Voi non siete fratelli

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Mi staccai da mio fratello e decisi di presentargli Dylan.
<Fratellone, lui è Dylan. Dylan, lui è mio fratello Jonathan.>
<È un piacere conoscerti di persona Dylan. Non ti immaginavo così quando mi hai chiamato al telefono. Jessica mi parla molto spesso di te e sono molto felice per la vostra relazione. Sembrate molto felici insieme.>
<Il piacere è tutto mio. Abbiamo avuto alcune complicazioni all'inizio, ma poi tutto si è sistemato. Vero principessa?> disse lui sorridendomi e prendendomi la mano.
<Esatto. Jo, non vedo Bethany. Non è venuta?>
<Oh no. Ha preferito restare a casa per sistemare la vostra stanza e per pulire un po' in giro. È una maniaca della pulizia.> disse lui ridendo lievemente.
<Il mio fratellone si è già sistemato a soli diciannove anni. Sono così fiera di te. Vedi di non fare stupidate.> dissi io abbracciandolo un'ultima volta.
<Sta tranquilla. Ora andiamo. Non ci vuole molto da qui a casa. Arriveremo in un batter d'occhio.>
Uscimmo dall'aeroporto e salimmo in macchina. Il viaggio durò mezz'oretta e per tutto il tempo parlammo della mia scuola e del fatto che Jonathan fosse stato contattato da un importante avvocato a Manhattan che lo aveva preso sotto la sua ala e che gli stava insegnando tutto sul mestiere.
Arrivammo a casa di mio fratello e di Bethany.
Era un bellissimo appartamento nel pieno centro di Manhattan. Era tutto molto elegante e un'intera parete del soggiorno era in vetro il che permetteva di avere una vista mozzafiato della città anche grazie al fatto che l'appartamento si trovasse all'ultimo piano del palazzo.
<Jonathan, tesoro, sei tu?> disse una voce femminile.
<Sì Bethany. Sono arrivati finalmente.>
Da una porta sbucò una ragazza a dir poco bellissima. Aveva lunghi capelli neri e leggermente mossi, gli occhi azzurri come il ghiaccio e le labbra rosse e carnose. Era molto alta e magra e aveva tutte le forme nei posti giusti. Era leggermente truccata e indossava una gonna a tubino nera, una camicetta bianca e sopra un giacca nera il che mi fece pensare che fosse appena uscita dal lavoro.
<Tu devi essere Jessica! Che piacere conoscerti. Sei anche più bella di quello che pensassi. È un piacere conoscerti finalmente dopo tante chiacchiere da parte di tuo fratello.>
<Il piacere è tutto mio. Complimenti per la casa, è davvero bellissima. Mozzafiato oserei dire.>
<Grazie, ne vado abbastanza fiera in effetti. Tu devi essere Dylan, il suo ragazzo.> disse lei guardando Dylan quasi fosse un dio.
<Esatto. Non vorrei sembrare scortese, ma durante il viaggio non ho dormito per niente e mi piacerebbe riposare un po'. Potreste farci vedere la nostra camera per favore.> disse Dylan non degnandola nemmeno di uno sguardo.
Lei sembrò ferita da questo fatto, ma non mi importava più di tanto.
<Certo, vi accompagno io.> disse mio fratello.
<Andiamo principessa.> disse Dylan prendendomi per mano e trascinandomi dietro di sé.
<Eccoci. Questa è la vostra stanza. Ora riposate pure. Ci vediamo domani.> disse Jonathan.
Entrammo nella stanza ed entrambi ci stupimmo per la bellezza di quest'ultima. Il letto matrimoniale era a baldacchino con delle morbide tende bianche semi trasparenti. Anche qui una parete era interamente costituita da vetrate, ma, a differenza del soggiorno, c'erano delle tende anch'esse bianche. Un'enorme armadio a specchi occupava la parete di fronte al letto su cui erano adagiati numerosi cuscini sulle tonalità del grigio chiaro che facevano pan-dan con il piumone che ricopriva interamente il letto. Di fianco ad esso, da entrambe le parti, vi erano due comodini in legno dipinti di bianco e il pavimento era costituito di un pregiato parquet molto curato.
<Questa stanza è bellissima. E poi è enorme. Potrebbero viverci cinque persone qui dentro.> dissi io incredula.
<Già, ma ci siamo solo noi due. Quindi, finché siamo qui, godiamocela.> disse Dylan abbracciandomi da dietro appoggiando il mento sulla mia spalla e lasciandomi qualche bacio sul collo.
<Che ne dici se ci facciamo un bagno?> aggiunse poi.
<Ma tu non eri stanco?> dissi io ridendo.
<La forza per fare un bagno con te la trovo sempre.> rispose lui prendendomi poi in braccio portandomi in bagno che era connesso alla camera tramite una porta.
Il bagno non era da meno di tutta la casa. C'era un'enorme vasca idromassaggio circolare nel bel mezzo della stanza. Le pareti erano ricoperte da piccole piastrelle quadrate di colore nero che conferivano al bagno un'eleganza particolare. Il lavandino e il gabinetto erano bianchi come gli asciugamani e gli accappatoi.
C'erano innumerevoli armadietti che contenevano diverse essenze, shampoo e bagnoschiuma.
Dylan cominciò a far scorrere l'acqua per riempire la vasca.
<Scegli l'essenza che più ti piace.> disse poi.
Mi avvicinai all'armadietto e cominciai ad analizzare tutte le essenze fin quando non trovai quella alla vaniglia.
La presi e gliela porsi. Ne versò alcune gocce all'interno dell'acqua che emanava vapore acqueo a causa del valore e cominciò a spogliarsi fino a rimanere nudo davanti a me.
Cominciai ad arrossire perché non ero ancora abituata a vederlo nudo e mi voltai dall'altra parte.
<Principessa, non mi vorrai dire che ti vergogni a vedermi così.> disse lui ridendo.
<Beh... Ecco... In un certo senso... Sì.>
dissi io restando immobile e andando a fuoco a causa dell'imbarazzo.
<Tu mi farai impazzire.> disse lui per poi prendermi in braccio e buttarmi dentro la vasca ancora vestita.
Poi fece lo stesso e si sistemò cercando di trovare la posizione giusta per rilassarsi.
<Tu sei pazzo.> dissi io ridendo.
<A mali estremi, estremi rimedi.>
<Potevi almeno aspettare che mi spogliassi.>
<Non lo avresti fatto. Ammettilo.>
<Forse hai ragione.> dissi io arrendendomi.
<Non devi vergognarti. Tu sei bellissima e io amo ogni parte di te Jessica. Amo ogni tua piccola imperfezione che ai miei occhi appare una perfezione, perché sì, io trovo che tu sia perfetta. Perciò smettila di farti delle paranoie e accetta il fatto che io sono il tuo fidanzato e solo io posso vederti nuda. Tu sei proprietà privata, chiaro?> disse lui avvicinandosi cominciando a spogliarmi lentamente guardandomi negli occhi.
<Chiaro.> risposi io non distogliendo mai lo sguardo dal suo.
Una volta che mi ebbe spogliata del tutto ci sistemammo nella vasca e ci rilassammo.
Dopo mezz'oretta mi accorsi che Dylan si stava addormentando così ci asciugammo, indossammo il pigiama e ci sdraiammo sotto le coperte abbracciati l'uno all'altro addormentandoci poco dopo.
Mi svegliai in piena notte a causa di un incubo e decisi di andare in cucina a prendere qualcosa da bere. Girovagai per la casa fin quando non trovai la cucina. Cercai nelle varie credenze un bicchiere e appena lo trovai lo riempii d'acqua.
Stavo tornando in camera quando vidi una porta socchiusa, una luce e delle voci provenienti da lì. Mi avvicinai per sentire meglio anche se sapevo benissimo che origliare era una cosa maleducata da fare, ma la curiosità fu più forte della forza di volontà.
Sentii mio fratello e Bethany litigare.
<Ti ho vista prima sai. Ti stavi mangiando con gli occhi il fidanzato di mia sorella. Cos'è? Magari hai fatto anche qualche sogno erotico su di lui?>
<Smettila di fare il geloso. Sì, l'ho guardato, ma ammettilo. Chi non lo farebbe. E smettila di chiamare Jessica "Sorella". Sai benissimo che non lo è. E sai benissimo di essere innamorato di lei e non di me. Stiamo insieme solo perché i nostri genitori hanno voluto così.>
Non potevo crederci. Jonathan non era mio fratello. E per di più era innamorato di me. Il bicchiere mi cadde dalle mani e la porta si aprì di scatto mostrandomi Jonathan con un volto spaventato.
<Cos'hai sentito di quello che ci siamo detti?>
<Tutta la parte finale. Io... Scusami... Vado in camera.> dissi io correndo verso la mia camera e chiudendo la porta a chiave. Mi rimisi nel letto cominciando a piangere silenziosamente per non svegliare Dylan.
Dopo alcuni minuti sentii il suo braccio avvicinarmi a sé e la sua voce sussurrarmi in un orecchio:
<Ti va di parlarmi di ciò che hai sentito? A me puoi dire tutto e sfogarti quanto vuoi.>
Mi strinsi a lui e lo ringraziai.
<Grazie di tutto.> dissi e poi mi addormentai ancora sconvolta.

Cruel || Dylan O'Brien Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora