CAPITOLO 3 - SENZA IDENTITÀ

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<<Pronto, Dialisi?>>, rispose meccanicamente Edward al telefono del reparto che squillava incessantemente.

<<Ok Dottor Clifford, la prepariamo subito>>. Lo vidi scurirsi in volto dopo aver riagganciato il telefono con un sonoro tonfo.

<<Hey Eddy, cos'hai?>>, gli chiesi.

<<Era il Dottor Clifford della Terapia Intensiva. È arrivata un'urgenza e dobbiamo preparare una macchina di dialisi il prima possibile per un novantenne in fin di vita. Farà un trattamento di 48 ore. Come se i nostri quindici pazienti non bastassero!>>, disse Ed ormai paonazzo per il nervoso.

<<Non preoccuparti, ci penso io>> risposi per tentare di placarlo. <<Davvero, non è un problema>>, aggiunsi non vedendolo del tutto convinto. Alla fine si arrese ed accettò di buon grado la mia offerta. <<Domani però mi paghi la colazione!>>.

<<Anche pranzo e cena, my darling!>>, rispose facendomi l'occhiolino.

Era vero che non mi pesava preparare il monitor portatile ed andare in Terapia Intensiva. Avevo qualche amico in quel reparto e sarebbe stata una gradita distrazione alla routine delle mie giornate.

Preparata la macchina mi avviai con quell'arnese appresso (e non poche difficoltà)  nei lunghi corridoi dell'ospedale e, giunta davanti alla porta del reparto, suonai il citofono attendendo pazientemente che mi aprissero.

Mi accolse Eleonore, la mia compagna di college.

<<Ciao Chrys! Speravo venissi tu!>>, mi disse abbracciandomi. Era molto simpatica e solare come ragazza; parlavamo del più e del meno ogni volta che avevamo l'occasione anche se per pochi minuti.

<<Dove vado con questa?>>, le chiesi indicando il pesante trabiccolo che scarrozzavo, pronto a salvare una nuova vita.

<<Vieni, è nella stanza a due letti>>, mi disse Eleonore ed io mi apprestai a seguirla. <<È il nonnetto del letto 2>>, mi indicò.

Fu allora che lo vidi per la prima volta. Giaceva immobile sul primo letto. Era pallido come il lenzuolo che lo copriva fino alla vita. Le braccia e il mezzo busto che ne sbucavano erano ricoperti da numerosi tatuaggi.

Erano tantissimi, tutti diversi tra loro, tranne che per le due rondini sul petto e per le foglie sul bacino. Il volto completamente tumefatto e violaceo per gli ematomi. Anche il corpo ne era pieno.

Nonostante tutto però, si capiva che era giovanissimo.

"Forse avrà la mia età" pensai, e ciò mi rattristò molto.

<<Lui chi è?>>, chiesi alla mia collega, incapace di muovermi oltre da quando avevo messo piede nella stanza.

<<Non lo sappiamo ancora>>, rispose. <<Lo hanno scaricato ieri notte davanti al Pronto Soccorso e poi sono scappati. Non aveva documenti con se; non sappiamo niente di lui. Probabilmente lo avranno investito, viste le condizioni in cui lo abbiamo trovato>>.

<<Mio Dio, è terribile, sembra così giovane. Ce la farà?>>, chiesi trattenendo a stento le lacrime.

Non seppi neanche io perché reagii così. Era un ragazzo, certo, ma nel mio lavoro prima impari a non farti coinvolgere emotivamente da eventi del genere e prima riesci a sopportare tutto quel dolore che ti circonda ogni giorno. Ed io lo avevo imparato in fretta.

<<Si, avrà al massimo 25 anni. Abbiamo dovuto sedarlo, si dimenava in continuazione e...beh non sappiamo ancora se ce la farà>>, interruppe i miei pensieri Eleonore. <<Ora devo andare Chrys, ci vediamo dopo>>.

Cercai di riprendermi e finalmente iniziai a connettere il mio paziente alla macchina che avevo preparato. Ma non riuscivo a distogliere gli occhi dal viso del ragazzo.

Era di una bellezza incredibile. La sua pelle chiara, interrotta a tratti dal nero dell'inchiostro che la decorava, sembrava liscia come seta. Era strano: nonostante non avessi mai amato particolarmente i tatuaggi su di lui pensai che non stonassero affatto.

Erano come figure perfette, disegnate direttamente dalla mano del Caravaggio...o di Dio.

I suoi capelli lunghi e riccioluti gli ricadevamo morbidi ai lati del volto, pallido e madido di sudore. Stava soffrendo, era chiaro, anche se non ne era consapevole ed io provai un impulso irrefrenabile di toccarlo.

E lo feci.

Raccolsi uno dei suoi ricci e lo tirai delicatamente; gli sfiorai la guancia che aveva appena un accenno di barba con la punta delle mie dita e poi scesi giù, dalla spalla al braccio fino a sfiorare la sua mano e fu allora che mosse appena le dita, impercettibilmente.

Mi ritrassi all'istante, dandomi della stupida e scappai via senza salutare nessuno.

Ero sconvolta.

Forse più da me stessa che da lui.


SPAZIO AUTRICE
Ciao a tutti! Eccoci qua alla fine dei primi tre capitoli. Cosa ne pensate? Avete già capito chi è il misterioso ragazzo ricoverato al Folden's Hospital? Immagino di si 😄
Se siete curiosi di sapere come continua la storia e cosa succederà a Christine e al misterioso ragazzo, votate! Presto posterò un nuovo capitolo.
Alla prossima friends... 😉

Poachers || H.S. Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora