36. L'esplosione

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36.

L'ESPLOSIONE

"Aiuto!"

Le urla riempirono le orecchie di Allison, ma era un suono ovattato, sovrastato da un fastidioso fischio. Con un movimento lento e doloro si girò, il viso verso il sole alto nel cielo e la sensazione che ogni parte del suo corpo palpitasse. Le ci volle un istante per rimettere insieme i pezzi; l'agente che si era sparato, la stazione di polizia esplosa, il messaggio che suo fratello le aveva lanciato proprio quando lei aveva iniziato a pensare che forse si trattava di uno scherzo.

"Oh mio Dio" mormorò sollevando poco le spalle, lo sguardo non proprio lucido si posò sulle macerie, il fumo e la polvere che salivano alti. Le sembrò di vedere alcuni movimenti, delle sagome barcollare fuori da quelle rovine. Sperò che fosse vero, che qualcuno fosse rimasto vivo; magari la signora dalla voce stridula della reception, oppure l'ambientalista con i denti d'oro. "Oh mio Dio" mormorò di nuovo, stavolta le sembrò con un pizzico di forza in più. Ma non ne era sicura.

Provò ad alzarsi in piedi e scoprì che le faceva male l'addome, abbassò gli occhi e capì perché: un frammento di vetro le si era conficcato nello stomaco, forse parte del parabrezza di quella berlina sulla quale il poliziotto stava compilando i moduli prima che... prima che tutto esplodesse. Forse era una parte del parabrezza della sua auto. Non era un dottore ma si era fatta male abbastanza spesso da sapere che, tirando fuori quel pezzo di vetro, non avrebbe causato problemi, così lo fece e gemendo di dolore si prese un attimo per darsi forza. Infine si alzò in piedi e si guardò intorno. Le sembrò di essere all'interno di una scena di un film, uno di quelli di azione in cui gli edifici esplodono lasciando macerie e feriti. Alzò le mani e se le mise tra i capelli scoprendo solo allora che sanguinava. Con il dorso della mano sinistra si ripulì gli occhi e con un soffio sputò via il terriccio che le era finito sulle labbra. La mano destra invece si mosse, sporca di sangue, fino alla tasca, alla ricerca del cellulare.

"Maledizione!" esclamò quando lo afferrò, o meglio quando afferrò ciò che ne rimaneva. Piangendo si lasciò cadere in ginocchio sentendosi impotente. Si ricordò che quando era arrivata alla stazione di polizia, dentro aveva visto una donna con un bambino piccolo in un angolo; forse in attesa del padre/marito per la pausa pranzo. Sperò con tutto il cuore che fossero usciti prima dell'esplosione. Quel bastardo di suo fratello... le aveva appena dichiarato guerra e lo aveva fatto uccidendo tutte quelle persone in un solo colpo. Il sangue di tutta quella gente Allison se lo sentiva sulle mani, era colpa sua e di nessun altro.

"Allison!" sentì urlare, e anche se non ne era certa, le sembrò la voce di Marcel. Sì, doveva essere lui, avevano parlato poco prima che tutto andasse in pezzi, letteralmente. "Allison" sentì ancora, stavolta la voce era vicina.

Alzò poco gli occhi e si ritrovò quel viso bello e amico davanti. "Marcel."

"Allison" le disse lui guardandola attentamente. "Cos'è successo? Stai bene?"

"Ha fatto... ha fatto esplodere la stazione di polizia, lui ha... ha fatto esplodere tutto e ha soggiogato quel giovane poliziotto affinché si sparasse."

"Chi? Chi ha fatto tutto questo? Tuo fratello?"

La donna si aggrappò a lui per rimettersi in piedi, facendolo scoprì che le gambe le tremavano così tanto che anche rimanere in equilibrio era un'impresa. "Dobbiamo aiutare i sopravvissuti, sotto le macerie c'è gente ancora viva. Li ho sentiti urlare, chiedevano aiuto."

Marcel si guardò intorno. "Allison, io non sento nulla. Non riesco a sentire nessun battito."

Lei si liberò dalla presa delle mani dell'uomo e avanzò di qualche passo rischiando di cadere due volte mentre lo faceva. "Ti sbagli" gli disse. "Ho visto delle persone muoversi, scappare. Dobbiamo aiutarli."

One More Time - Before we goDove le storie prendono vita. Scoprilo ora