25.
IL DISAGIO
Allison non aveva parlato né con Joel né con suo padre dal giorno in cui era stata sospesa. Telefonava a sua madre ogni mattina, mandava qualche sms al suo fidanzato per fargli sapere che stava bene ma si rifiutava di vedere chiunque. E le sue giornate erano diventate un concentrato di monotonia, una routine inquietante che poteva essere facilmente stilata come la lista dei sintomi di una grave malattia:
1. Sveglia alle sei in punto;
2. ginnastica;
3. colazione;
4. doccia;
5. ciondolare per casa alla ricerca di qualcosa da fare;
6. telefonare a mamma;
7. mandare il primo sms della giornata a Joel;
8. ascoltare un po' di musica mentre si pulisce casa;
9. pranzo;
10. sonnellino;
11. altro sms a Joel;
12. leggere fino alla cena e poi andare a dormire.
Si odiava e si sentiva patetica ma davvero non ce la faceva a fare amabili conversazioni o a tenere la testa alta perché lei aveva fatto la cosa giusta. Ce l'aveva a morte con suo padre per non averla difesa davanti al dottor Grace a quella riunione e ce l'aveva con Joel perché... beh non lo sapeva perché. In verità ce l'aveva con tutti. Suo fratello era passato a trovarla due giorni prima e l'aveva trovata intenta a spolverare casa con una canzone di Prince in sottofondo. Le aveva raccontato dei suoi progetti, della sua voglia di viaggiare, della sceneggiatura che pensava da sempre di scrivere e che, era un segreto, aveva iniziato ad abbozzare da qualche settimana.
Allison lo aveva ascoltato con attenzione e gli aveva visto negli occhi castani una scintilla; la stessa che aveva sempre visto nei suoi quando parlava di medicina, quando si ritrovava a pensare che avrebbe seguito le orme di suo padre, che lo avrebbe reso fiero. Quella scintilla non illuminava più le sue iridi nocciola da un po' oramai, il suo posto era stato preso da una indecifrabile sensazione di disagio che le toglieva ogni speranza.
Un po' melodrammatica? Forse sì ma non sapeva come smettere.
Joel le dava i suoi spazi senza però essere assente; lasciava un messaggio nella sua segreteria ogni giorno e le inviava un messaggino ogni volta che poteva. L'ultimo di ogni sera finiva con un ti amo. E quell'amore era l'unica cosa di cui in quel momento era sicurissima. Joel Goran la amava.
Lasciandosi cadere sul divano si portò una mano allo stomaco, stretto ancora una volta nella morsa fastidiosa di una nausea che arrivava ad ondate. Di solito passava dopo qualche minuto ma quella mattina non ne voleva proprio sapere e fra il punto tre e il punto quattro della tediosa routine di quel giorno si ritrovò a vomitare in ginocchio sul pavimento del bagno, la testa chinata dentro la tazza.
"Patetica..." mormorò a se stessa prima che un pensiero le sfiorasse la mente.
Quel pensiero divenne reale verso sera, quando decise che era ora di uscire dal guscio e riprendere la sua vita. L'orologio segnava le ventitré ed era certa che suo padre dormisse già – ammesso che non fosse ancora in ospedale – così la sua rinascita partì da Joel. Arrivò davanti alla porta del suo appartamento chiusa in una comoda tuta da ginnastica, i capelli disordinatamente legati e neppure un filo di trucco. Non esattamente il modo migliore di farsi vedere dal proprio fidanzato ma non le era venuto in mente di truccarsi e mettersi qualcosa di meno... casalingo. In quegli ultimi quattro giorni gli indumenti comodi erano diventati quasi una specie di prolungamento del suo corpo, del suo essere; a Joel in fondo non sarebbe importato, ne era certa. Lui la amava, giusto?
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One More Time - Before we go
FanfictionLA STORIA NON E' INCOMPLETA. MAN MANO CHE L'ISPIRAZIONE ARRIVA, LA AGGIORNERO'. SIATE PAZIENTI, GRAZIE. CROSSOVER TRA THE ORIGINALS E SUPERNATURAL E UN PIZZICO DI SAVING HOPE Allison Morgan credeva di essersi lasciata alle spalle gli Originali con i...