28. Passeggiata nella nebbia

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Louis aveva bisogno di pensare. Si infilò il giubbotto ed uscì. Jo avrebbe capito; aveva bisogno di radunare i pensieri e smaltire camminando la rabbia che provava.
Fuori era freddo, e la nebbia creava una cappa di umidità; ben presto sentì i capelli umidi. Lo sciabordio delle onde faceva da sottofondo ai suoi pensieri, mentre cominciava a sentirsi accaldato per via del passo sostenuto. Tutto quello che gli aveva rivelato Harry, tutto il carico emotivo che aveva sopportato e tutte le decisioni prese di conseguenza, gli parevano adesso una enorme perdita di tempo. Gli faceva rabbia sapere che Harry gli avesse nascosto tanta parte della sua vita. Si era innamorato di qualcuno di diverso; qualcuno che si occupava di lui con ardore, con il sorriso e con gli occhi luminosi. Il ragazzo che prima era nel salotto di Luca gli sembrava di non conoscerlo affatto, e sinceramente non aveva nemmeno tutta questa voglia di farlo.
Intanto la nebbia, densa e fitta, iniziava ad accompagnarsi alla luce dell'imbrunire. Aveva camminato a velocità spedita per più di mezz'ora, ed ora il sole iniziava a tramontare.
Rallento' il passo. Aveva oltrepassato l'entrata della riserva naturale; decise di tornare indietro, per salutare Armando. Non aveva voglia di tornare subito a casa.
Una volta alla riserva, la luce ormai era fioca ed una delle serre illuminata. Louis vi si diresse, trovandovi Armando.

L'uomo non parve sorpreso di vederlo; gli fece cenno di avvicinarsi. Non era solo: con lui un'altra persona, e sopra ad un tavolo un rapace.
-Cosa succede?- Chiese, notando soltanto la ferita sull'ala del volatile.
-Bracconieri. L'ho trovato un'ora fa sulla spiaggia- spiegò Armando. L'uomo, che era il veterinario, commento':
-Il proiettile ha perforato l'ala, uscendo dall'altra parte. Possiamo solo fasciarlo ed occuparci di lui, ma devo portarmelo in clinica. Ti faccio sapere, Armando-
-Grazie mille. Aspetto notizie- lo congedo' l'uomo. Il veterinario avvolse l'animale ferito in una coperta dirigendosi all'uscita.

Armando riordino' il tavolo, mentre Louis osservava le piante ricoverate nella serra. Tutto era semplice ed ordinato, e c'era odore di terra bagnata.
-Non ti viene il nervoso a vedere queste cose?- Chiese il medico.
-Sono tanti anni che faccio questo lavoro, ed ormai ci sono abituato. Non c'è fine alla cattiveria umana. Lo sai. Lo avrai visto anche tu, in missione-
Louis affloscio' le spalle; il silenzio del giovane attiro' l'attenzione di Armando.
Dopo un po', Louis parlò a voce bassissima.
-Stavolta è stato diverso. Sono stato in un ospedale militare per i primi mesi. Non hai idea- mormorò, sollevando lo sguardo su Armando, che annuì.
-Infine non ce l'ho più fatta. Ero stanco di...di perdere. Mi faceva rabbia il non poter far nulla contro tutto quello schifo. Era come scavare una galleria con un cucchiaino da caffè. Dopo qualche mese, sono andato fuori di testa. Burn-out. Mi hanno spostato nell'ospedale civile, di nuovo a Free Town. Lì le cose sono andate meglio-
Armando gli sorrise:
-Sei una bellissima persona, Louis. Quello che hai fatto è fantastico. Non tutti hanno il coraggio di rimboccarsi le maniche e affrontare di petto le situazioni. Sai, mi ricordi mia moglie. Anche lei era un vulcano. Sempre attiva, sempre a prodigarsi per gli altri. Ammiro molto le persone come voi-
-Anche tu sei molto generoso e altruista, Armando. Il lavoro che fai, la dedizione con cui porti avanti questo progetto...in campi diversi, siamo simili- affermò Louis, indicando con un braccio tutto quello che li circondava.
-Sai Louis, conosco Harry da qualche anno. È stata una enorme sorpresa tutta questa storia di sua sorella, e, se posso permettermi, ti capisco se provi rabbia nei suoi confronti. Ma allo stesso tempo voglio dirti una cosa: raramente mi sbaglio sulle persone. È un bravo ragazzo-
Louis incrociò il suo sguardo, e lo trovò limpido. Annuì.
Uscirono, spegnendo dietro di sé le luci e chiudendo la porta.

A casa, Jo preparava tranquillamente la cena. Luca era silenzioso, ed Harry era irrequieto e preoccupato.
-Luca, per favore, mi cerchi la ricetta degli zaletti? Ne ho voglia. Devo farli- disse la ragazza, rompendo il silenzio.
Luca, con un fugace sorriso, si allungò per afferrare un quaderno di ricette da una mensola.
-Mia madre usava uno sgabello, per arrivarci- ricordò.
Jo trovò la ricetta, ed insieme iniziarono a radunare gli ingredienti. Harry li osservò, acquietandosi.
Mezz'ora dopo Armando e Louis rientrarono. I biscotti erano in forno, spandendo nell'aria il profumo inconfondibile. Armando annuso' l'aria e guardò subito Jo con espressione malinconica. La ragazza gli accarezzo' un braccio, capendo, e poi tornò ad occuparsi del tavolo. Il ricordo di Rosanna era nell'aria, ed era un ricordo intriso di affetto.

Cenarono, e poi si trovarono a sgranocchiare i biscotti, Jo e Luca sul divano, Armando sulla poltrona ed Harry al bancone della cucina. Louis lo raggiunse all'improvviso, facendogli andare di traverso un boccone.
-Ehi. Non ho voglia di lavorare fuori servizio- lo avvertì il medico, mentre gli recuperava un bicchiere d'acqua. Harry era paonazzo, e tossi' innumerevoli volte prima di riprendersi e afferrare il bicchiere, bevendo un sorso.
-Tutto a posto? Passato?- Chiese Luca dal salotto.
-Tranquillo- rispose Harry, schiarendosi la voce e tornando a guardare Louis, con le lacrime agli occhi per lo sforzo.
Il medico, suo malgrado, ridacchio'.
-Cosa ti fa ridere?-
-Tu. Sei peggio dei bambini. Un altro po' e ti dovevo fare la manovra di Heimlich-
-Spiritoso. Mi sei venuto vicino di soppiatto e mi hai spaventato- rispose l'altro, tossicchiando ancora.
Louis scosse la testa, tornando serio.
-Volevo dirti una cosa- affermò, facendo accelerare il cuore di Harry.
-Mi scuso con te per non averti lasciato spiegare. Avrei dovuto darti un briciolo di fiducia, anziché saltare subito alle conclusioni e dar retta a Dominic-
Harry, visibilmente sollevato, annuì.
-Non preoccuparti. Avrei reagito come te-
-Però credo fermamente nella sincerità. Anche a costo che la verità faccia male- continuò Louis, guardandolo negli occhi.
-Ho sbagliato a non renderti partecipe del mio dramma familiare, ma non volevo che nessuno lo sapesse... faccio fatica a spiegarti... non era perché non avessi fiducia in te, ma eri così preso dal praticantato che non avevo mai la tua totale attenzione, e mi sembrava più uno sfogo sessuale che altro...mi sbagliavo. Mi sono sempre sbagliato- ammise Harry. -Tu sei una persona meravigliosa, Louis, lo vedo dal modo in cui ti sei sempre occupato di Jo, lo vedo dalle tue scelte lavorative e dall'entusiasmo con cui ti butti nelle cose. Forse...forse dobbiamo soltanto conoscerci un po' meglio...e fidarci l'uno dell'altro- concluse il ragazzo, con tono esitante.
Louis sorrise a labbra strette.
-Cosa ne dici? Mi puoi perdonare?- Chiese Harry.
-Va bene. Ma non aspettarti che tutto torni come prima. Io sono diverso- affermò Louis, serio.
-Tutto quello che vuoi- acconsentì Harry, accarezzandogli una mano.

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