CAPITOLO 17 - CONFESSIONI

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La domenica di solito per me era il più bel giorno della settimana: l'unico in cui non dovevo andare a lavorare e in cui potevo rilassarmi e fare le cose che amavo di più. Ma quella domenica, quando mi svegliai, fu tutta un'altra cosa.

Mi bruciavano ancora gli occhi per aver pianto tanto e un tremendo dolore allo stomaco mi torturava. Sicuramente tutta la rabbia e il dolore per quello che era successo con Edward aveva finito per annidarsi lì, dove somatizzavo tutti i dispiaceri.

Provai invano a fare colazione per tentare di lenire il bruciore allo stomaco, ma quando questo si trasformò in nausea decisi di smettere di tentare.

Mi costrinsi allora ad uscire di casa per portare a spasso Bacon, nel tentativo di riuscire a distrarmi. Mentre lui correva allego di albero in albero, io presi il cellulare. Quando mi accorsi di stare fissando lo schermo nero del telefono da almeno dieci minuti, rinunciai anche a quella prospettiva.

In compenso, rientrata in casa, ricevetti una chiamata da mia madre, per avvisarmi che era pronta già da una ventina di minuti, in attesa che la andassi a prendere per la nostra uscita domenicale. La rassicurai che stavo arrivando e mi affrettai a prepararmi.

Michelle dormiva ancora profondamente quando uscii di nuovo. Non saprei dire a che ora fosse rientrata quella notte; l'importante era che lo avesse fatto e che stava bene.

Quando mia madre salì in macchina mi salutò con un bacio e un caloroso sorriso che non potei ricambiare. Si accorse subito che qualcosa non andava.

<<Tesoro, cos'hai?>>, mi chiese preoccupata.

<<Niente, mamma. Ho ancora sonno>>, mentii, tormentandomi il labbro inferiore con i denti.

La mamma guardò la strada dritta davanti a noi. Sono sicura che non ci avesse creduto neanche per un istante ma sembrò arrendersi e cambiare argomento. <<A quale centro commerciale andiamo oggi, Westfield o Liberty?>>.

<<Westfield>>, le risposi. Adoravo quel posto. Non era il più grande tra i centri commerciali della zona ma racchiudeva tutti i negozi che preferivo e poi non era mai molto affollato.

Parcheggiammo un quarto d'ora dopo senza intoppi nei posti al coperto della struttura e ci apprestammo a raggiungere gli ascensori quando i miei occhi si focalizzarono su un suv nero, identico a quello dei quattro ragazzi.

<<Chrys , che stai guardando? Sbrigati o perderemo l'ascensore>>. Mia madre richiamò la mia attenzione e, mio malgrado, dovetti obbedirle.

"Non essere ridicola, chissà quanti suv neri ci saranno in circolazione, ti pare che debba essere proprio il loro!", pensai in ascensore, mentre rivolgevo un sorriso tirato a mia madre.

Eppure c'era qualcosa di familiare in quella macchina, solo che non riuscivo proprio a capire cosa fosse.

Dopo aver riempito un carrello con la spesa, sia mia che di mia madre, sufficiente a sfamare una palazzina intera, ritornammo al garage per riporre i sacchetti in macchina, così da poterci dedicare liberamente allo shopping.

Il suv nero non c'era più.

Facemmo un lungo giro esplorando librerie e negozi di dischi, decisamente ciò che più amavo al mondo. Della moda non mi era mai importato granché. Preferivo di gran lunga un buon libro o l'ultimo album del mio artista preferito, che cento paia di scarpe nuove di zecca. Per Michelle, come per la maggior parte delle mie colleghe, ero una specie di alieno. A detta loro di libri non ne volevano sapere e per quanto riguarda la musica ero rimasta l'unica folle al mondo che si ostinava a comprare cd originali invece di scaricarli gratis.

<<Forse sarà il caso di tornare a casa a preparare il pranzo, mamma, o Jason inizierà a chiamare Scotland Yard. Lo sai che quando ha fame diventa insopportabile>>, le dissi guardando l'ora.

Poachers || H.S. Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora