28. (prima parte)

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Riley

La luce del sole entra prepotentemente dalla finestra accanto al letto e disturba il mio sonno già da qualche ora. Sono stanca e vorrei tanto essere nel mio di letto e nella mia casa, invece no. Eccoci qui, all'ospedale.

Che gioia, vero?

Andrew sospira nel sonno e preme una mano alla base della mia schiena, tirandomi contro il suo petto.

Quando ieri sera si è intrufolato furtivamente nella mia stanza, è stato come vedere l'arcobaleno dopo una giornata di pioggia. Un qualcosa che ti toglie il fiato e che ti fa sorridere inaspettatamente.

Ed io ho sorriso, nonostante tutto ho sorriso.

<<Buongio...>>, il dottore che ieri mi ha visitato si blocca a metà della frase quando vede che non sono sola nel letto, <<E lui che cosa ci fa qui?>>

Ridacchio ed Andrew apre gli occhi, insonnolito. Si guarda attorno e quando vede il dottore a braccia conserte di fianco al letto, impreca sottovoce e si mordicchia il labbro inferiore con i denti.

<<Ehm, sono nei guai?>>, domanda con un sorrisetto furbo.

Il dottore scoppia a ridere, divertito. <<Lei è proprio testardo, signor Stevenson. Le avevo proibito di alzarsi dal suo letto, ma vedo che non mi ha ascoltato per niente>>.

Scuote la testa e mi guarda dritto negli occhi. <<Non potevo restare un altro minuto senza di lei>>.

<<Che adulatore>>, lo punzecchio.

Il dottore si siede nella sedia accanto al letto e si appoggia la cartellina sulle gambe. <<Beh, visto che siete qui entrambi, mi risparmiate un giro. Come state?>>

<<Bene>>, diciamo in coro.

<<Perfetto. Allora direi che dopo che avrete firmato le carte per le dimissioni possiate tornarvene a casa>>.

<<Grazie dottore>>, rispondo.

Mi fa l'occhiolino e si alza in piedi. Prima di uscire si gira a guardarci un'ultima volta. <<Siete fortunati ad avere quel legame, quello che spesso la gente cerca per tutta la vita. I giornali si sbagliano su voi due: vi amate davvero. Buona fortuna, ragazzi>>.

Andrew si gira a guardarmi. <<Ha ragione, nanerottola. Siamo fortunati>>.

Annuisco. <<Lo so>>, rispondo con la voce che trema per l'emozione.

<<Allora, pronta per tornare a casa?>>

Scuoto la testa e nascondo il viso contro il suo collo, inspirando a fondo il suo odore spaziale. <<Non ancora, no. Voglio altri due minuti così>>.

Ridacchia ma mi accontenta e mi tiene fra le sue braccia. Proprio quando sto per riprendere sonno, nella mia stanza fanno irruzione ben sette persone contemporaneamente: la mia famiglia, Jade, Dom e i ragazzi della band.

<<Oh, Andrew, per fortuna stai bene! Quando non ti sei presentato alle prove ieri mi sono preoccupato. Tutto ok, ragazzo?>>, gli domanda Dom.

Andrew, in preda alla confusione, si limita ad annuirgli.

<<Ti prego dimmi che non ti sei danneggiato le tue corde vocali!>>

Scoppio a ridere ed Andrew lo guarda storto. <<Non ti preoccupare, il tuo stipendio milionario è al sicuro. Per ora>>.

Dom alza gli occhi al soffitto ma non nasconde un sorrisetto di sollievo nel vedere che Andrew sta bene. Nonostante i due si becchino spesso, si vogliono un gran bene.

<<Pronti a tornare a casa?>>, domanda mia mamma, avvicinandosi al letto dalla mia parte.

Annuisco e anche Andrew che non ha mai smesso di abbracciarmi. <<Andiamo>>, sussurra.

Ci lasciano soli mentre raccogliamo le nostre cose e mi levo di dosso il pigiama sotto lo sguardo attento di Andrew che è ancora disteso a letto.

<<Non ricordo niente>>, dice all'improvviso.

Mi fermo con il pettine a mezz'aria. <<Dell'incidente?>>

<<Esatto. L'ultima cosa che so di aver fatto è aver pagato il conto, poi il vuoto>>.

<<Hai battuto la testa?>>

Annuisce. <<Contro un marciapiedi e mi pare che abbia vinto lui>>, dice indicandosi la ferita alla tempia.

Mi avvicino e mi infilo in mezzo alle sue gambe. <<Eh sì, ma hai la testa dura quindi credo che tu lo abbia scheggiato>>, lo prendo in giro.

Mi circonda la vita con le braccia e mi attira contro di sè. <<Sono andato nel panico ieri sera>>.

<<Panico?>>, chiedo presa in contropiede per il cambio di argomento.

Distoglie lo sguardo.<<Sì, perché mi sento terribilmente in colpa. Quel che è successo era solo diretto a me, non avrebbe dovuto coinvolgerti e questo mi manda fuori di testa>>.

Gli prendo il viso fra le mani e lo costringo a guardarmi. <<Andrew, non puoi pensarlo davvero>>, dico un po' ferita.

<<Perché no?>>

<<Io e te stiamo assieme, giusto?>>

Annuisce e mi guarda aggrottando le sopracciglia.

<<Tu sei parte di me, Andrew. Tutto quello che ti riguarda, coinvolge anche me>>.

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Il mio peggior incubo.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora