"Buongiorno raggio di sole!"
Ed ecco che un'altra giornata ripartiva, io in coma tra le lenzuola, Yves che urlava allegro per tutta la casa e zero voglia di vivere.
"Dovrebbe essere illegale un tono di voce così alto la mattina" borbottai contro il cuscino, cercando di ripararmi dalla luce abbagliante, che mi aveva investito.
"È una nuova giornata, il sole splende e le tue preziose manine, sono pronte a scrivere nuovi capolavori!" esclamò con enfasi, venendo a buttarsi nel letto.
"Schifezze" precisai, coprendomi fin sopra la testa con il piumino.
"Capolavori!" ribatté, scostando bruscamente la stoffa nella quale mi ero rifugiato.
"No dai, lasciami in pace" pregai, tentando di afferrare il bordo del piumino, con scarsi risultati.
"Leonard Kay! Ti proibisco di tenere questo muso" trillò, portando gli indici ai lati delle mie labbra per tirarli in alto, in ciò che doveva essere un sorriso.
"Vedi come sei carino così!""Ricordami perché vivo con te" mormorai, troppo poco sveglio per potermi ribellare alle sue torture.
"Perché sono il tuo migliore amico, mi ami tanto e la tua vita sarebbe noiosa senza di me" affermò con convinzione.
Aprii un occhio, giusto in tempo, per godermi uno spettacolo alquanto divertente.
"Che fate?" domandò Vincent, sbucando sulla soglia della porta e spaventando, come al solito, Yves, il quale saltò dal letto, emettendo un gridolino e si voltò verso l'intruso, con uno sguardo minaccioso.
"Perché devi sempre spaventarmi in questo modo?" sbottò, non più allegro come poco prima.
Io e Vincent, trattenemmo a stento le risate, guardandoci l'un, l'altro.
"Ho le chiavi da due mesi e ancora non ti sei abituato alla mia presenza" ribatté, il gigante buono.
Così lo chiamavamo.
I lineamenti duri e spigolosi del viso, l'altezza misurata in più di un metro e novanta e l'aria da bullo, stonavano con ciò che Vincent era in realtà, uno dei ragazzi più gentili e dolci al mondo, oltre ad essere uno dei più belli.Vincent aveva tutto, un bellissimo aspetto, un buon lavoro come modello con cui si pagava gli studi, un carattere dolce, folti capelli color grano e un paio di occhi blu come il fondale marino.
C'era un'unica cosa che non aveva e ciò, era proprio il nanerottolo a braccia conserte, che lo guardava come un chihuahua rabbioso.
Io e Yves eravamo amici sin dai tempi dell'asilo, solo al liceo, avevamo conosciuto Vincent e già dalla prima volta, aveva guardato il mio migliore amico con occhi sognanti e innamorati.
Non riuscivo a capacitarmi del fatto che Yves fosse completamente cieco, davanti ai suoi palesi sentimenti.
"Quando entri in casa fa' qualcosa! Urla, fai un segno, qualsiasi cosa ma non comparire all'improvviso" si lamentò con un tono indispettito.
Non importava quanto minaccioso volesse sembrare, Yves suscitava tenerezza con il suo viso pulito da bimbo, incorniciato dai capelli castani quasi sempre scompigliati, l'altezza di un pupazzo di peluche e gli enormi occhioni celesti.
Con gran fatica, mi alzai per raggiungere il bagno, lasciando gli altri due discutere liberamente.
Come ogni mattina, il mio riflesso allo specchio, era terribile.
Il volto pallido, due enormi borse violacee sotto gli occhi di un verde opaco, che si trasformava in marrone nelle giornate di sole.
STAI LEGGENDO
Atychiphobia
Teen FictionATYCHIPHOBIA {paura spropositata, ingiustificata e persistente di fallire e di commettere sbagli}