ospedale e ci dirigemmo alla centrale di polizia, come ordinato da Michael.
Nel tragitto mille domande mi martellavano la testa: Perché Dylan odiava suo padre? Cosa era successo alla madre? Vedremo mai il vecchio Dylan? Scoprirò altre cose su di lui?
Una cosa mi era chiara. Ora conoscevo un tassello della vita di Dylan e non mi sarei fermata certo lì. Sarei andata avanti fino a scoprire tutto su di lui. Anche la minima cosa.

Cruel || Dylan O'Brien Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora